La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



martedì 24 novembre 2015

Provenza: Vaison la romaine

Sono tre luoghi ben distinti, separati dal fiume Ouvèze. Sulla piana si allarga il paese moderno e vicino sono gli importanti e sorprendenti resti dell'antica città romana, sul colle roccioso è il borgo medievale, dominato dalle mura della rocca che fu castello dei conti di Tolosa.

Un ponte con una sola campata, risalente al primo secolo, scavalca ad una bella altezza il corso d'acqua e collega la parte pianeggiante alla collina.

Oggi Vaison la Romaine è anche tristemente celebre per tragica piena che nel 1992 fece in poche ore 37 morti. Un fenomeno naturale che si era già prodotto nel passato ma che l'occupazione sconsiderata di spazi inondabili aveva reso più drammatico dei precedenti.

Ma non è questo triste ricordo ad attirare i visitatori. Vaison ha la particolarità di presentare, uno accanto all'altro, tre momenti storici lontani nel tempo: quello romano, quello medievale e quello moderno.
È come se, con un unico colpo d'occhio, si abbracciassero duemila anni di Storia.

Arrivando nella cittadina colpiscono gli ampi spazi nella parte bassa. I resti dell'antica città romana sono impressionanti e occupano 15 ettari di territorio: un teatro, le vestigia delle terme e di numerose ville e palazzi - le cui pietre servirono nel medioevo per costruire le città arroccata - permettono un'idea abbastanza esauriente della struttura antica.

Non lontano dal sito è la cattedrale di Nostra Signora di Nazareth.
Risalente al XIII secolo, l'edificio, malgrado la razzia di due vescovi che utilizzarono i marmi ed altri elementi architettonici per abbellire i loro palazzi, conserva quasi completamente la sua struttura di origine merovingia.

Dalla sinistra del coro si accede ad un bel chiostro circondato da un porticato con eleganti colonnine geminate.

Tra i resti di sculture e bassorilievi notiamo il cosiddetto sarcofago degli apostoli risalente al IV secolo;
ne manca la metà e le figure sono senza viso ma, forse proprio per questo, è un'opera affascinante.

Alla fine del XIII secolo la città bassa era ormai completamente abbandonata.
Le dispute e le lotte tra i conti di Tolosa e i vescovi, con saccheggi e scorrerie, avevano spinto la popolazione a lasciare la valle per rifugiarsi sul colle vicino, attorno al castello.

Attraversiamo l'Ouvèze e risaliamo la via che sale verso il borgo medievale.

I negozi e gli altri locali sono quasi tutti chiusi, la stagione turistica è ormai finita.
Pochi turisti passeggiano tra le piazzette ornate di fontane e di grandi platani.
Il panorama sulla regione circostante non è per niente monotono, valli, colline e montagne fanno da sfondo alla città nuova distesa nella pianura.
Si arriva al castello attraversando una grande placca di granito sulla quale l'edificio, o quello che resta, è appoggiato. Il vento fa scoccare le bandiere sul pennone. Sullo sfondo, tra tutte le alte colline, spicca il Monte Ventoso.

domenica 15 novembre 2015

Niura malinconia …


Niura malinconia …
dicembre 2015 il bicentenario di Giovanni Meli 
In questi giorni scossi dagli atroci fatti di Parigi, alcuni versi del l’Abate Meli che esprimono una grande tristezza.
Niura malinconia, tu chi guverni
Cu lu to mantu taciturnu e cupu,
L'immensi orruri di li spazj eterni;
A tia 'ntra li deserti urla lu lupu;
Pri tia la notti lu jacobu mestu
Di luttu inchi la valli e lu sdirrupu;
La scura negghia di cui l’alma vestu
Mi strascina pri forza e mi carria
A lu to tronu orribili e funestu.
L'umbri caliginusi, amaru mia!
Unni sedi la morti e lu spaventu,
Su’  la mia sula, e infausta cumpagnia.
Purtatu supra l’ali di lu ventu,
Murmura 'mmenzu l’arvuli e li grutti
Di l'afflitti murtali lu lamentu……
Dal Pianto di Eraclito – Elegie
Nera malinconia, tu che governi
con  il tuo manto  taciturno e cupo,
l'immensi orrori degli spazi eterni;
a te dentro i deserti urla il lupo;
per te la notte il gufo mesto
di lutto riempie  la valle e  il dirupo;
la scura nebbia di cui l’anima vesto
mi strascina per forza e mi trasporta
al  tuo trono orribile e funesto.
L'umbre caliginose, amaro me!
Dove  siede la morte e lo spavento,
sono la mia sola, e infausta compagnia.
Portato sopra l’ali del vento,
mormora in mezzo gli alberi e le grotte
degli afflitti mortali il lamento………..
 Dal  libro “L’Abate Meli”

mercoledì 4 novembre 2015

Provenza: Taulignan, Grignan, Aiguebelle

Taulignan, pomeriggio di fine ottobre. Il sole è finalmente riuscito ad imporsi grazie anche al maestrale che però ora si è spento. L'aria è dolce e tra le pietre chiare del piccolo paese il blu del cielo è luminoso e alto. Basta questa luce così limpida e calda per ridipingere il paesaggio e colorarlo di tranquillità e di calma.
Tra le stradine incontriamo molti gatti, vocianti e socievoli, basta chiamarli perché vengano miagolanti come se fossimo di casa. Un ulivo ma soprattutto i bei platani adornano e imbelliscono le piazzette e i cortili delle case. Hanno lasciato al vento d'autunno già molta parte della loro chioma ma continuano a sventolare placidamente quello che resta in una bella tavolozza di sfumature gialle.

