La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



martedì 26 luglio 2011

Itaca di Konstantinos Kavafis


Kostantinos Kavafis stampava le sue poesie su dei volantini che poi distribuiva agli amici. Ogni tanto ne riuniva qualcuna e, con un fermaglio, ne faceva un album. 
Più tardi, cominciò ad incollare le pagine e a ricoprirle con una copertina sulla quale scriveva l'indice.
Era nato ad Alessandria d'Egitto e, a partire dai vent'anni, non si mosse più da quella città.

Una vita monotona, un impiego al ministero dei Lavori pubblici.
Ma chi meglio di lui ha saputo esprimere lo spirito del viaggio?
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.

I Lestrigoni o i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere:
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.






In Ciclopi o Lestrigoni no certo,
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga,
che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre,
tutta merce fina, e anche profumi
penetranti d'ogni sorta, più profumi
inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca –
Raggiungerla sia il tuo pensiero costante.
Soprattutto, però, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
(1911 - Konstantinos Kavafis)
Einaudi 1992 Traduzione di Nelo Risi e Margherita Dalmati

lunedì 18 luglio 2011

Poggio Filippo

Sulla strada tra Tagliacozzo e Scurcola Marsicana, poco prima dell'indicazione, a destra, per Villa San Sebastiano, sulla sinistra un cartello annuncia l'agriturismo Casale le Crete. Un posto molto accogliente: il proprietario, cultore e conoscitore del Camminare lento*, propone percorsi di trekking attorno al Velino in compagnia dei suoi intelligenti asinelli.
Poggio Filippo sul colle
La strada sterrata, che si trasforma poi in mulattiera, aggira l'agriturismo sulla destra e si dirige, a tratti in salita, verso i contrafforti del monte San Nicola.

È un bel paesaggio tipico della campagna abruzzese. Rude e pietroso; gli abitanti hanno sfruttato tutti i poveri campi, ripuliti per quanto possibile dalla pietraglia, per seminarli a grano, orzo o patate.
Gli ulivi sono la vera ricchezza del posto. L'olio è forte e saporito.
Sorbo
Allungato sulle pendici del monte San Nicola, si incontra il minuscolo paesino di Sorbo (65 residenti dicono i dati ufficiali) una delle tante frazioni di Tagliacozzo. E in effetti non c'è molta animazione nel borgo. Solo il rumore di una motosega e il belato di una pecora rompono il silenzio.
Sorbo e, in alto, Poggio Filippo
Si attraversa Sorbo dirigendosi a sinistra, verso il cimitero (nelle direzione opposta è Scurcola Marsicana).
Usciti dal paese la mulattiera si inerpica sulle pendici del monte. Il paesaggio si fa più arido, brullo e polveroso. Un po' di vento fa frusciare le erbe secche bruciate dal sole.
Poggio Filippo è sul suo colle verso ovest. La passeggiata lo aggira, attraversando un'ampia valletta, fino a sfiorare una bella pineta. Si arriva a Poggio da nord, passando accanto al cimitero.
A più di mille metri d'altezza il paese è in una bella posizione, domina la valle sottostante mentre il Velino fa da sfondo al panorama. 
Anch'esso distutto del terremoto del 1915, Poggio Filippo ha l'aria di un banale paesone, dall'architettura eteroclita e, diciamolo pure, abbastanza sgraziata.
Scendendo dal borgo poi, si incontra un vero e proprio deposito di elettrodomestici abbandonati: lavatrici, frigoriferi, televisori, scaldabagni, senza parlare dei divani, letti, materassi...
Poi, fortunatamente, la via del ritorno si fa più piacevole, trasformandosi in sentiero ombroso. 

*Luca Gianotti ha pubblicato recentemente "L'arte del camminare", con prefazione dello scrittore Wu Ming 2 (Ediciclo Editore 2011)

domenica 10 luglio 2011

Gubbio: Salita al monte Inginio

Da Gubbio une sorprendente funivia permette di salire dai 532 metri della cittadina agli 803 del «Colle Eletto» là dove, nella basilica di Sant'Ubaldo, sono conservati i grandi ceri portati di corsa in processione durante la festa patronale.
Non bisogna soffrire di vertigini per prendere posto nei leggeri cestelli che, in circa 6 minuti, risalgono la costa del monte Inginio. Il bel panorama della città à della valle sottostante si apre rapidamente fino alla terrazza di arrivo.
Per chi però non ha fretta e ama camminare è senz'altro meglio attraversare a piedi la bella città. Nelle vie animate, tra palazzi medievali, il tempo scorre calmo. 
Si  prende la strada pedonale che, lasciate le ultime case del borgo si allunga con qualche tornante fino alla chiesa del santo. I cipressi costeggiano il cammino e le cicale accompagnano il viandante. 
Arrivati alla basilica si può continuare la salita. Un sentiero si inerpica sul monte fino a superare la cresta. Il luogo è tranquillo, ventoso e soleggiato. Un bel tramonto saluta il camminatore durante la discesa.

