Impossibile
scrivere qualcosa sul terremoto senza rischiare l'indecenza. Grazie
ai social network (o
piuttosto si dovrebbe dire “a causa”), fiumi di commenti di chi
sapeva tutto, di chi sa chi è il colpevole, di chi sa quando sarà
il prossimo... si sovrappongono
e si moltiplicano mentre gli abitanti colpiti
sono forse gli unici ad essere ancora senza parole.
La
notte del 24 agosto eravamo a una cinquantina di chilometri in linea
d'aria dall'epicentro del sisma. Siamo
stati svegliati dalla prima scossa, la più forte. Il tempo di capire
che cosa fosse e di alzarci il primo terremoto era finito. Dopo
qualche minuto di silenzio abbiamo sentito porte che si aprivano e le
voci dei vicini usciti in strada. Qualcuno telefonava per avere
informazioni. A L'Aquila la scossa era stata molto forte, l'epicentro
era più a nord, verso l'Umbria. Abbiamo
acceso la radio, c'era
ancora un programma musicale, poi sono
arrivate le prime notizie,
via via più precise. A poco a poco, mentre
altre scosse meno forti facevano ancora
tremare i mobili, si è
cominciato a parlare di danni e feriti dalle parti di Amatrice.
Per
noi solo un po' di paura, forse più forte per chi aveva vissuto il
terremoto del 2009. Per altri conseguenze ben più gravi e tristi.
Ci
siamo resi conto di quanto sia difficile in questi casi avere una
reazione logica e razionale in situazioni del genere.
Eravamo
stati a L'Aquila proprio qualche giorno prima. Volevamo vedere a che
punto era la ricostruzione della città in quello che è stato
definito “il più grande cantiere d'Europa”. Da lontano grappoli
di gru che si levano verso il cielo. Entrando nel centro storico si è
accolti dal rumore dei martelli pneumatici. Sul corso principale e
sulla piazza del Duomo la maggior
parte degli edifici e in cantiere. Qualche commercio ha riaperto ma
le persone che si incontrano
sono soprattutto turisti
o operai dei cantieri; gli abitanti sono rari. Le impalcature
metalliche sono dappertutto; chilometri di tubi sostengono case e
palazzi mentre qua e là le piante crescono tra i detriti. Anche la
fontana luminosa, uno dei simboli della città è scomparsa dietro
un'impalcatura così come
un lato del
forte spagnolo. Molto
è stato fatto ma l'opera
appare immensa. Basta allontanarsi dal corso centrale per rendersene
conto. Alcuni quartieri sono ancora abbandonati, gli unici visitatori
sembrano essere stati i ladri che hanno divelto le porte senza
dimenticare di rubare i pomelli in ottone. La basilica di San
Bernardino è stata restaurata e ora appare con la sua facciata
splendente tra palazzi ancora puntellati. L'altra
basilica, quella di Collemaggio è circondata da una palizzata ed è
ancora inaccessibile.