-Devo proprio andare.-Disse
-Posso esserle utile in
qualcosa? - Chiese, pieno di speranza.
-No, solo per chiacchierare.
-Porterò i suoi saluti alla
mensa.
-Grazie per tutti questi bei
regali.
-Niente.
-Ritorni a trovarmi.
-Sì. Arrivederci.
Mi batté sulla mano.
-Ciao. -Dissi in dialetto-
Ciao -Ripeté
Era buio nella stanza e
l'attendente che era rimasto seduto ai piedi del letto si alzò e
uscì con lui. Gli volevo molto bene e speravo che una volta o
l'altra potesse ritornare negli Abruzzi. Faceva una porcheria di vita
alla mensa e la sopportava bene ma pensavo a come sarebbe stato al
suo paese. A Capracotta, mi aveva detto, c'erano le trote nel
torrente sotto la città; era proibito suonare il flauto la notte,
quando i giovanotti facevano le serenate. Soltanto il flauto era
proibito. Perché? Avevo chiesto. Perché alle ragazze non faceva
bene udire il flauto di notte. I contadini chiamano tutti Don e
quando incontrano qualcuno si tolgono il cappello. Suo padre andava a
caccia ogni giorno e si fermava a mangiare nelle case dei contadini.
Per loro era sempre un onore. Uno straniero, per cacciare, deve
presentare un certificato che non è mai stato arrestato. C'erano gli
orsi sul Gran Sasso d'Italia, ma era lontano. Aquila era una bella
città. D'estate la notte faceva fresco e la primavera degli Abruzzi
era la più bella d'Italia, ma quel che era bello era l'autunno, per
andare a caccia nei boschi di castagni. Gli uccelli erano tutti buoni
perché si nutrivano d'uva e non c'era mai bisogno di preparare una
colazione perché i contadini erano sempre onorati, si mangiava in
casa loro.
Dopo un po' mi addormentai.
Grazie. Ho letto Addio alle armi tanti anni fa e non ricordavo assolutamente questa parte.
RispondiEliminaDovrei rileggerlo.
Se ti interessa, mi pare che la lettura integrale del libro sia ancora disponibile sul sito di Radio 3 (programma "Ad alta voce")
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