Ad una prima impressione Pratola
Peligna sorprende per la sua luminosità. Forse perché invece della
pietra troviamo, almeno nei quartieri più recenti, belle palazzine
dai colori caldi e con fiori al balcone.
Le statue sul frontone del
teatro cittadino si stagliano contro l'azzurro del cielo e sembrano
osservare i due ragazzi che chiacchierano da una finestra all'altra.
La piazzetta è animata da un gruppo di anziani che, snobbando i
tavolini del bar approfittano del muretto vicino. La fontana con i
suoi quatto cigni sputanti acqua copre un po' con il suo gorgoglio le
voci della gente.
Abruzzo paesano. Né quello cittadino
dei capoluoghi, né quello turistico delle spiagge, delle montagne o
dei parchi; anche se questi ultimi non sono lontani. Al centro della
valle Peligna, con il Morrone a fare da sipario, Pratola vi accoglie
senza enfasi ma con una certa leggerezza.
Il paese ha saputo
resistere meglio di altri all'emigrazione che ha svuotato tanti
borghi e mostra, almeno in apparenza, una certa vitalità.
Meta di fervore religioso, il santuario
della madonna della Libera attira ancora ai nostri giorni devoti e
pellegrini.
Come spesso, in questa regione ricca di santuari e di
vestigia di misticismo, la spiritualità si mescola alla
superstizione, alle credenze e alle leggende ed è da questo crogiolo
che si tramanda una cultura popolare che sembra destinata a
sopravvivere ancora a lungo.
Ogni anno nel mese di maggio, un nutrito
gruppo di pellegrini: la Compagnia di Gioia dei Marsi
percorre, attraverso la montagna i trenta chilometri che separano
Gioia da Pratola per onorare l'immagine miracolosa della madonna.