Il rione del Colle |
Si
chiamava Maria Maddalena perché la mammina, la
levatrice del paese, chissà come mai, aveva deciso così. A
nulla valsero gli argomenti (e i diritti) dei genitori, l'ostetrica
del borgo era testarda e probabilmente si compiaceva un po' del
potere di persuasione che la sua professione le attribuiva.
Certo
a quel tempo, all'inizio del XX secolo, nascere indenni, soprattutto
in un paese di montagna, lontano da medici e ospedali, non era cosa
facile. La mammina, con
i suoi rudimentali strumenti del mestiere
aveva un ruolo essenziale ed
era meglio non contrariarla.
Fu
così che gl'abbate (il
parroco del paese) la battezzò con quel nome e così
la iscrisse nel registro
parrocchiale.
Ma
la famiglia ne aveva
scelto un altro: Concetta
e, non se ne voglia l'ostetrica, così la piccola si senti sempre
chiamare. Nel vicinato anche coloro che conoscevano il nome ufficiale
ben presto lo
dimenticarono e gli altri non lo conobbero mai.
Poi
a poco a poco, come spesso accadeva
e a volte accade ancora
per i
nomi degli abitanti del paese, la familiarità e la vicinanza della
persona fecero
in sorta che un diminutivo si imponesse
e fu così che da Concetta si passò a Cetta.
Non
fu facile la vita di Cetta.
La sua famiglia modesta aveva poche risorse; si viveva alla giornata,
sfruttando
come si poteva un piccolo campo dove seminare un po' d'orzo o di
grano e qualche patata.
Cetta
aveva un fratello che imparò a fare il calzolaio e aprì una piccola
bottega dove risuolava scarpe per
gli scarpaleggia (gli
artigiani dal pié leggero) e
scarponi per i
pastori,
destinati a durare il più a lungo possibile. Lei si ritrovò, non si
sa se per scelta o per un concorso di circostanze a gestire uno dei
tre forni
del paese, quello del Colle,
uno dei rioni del borgo.
Ed il suo nome cambiò ancora una volta, l'epiteto
familiare de Martine lasciò
il posto a quello più personale
che ormai l'accompagnerà per tutta la vita: la furnora
(la fornaia).
Il
locale del forno
del Colle era molto piccolo, un vero bugigattolo, il
lavoro era duro. Le donne del
vicinato preparavano il pane nella mesa,
la madia presente in ogni casa, poi lo portavano su tavole in
equilibrio sulla testa, fino al forno di Cetta che
lo cuoceva. Le targiate,
le pagnotte, erano molto grandi e pesanti (fino a sette chili). I
castellani dicono che era
la tradizione che voleva
così. In
realtà la ragione era più
pragmatica: la cottura si pagava al pezzo e non al peso (quindi più
la pagnotta era grande meno costava al chilo). Cetta
infornava a fatica, il peso del pane si faceva sentire, indolenziva
le braccia e la schiena. A
volte brontolava contro
quell'assillo di misera economia che le rendeva la vita più dura. Ma
un soldo era un soldo e le castellane sapevano contare.
Negli
anni Cinquanta abbandonò
il forno del Colle per
prendere in gestione quello che il Comune aveva fatto costruire nel
palazzo municipale. Lo lasciò alla fine degli anni Sessanta quando
raggiunse la famiglia della figlia emigrata in Piemonte.
Ma
quella vita di fatica aveva lasciato il segno. Cetta morì,
ancora non anziana
ma molto invecchiata
a 67 anni.
Riposa
ormai nel cimitero di Castel del Monte ma il nome della sua vita non
è sulla tomba: sulla lastra di marmo è tornata ad essere Maria
Maddalena.
Il forno del Colle, abbandonato da tempo. |