La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



giovedì 23 febbraio 2017

Philip Roth: Il complotto contro l'America

Quasi tutti conoscono Charles Lindbergh, celebre aviatore che, nel 1927, sorvolò per primo, in solitaria, l'oceano Atlantico partendo da New York e atterrando a Parigi a bordo del monoplano - diventato così leggendario - Spirit of Saint Louis. Lindbergh, giovane carismatico e aitante, divenne un eroe, ammirato e accolto ovunque come un modello inimitabile di valore e di prestanza.
Qualche anno dopo quest'impresa, nel 1932, un altro fatto di cronaca, nera questa volta, riportò l'aviatore sulle prime pagine dei quotidiani: il figlio Charles August junior, che non aveva ancora compiuto due anni, fu rapito e, malgrado il riscatto pagato dalla famiglia, ritrovato morto due mesi dopo, ucciso dai suoi rapitori.
Uno spietato delitto che provocò un'ondata di costernazione e di incredulità nel mondo intero. Fu anche per difendersi dalla curiosità, spesso indiscreta e invadente che questo fatto continuava a provocare che Lindbergh e la sua famiglia lasciarono gli Stati Uniti per l'Inghilterra dove risedettero fino al 1939.
Non molti sanno che Charles Lindbergh fu anche un militante antisemita, grande ammiratore di Hitler e della Germania nazista. Tra il 1936 e il 1939 effettuò molti viaggi nel nuovo Reich; assistette, al fianco di Hitler, ai giochi olimpici di Berlino, fu ricevuto con tutti gli onori e decorato da Göring con la croce dell'aquila, onorificenza destinata agli stranieri per servizi resi al Reich.
Nel 1940, al ritorno negli Stati Uniti dal suo soggiorno in Gran Bretagna, aderì all'America First Committee, associazione creata per contrastare la volontà del presidente Roosevelt di intervenire nella guerra in Europa. L'aviatore partecipò attivamente alle iniziative dell'associazione, intervenendo in comizi nei quali non esitava a designare “la razza ebraica” come responsabile, per subdoli motivi, dell'intervenzionismo americano e sollecitando il governo americano a riconoscere le nuove potenze europee.

È questo il punto di partenza del romanzo di Philip Roth: Il complotto contro l'America.
Philip Roth è senza dubbio uno dei maggiori scrittori contemporanei. Citato più volte per il premio Nobel, è l'autore di una serie di romanzi che hanno un peso non indifferente nella letteratura americana.
Il complotto contro l'America, pubblicato nel 2004 è un libro di “fantapolitica”. Si presenta come un'ucronia: l'idea che gli avvenimenti storici abbiano preso una via differente da quella che conosciamo.
Così Philip Roth racconta che, nel 1940 il partito repubblicano ha deciso di presentare alle elezioni presidenziali americane Charles Lindbergh contro il presidente democratico uscente Franklin Delano Roosevelt.
Lindbergh vince le elezioni e firma un trattato di pace con la Germania. Nel paese gli ebrei sono designati come “antiamericani” e perseguitati. Gli avvenimenti stanno degenerando in violenza e massacri quando il presidente Lindbergh, durante un volo, scompare con il suo aereo. Il vicepresidente Wheeler prende il potere e le violenze si aggravano fino a quando la moglie di Lindbergh, che aveva un certo prestigio nel paese, interviene chiedendo ai parlamentari di ritirare la carica a Wheeler e di indire nuove elezioni. Queste ultime porteranno alla rielezione di Roosevelt e la Storia riprenderà il suo corso normale.
Si scoprirà che in realtà tutto era il frutto di un complotto (da qui il senso del titolo): Lindbergh era nelle mani dei nazisti che avevano rapito il figlio e lo ricattavano.
Tutta la storia è vista con gli occhi di Philip, un ragazzino ebreo di sette anni che vive con la sua famiglia in un quartiere ebraico di Newark nel New Jersey.
Come al solito nei suoi romanzi, Philip Roth non esita a mescolare finzione e autobiografia. Lo scrittore è nato nel 1933 a Newark e aveva quindi sette anni nel 1940 e la famiglia di Philip, il personaggio, assomiglia profondamente a quella dello scrittore.
In questo romanzo in particolare, Roth approfondisce questo procedimento. Racconta certo una storia inventata ma la dissemina di elementi storici reali. Così per esempio, il discorso antisemita di Lindberg non è inventato ma è la trascrizione di un discorso realmente tenuto e trasmesso dalla radio nel quale l'aviatore designava “la razza ebraica” tra “i principali gruppi che spingono il paese alla guerra”; le azioni del presidente Roosevelt sono spesso anch'esse quelle raccontate dai resoconti storici. Aneddoti, episodi secondari, personaggi e dettagli reali descritti fedelmente e mischiati alla storia immaginata rendono la narrazione più che verosimile.
Roth descrive in maniera estremamente convincente il progressivo imporsi della figura e delle idee di Lindberg nella società americana, una degenerazione verso il fascismo che non ha nulla di meccanico né di artificiale e che proprio per questo lascia nel lettore un sentimento di turbamento quasi angosciante: come, a poco a poco, ciò che sembrava inammissibile fino a qualche tempo prima, si trasforma in possibile, quindi in evidente. Roth ha definito Il complotto contro l'America il mio importante libro sulla paura”. E la paura è provocata proprio dal fatto che la storia raccontata è credibile. Il lettore sa che quello che legge non è vero ma sa anche che potrebbe esserlo.
Non si può non fare un parallelo con l'attualità politica del nostro tempo.

