domenica 2 dicembre 2018

Il Delfinato 4, viaggio nel tempo

Scesi da Saint May riprendiamo la strada che, risalendo la gola, segue il corso dell’Oule. Il cielo si è coperto e le nuvole basse si adagiano sui pendii delle montagne. Dopo un ponte attraversiamo Rémuzat, il paese che avevamo osservato dall’alto quando eravamo sull’altipiano.
Una ampia piazza con molti bei platani e un gruppo di ragazzi che sembra annoiarsi. Non incontriamo nessun altro, il borgo non è molto animato. Dopo Rémuzat ci fermiamo brevemente in un altro paesino: La Motte Chalancon. Ben esposto a sud La Motte attira in estate molti turisti “qui si cammina a gomitate” dice una donna.
Oggi c’è un minuscolo mercatino con tre ortolani e un venditore di formaggi. Gli operai comunali sono impegnati nella potatura degli alti platani che anche qui sono numerosi. Nonostante il “fuori stagione” che lascia vuote e chiuse le molte residenze secondarie, il borgo è piacevole e attraente. Ancora qualche chilometro ed eccoci a La Charce, un comune di 34 abitanti.
Le insegne di un ristorante e di un albergo, dipinte sui muri sono, almeno oggi, i soli residui di una passata vitalità. Il borgo sembra deserto, solo qualche automobile parcheggiata ci lascia dedurre qualche presenza.
Il borgo è disteso sul fianco di una collina e sul punto più alto un antico castello domina i dintorni. Nelle vicinanze un sito geologico attira specialisti e curiosi.
Molto didattico, il luogo racconta della Pangea, il megacontinente primitivo che includeva tutte le terre emerse e che comincia a separarsi 240 milioni di anni fa. La crosta terrestre si muove e deriva dando a poco a poco ai continenti la forma che hanno attualmente.
Secondo alcuni studiosi, il fulcro di questa separazione si trova qui, tra le Alpi e la Provenza. Quando, 65 milioni di anni fa la spinta provenzale prese a schiacciare le terre contro il blocco alpino, qui nelle Baronnies il paesaggio cambia.
Le larghe valli lasciano il posto a gole strette, falesie, creste e picchi. Le montagne non sono molto elevate, superano raramente i 1500 metri, ma varie e frastagliate. La fossa Voconziana tra il massiccio del Vercors e le Cevennes comincia a riempirsi di detriti, una massa di terra nera (la marna) che formerà uno spessore di 3 chilometri. Oggi queste terre, erose dalle acque, sono visibili con la loro struttura “a dorso di elefante”. Il loro colore grigio scuro è dovuto alla massa di materie organiche depositatesi in un ambiente privo di ossigeno. Più recenti sono le “pieghe” che hanno portato in superficie e messo in luce i differenti strati formatisi nel corso delle ere geologiche.
Ogni strato, oggi qui visibile in verticale, è il risultato di 20000 anni di tempo.
Con qualche passo risaliamo le ere geologiche sempre più nelle profondità del tempo.

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