sabato 23 febbraio 2019

Nan Sheperd, La montagna vivente


Lo sguardo si perde lontano quando il paesaggio è aperto sull’orizzonte. A poco a poco i dettagli del modo che ci circonda perdono la loro nettezza e sono meno precisi. I contorni diventano più tenui e i colori si sfumano l’uno nell’altro creando altri toni, nuovi. L’occhio è attirato dalla lontananza, torna verso le cose più vicine e si riposa, poi si rituffa nello spazio vibrante nell’aria.
Per molti la montagna è una cima, una vetta da conquistare dopo una gara con se stessi. Per altri è un mondo, un libro-universo da leggere, nel quale immergersi, da osservare ma anche da sentire, annusare, toccare. Sono attimi di equilibrio e di appagamento che ognuno può provare. Ma bisogna avere le sensibilità di un poeta per poter raccontare e trasmettere le sensazioni che questo mondo ci fa sentire.
“La montagna vivente” di Nan Sheperd è in questo senso un libro unico. Nan Sheperd è una scrittrice scozzese la cui opera è profondamente legata alla regione dei monti Cairngorm. È qui che è nata e in questa regione ha vissuto, insegnando la letteratura inglese nel college di Aberdeen, lasciandola solo per i numerosi viaggi tra la Norvegia, l’Italia, il Sudafrica. Ad Aberdeen è morta, nel 1981. In realtà la sua opera letteraria si limita a tre romanzi pubblicati tra il 1928 e il 1933 e ad una raccolta di poesie pubblicata nel 1934 e che ha per titolo e tema sempre i monti Cairngorm.
Siamo nel nord-est della Scozia, “l’Artico della Gran Bretagna” come lo definisce Robert Macfarlane, anche lui scrittore scozzese e autore di une lunga e interessante prefazione al libro di Nan Sheperd. Una regione spazzata dai venti e nella quale crescono solo alberi nani che resistono con difficoltà alle tempeste invernali.
Scritto durante la Seconda guerra mondiale, “La montagna vivente” finì in un cassetto e fu pubblicato solo più di trent’anni dopo, nel 1977. L’editore a cui era stato proposto non aveva saputo catalogarlo: guida per escursionisti, racconto autobiografico, elegia poetica… Quando, dopo trent’anni, il libro trova infine un editore più disponibile, Nan Sheperd rilegge il suo testo e osserva che le cose in quell’ambiente sono cambiate. L’uomo è più presente ma nonostante tutto la sua presenza non ha modificato l’essenza di quei luoghi. Trent’anni sono molti nella vita di una persona ma sono un attimo per quelle montagne: leggendo di nuovo il mio manoscritto mi rendo conto che la storia dei miei traffici con una montagna è valida oggi come lo era allora.
Nan Sheperd ha percorso durante tutta la vita i monti Cairngorm, spesso da sola, scoprendone ogni volta aspetti nuovi e sorprendenti, stabilendo un dialogo mille volte ripreso e approfondito con quell’ambiente naturale.
I monti Cairngorm sono una massa di granito che si innalza attraverso gli scisti e gli gneiss che formano le più basse alture circostanti, appiattita dalla calotta di ghiaccio e spaccata, frantumata e spaccata dal gelo, i ghiacciai e la forza dell’acqua corrente.
Non è un massiccio come lo sono quelli alpini. Si tratta piuttosto di un vasto altipiano, interrotto da profonde valli scavate nel tempo dall’acqua e dal ghiaccio e che separano le “vette” di quella che è in realtà un’unica vasta montagna. L’altezza supera appena i 1200 metri ma la situazione geografica fa si che il clima sia estremamente severo e il paesaggio brullo. Solo i licheni e qualche arbusto si adattano alle rudi condizioni. Dall’altipiano lo sguardo si dirige piuttosto verso il basso, là dove i fiumi hanno scavato la roccia e dove scorrono con acque gelate e limpidissime. Un’acqua così chiara non si può immaginarla, bisogna vederla. Bisogna tornare ad osservarla, e tornarvi di nuovo, perché negli intermezzi la memoria si rifiuta di ricreare la sua brillantezza. Nan Shepeld riscopre ogni volta la sua montagna, ogni volta i suoi sensi rivelano nuove impressioni.
Mentre si sale, l’aria si fa più rarefatta e stimolante, il corpo sembra più leggero e ci si arrampica con minor sforzo, finché la legge che governa la salita di Dante al monte Purgatorio sembra diventare una verità fisica: Questa montagna è tale / che sempre al cominciar di sotto è grave; / e quant’om più va su, e men fa male.
 Nan Sheperd, La montagna vivente ed. Ponte alle Grazie 2018
in collaborazione con il C.A.I.

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