sabato 11 febbraio 2017

Bretagna 5, Tréguier

Capoluogo del Trégor, una delle nove province della Bretagna medievale, Tréguier (Landreger in lingua bretone) antica sede vescovile, è oggi un paese di circa duemila abitanti che ha conservato un centro storico ricco di antichi edifici e di vestigia della sua prosperità lontana. Il borgo è su un colle, poco discosto dalla costa.
A marea alta il porto, situato vicino all'abitato, accoglie le barche che però, quando il livello del mare scende, restano a secco. Il mare è a circa 9 chilometri.
Come in altre cittadine della Bretagna è un cosiddetto porto “de fond de ria”, essendo quest'ultima una lunga insenatura, a volte l'estuario di un fiume, in cui il mare penetra durante l'alta marea.
Tréguier è stato nel passato anche un centro culturale molto importante, il primo nella regione ad accogliere, nel XV secolo, una stamperia.
Attorno alla piazza principale, le vie e la stradine dell'antico borgo medievale si intrecciano tra bei palazzi e case più modeste.
Molte costruzioni sono a graticcio (à colombages) come in Normandia o in Alsazia; altre sono in pietra spesso abbellite da decorazioni o da statuette.
Così descrive la cittadina lo scrittore svizzero Charles Fuster, che fu da queste parti all'inizio del Novecento: Tréguier si presenta a prima vista sotto l'aspetto di vie che, dalla piazza centrale, precipitano con una brusca pendenza fino a una parvenza di porto, a secco appena comincia il riflusso. Uno o due battelli vi sonnecchiano. Vi restano giorni e giorni poiché, soprattutto in terra di Trégor, gli affari vanno a rilento. Un tempo regnava la ricchezza; ma ora non so che aria di stanchezza e di rinuncia pesi su Tréguier. Si direbbe una città pietrificata.
Più di un secolo più tardi, anche se la temperatura piuttosto glaciale non invoglia alla passeggiata, la cittadina ci sembra accogliente e abbastanza viva.
Fino alla Rivoluzione del 1789 Tréguier è stata un'importante sede vescovile.
Oggi di questo passato si conserva la cattedrale dedicata a San Tugdual che fu vescovo nel V secolo, giunto qui dal Galles per evangelizzare la regione.
Ancora oggi Tréguier è una tappa essenziale del Tro Breiz, il pellegrinaggio sui luoghi dei sette santi fondatori bretoni.
La cattedrale ha conservato il suo titolo nonostante Tréguier non sia più sede vescovile.
Il campanile ottogonale è alleggerito e abbellito da aperture di varie forme; grandi vetrate fanno entrare una luce colorata che illumina le pareti interne.
L'interno è austero, domina la pietra, ma è anche molto armonioso ed equilibrato.
Non lontano dalla cattedrale è la casa di Ernest Renan, filosofo e scienziato seguace del darwinismo. Un calvario “della Protesta” fu inaugurato nel 1904 in segno di protesta appunto contro la statua dello scienziato eretta sulla piazza antistante la cattedrale e vista come una provocazione dai clericali del posto.

domenica 5 febbraio 2017

Bretagna 4, l'abbazia di Beauport.

A pochi chilometri da Paimpol, sulla via verso Saint-Brieuc, è l'abbazia di Beauport, fondata all'inizio del XIII secolo dall'ordine premostratense.
Essa sviluppò la sua influenza e si arricchì di possedimenti nei secoli successivi e, come tutte le signorie costiere, integrava nelle sue proprietà il tratto di mare che la lambisce. Fu un luogo molto importante per la regione, sia dal punto politico che religioso;
da qui parte una delle vie che si dirigono verso Santiago di Compostella. 

Poi, nel corso del XVI secolo, cominciò un lungo ma inesorabile declino fino al definitivo abbandono dopo la Rivoluzione.
Nel 1992 il sito è diventato proprietà del Conservatoire du Littoral che ha restaurato e consolidato i resti degli antichi edifici.
Il luogo, a pochi metri dalla costa, nonostante il degrado dei secoli, ha conservato una parte essenziale della sua struttura.
Le mura della chiesa abbaziale sono ancora slanciate verso il cielo e servono ormai da rifugio ai numerosi uccelli di varie specie che qui vivono.
Un luogo che ispira calma e tranquillità. Un bel percorso permmette di osservare l'abbazia da punti di vista sempre diversi.
Poco lontano una diga fu costruita per proteggere lo spazio dalla maree troppo aggressive.
Dopo una piacevole passeggiata decidiamo di entrare in una creperie che dell'Abbaye ha il nome e che si trova non lontano dall'ingresso di quest'ultima. È un locale stile anni 50-60, vintage come direbbero coloro che seguono le mode.
Pareti in finto legno, tavoli verniciati di chiaro, tovaglie rosse con un sottopiatto di carta bianco. Ci sono una decina di persone e altre ne arrivano mentre siamo lì. Il proprietario-cuoco-cameriere è, in effetti, solo. Il servizio è quindi, per chi ha fretta, un po' lento.
Ma noi non abbiamo fretta. Beviamo una bottiglia di Sidro e mangiamo una galletta bretone che, a differenza delle crêpes, non ha uova nell'impasto ed è fatta con grano saraceno. La pietanza è buona e il cuoco sa anche fare una bella decorazione. Circa un'ora dopo usciamo dalla Crêperie de l'Abbaye e prendiamo il sentiero che va verso Paimpol seguendo la costa verso nord. Ritroviamo con piacere la cittadina e entriamo in un bar anche per scaldarci un po' perché la giornata è abbastanza fredda.