giovedì 7 luglio 2011

Jean-Louis Accettone: Castel del Monte (documentario)

Castel del Monte è anche il titolo di un documentario girato da Jean-Louis Accettone.
Il regista è francese ma originario del paese d'Abruzzo da dove suoi genitori, come molti altri, emigrarono nel nord della Francia in cerca di lavoro.
Ormai da anni si occupa di un'associazione che promuove la produzione di film documentari e di installazioni artistiche audiovisive. Come regista ha già realizzato documentari e cortometraggi che hanno spesso come tema il mondo operaio e popolare. Storie di un mondo che sta scomparendo come quello dei minatori di carbone o quello agropastorale delle montagne dei Pirenei; ritratti di vite difficili fatte di lavoro duro e di precarietà come quella di un'assistente a domicilio; racconti di impegno politico e di solidarietà durante la resistenza al nazismo. Temi trattati sempre con estrema sensibilità e delicatezza.
Accettone ha conosciuto Castel del Monte attraverso le sue, rarissime, visite estive e soprattutto grazie ai ricordi e alle storie che si raccontavano in famiglia.
Un legame piuttosto tenue dunque, con un universo lontano e appartenente al passato. Ma poi, forse complice l'età matura, Jean-Louis Accettone ha voluto consolidare, o piuttosto riallacciare, questo filo che lo lega, malgrado la distanza, fisica e culturale, alle montagne abruzzesi.
È tornato più volte a Castel del Monte e, sulla traccia degli incontri, ha raelizzato il suo film. Un'opera personalissima, né agiografia né documento etnologico. Ancora una volta Accettone mostra il suo interesse e la sua empatia per le persone che filma. Segue la loro vita attraverso i piccoli e grandi avvenimenti quotidiani, sul filo dei giorni e delle stagioni che sembrano ripetersi immutabili. Il film si sviluppa in effetti su un doppio percorso, quello ciclico del paese che ricrea nel tempo la sua piccola storia, quello dell'emigrazione, con le partenze, i ritorni estivi e quelli definitivi.
Il risultato è accattivante e suggestivo, ricco di spunti e di riflessioni sulle quali sembra posarsi un velo di ironica malinconia.

Proiezione il 20 agosto a Castel del Monte (AQ)

domenica 3 luglio 2011

Sulle colline di Bevagna

Nella piazza Silvestri di Bevagna qualche turista passeggia, il naso per aria, attirato dai monumenti che la circondano. Sono le quattro del pomeriggio ma ai tavoli del bar, vicino alla colonna di San Rocco, non manca il forestiero che ordina il cappuccino. Quattro anziani amici giocano a carte bevendo un bicchiere di vino bianco.
È però il rosso di Montefalco il vino del paese. Il vitigno è il Sagrantino, ed è l'orgoglio dei viticultori del luogo.
Il posto è accogliente, calmo e soleggiato. Un venticello fresco attenua il calore dell'estate.
Ciò che colpisce, e che fa la bellezza della piazza è la sua asimmetria. Ben tre chiese, e il palazzo dei Consoli messo di sbieco. Una scenografia davvero teatrale, cuore della cittadina.
Bevagna è diventata, in questi ultimi anni, modello del quieto vivere. Una certa agiatezza accomuna la maggior parte dei suoi cittadini; la vita sembra scorrere serena tra le sue mura medievali.
La campagna è ricca e rigogliosa di vigne, ulivi, grano.
Belle passeggiate sui vicini Monti Martani. Si esce dal paese attraversando il fiume Topino. Dopo non molto la stada comincia a salire. Andiamo in direzione di Torre del colle. Il paesino ha conservato intatta la sua struttura medievale. Possenti mura lo circondano. Si entra da un arco che ha ancora i due battenti in legno.
Sull'altro lato un gruppo di donne intente a cucire o a lavorare a maglia chiacchiera al sole. Le stradine lastricate si inerpicano nel paesino fino all'antica chiesa di san Lorenzo.
La campagna è coperta da vigne e ulivi. Poi, continuando a salire, si incontrano castagni e querce.
Più lontano (circa 5 chilometri) in una bella posizione, è il santuario della Madonna della valle, ancora oggi luogo di devozione per la gente del posto.
La via prosegue sulla dorsale della lunga collina. Di fronte, oltre la valle Umbra, si vede il monte Subasio con Spello e, più a nord, Assisi. Dall'altra parte, dopo Foligno è Trevi e in lontananza si intravede Spoleto.