Sotto una pianta maestosa, l'ultimo tavolo ricorda le serate estive e l'aperitivo sorseggiato tra amici e con il bel colore lilla dà una nota più allegra alla piazzetta.
Le imposte celesti sono quasi tutte già chiuse forse fino alla prossima estate, ma da una delle rare finestre ancora aperte la voce di una radio scende nel silenzio del borgo.

Riprendiamo la strada tra vigne e uliveti. Quando questa comincia a salire su un colle, appare imponente, come una corona nel piano, un castello massiccio e potente.
È quello di Grignan che sovrasta il paese con la sua massa.
Molte librerie e atelier di artisti animano il borgo. Il castello è famoso, fu la destinazione delle lettere di Madame de Sevignie, nobildonna passata alla posterità, probabilmente suo malgrado, per il suo epistolario oggi considerato un classico della letteratura francese.
Madame de Sevignie finì per raggiungere la figlia in questo castello è fu qui che visse i suoi ultimi anni.

Oggi Grignan vive anche di turismo e accoglie comitive di appassionati e di curiosi che si spingono fin qui sulle tracce della celebre scrittrice.

Il borgo è piacevole e ancora animato. Una bella esposizione di fotografie installate tra le arcate di porte e finestre forse definitivamente chiuse, rievoca scene di vita quotidiana del secolo ormai passato.

Sullo sfondo spicca il Monte Ventoso che Petrarca più di tutti rese famoso con il racconto della sua celebre ascensione.

Da Grignan la strada ci porta verso l'abbazia di Aguebelle.
È abitata da una comunità di monaci trappisti. All'ingresso un laico ci spiega ciò che si può visitare (solo l'esterno perché i monaci sono in clausura).
Ma il signore ha voglia di chiacchierare e noi restiamo a lungo ad ascoltarlo. Ci spiega in dettaglio lo stile di vita della comunità, i tre pilastri della vita monastica: preghiera, lavoro e lectio divina.
Una vita intera dedicata a questi tre precetti, senza vacanze e senza
altre interruzioni. Ci informa che l'abbazia ha una statua della Madonna identica a quella di Lourdes, opera dello stesso autore e che anche qui è adorata con fervore. Ci racconta che da qui passarono alcuni dei monaci poi morti, atrocemente decapitati, a Tibhirine in Algeria nel 1996.
Un memoriale è dedicato loro e il ricordo è ancora molto presente ad Aiguebelle.

Facciamo una passeggiata attorno all'abbazia. Un torrentello scorre vicino alle mura (il nome del monastero ricorda l'abbondanza d'acqua).
La chiesa rispetta la regola benedettina, nessuna inutile decorazione sulle massiccie mura.
Una campana suona il vespro mentre le ombre della sera cominciano a scendere sul convento.

domenica 1 novembre 2015

Provenza: Le Poët-Laval

Dice la leggenda che su questo villaggio c'è sempre un raggio di sole.
Luoghi ricchi di Storia, attraversati da un'eco lontana.
I muri di pietra, le stradine, le fontane nelle piazzette, i ruderi vicini, fanno riemergere tempi remoti, riempiono di voci perdute gli spazi e le viuzze.
Il toponimo viene direttamente dal latino Pogetum Vallis (monticello nella valle).
Le Poët-Laval era un'antica commenda dell'ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Il sito fu edificato nel XII secolo.
I monaci-soldati dell'Ordine -in seguito conosciuto più comunemente comme Ordine di Malta- costruirono su questo colle un castello e una chiesa.
L'ostelleria accoglieva i pellegrini di passaggio e ospitava una guarnigione pronta a partire per l'oriente. Attorno ad essa prese forma e si sviluppò un paese che prosperò per quattro secoli.
Tra il XVI e il XVII secolo Le
Poët-Laval fu preso nel turbine delle lotte cruenti tra cattolici e protestanti che ne causarono il declino e, poco a poco, l'abbandono.
Negli anni 1960 un ricco agricoltore originario del borgo comprò le parcelle ormai abbandonate e cominciò a consolidarle. Aprì un ristorante Hostellerie in ricordo della confraternita degli Ospitalieri e il paese cominciò, almeno nella stagione estiva, a rianimarsi.
Finita la stagione la case sono quasi tutte chiuse e sono pochi i passanti ad attardarsi tra le vie del borgo.
Sul dorso del colle il torrione monta ancora la guardia sulla strada sottostante mentre della chiesa non resta che uno “spaccato” come quelli che si vedono sui libri di architettura.