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Dalle pendici del monte Capo di Serre verso il Vado di Sole.
Al centro è il pianoro del Pacino, in fondo si intravede il mare Adriatico |
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Dopo aver attraversato verso est la parte più recente del paese di Castel del Monte fino all'ultima casa del
rione orientale, la strada, passando davanti l'edicola
di Sant'Angelo, si trasforma in mulattiera e risale le pendici più occidentali delle
Riparate. Questa lunga barriera rocciosa dalla cresta uniforme è forse cosí chiamata perché ripara il paese dai venti freddi di nord est. Essa è spartiacque tra l'alta valle del Tirino (qui più precisamente valle del Cornacchiolo) e la valle del Tavo dalla quale però la separano anche la Vallestrina e il Voltigno. All'estremo limite ovest della barriera è il punto più elevato, il monte Capo di Serre appunto, che si stacca leggermente dal filo di cresta fino ai 1771 metri della sua vetta. Prima di iniziare la salita sulle pendici di questo monte si attraversa le valle dello Stincone, la cui fontana, ormai asciutta, è ben conosciuta dagli anziani abitanti del luogo: era uno dei (poveri) punti d'acqua necessari al paese prima della costruzione dell'acquedotto. Poi il sentiero sale più rapidamente. Aggirando verso ovest la montagna, tocca la strada asfaltata verso quota 1600, qualche centinaio di metri prima del valico. Davanti il panorama si apre verso Campo Imperatore e le cime più orientali del Gran Sasso: ben visibili sono il monte Camicia e il monte Prena, più lontano si scorge il Corno Grande. A sinistra, vicinissima, è la piramide del Bolza che sovrasta il paese; Alle mie spalle, sempre di guardia, è la Rocca di Calascio.
Metto piede sulla strada asfaltata quando questa, ad una curva, piega verso nord ma l'abbandono subito e riprendo la salita che a poco a poco si allontana dalla statale per dirigersi verso est. Sulla destra è una pineta di rimboschimento. Il sentiero sfiora gli alberi, poi comincia a scendere, dall'altro lato, verso il pianoro del Pacino a circa 1500 metri di quota.
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Il monte Meta dalla Vallestrina |
Qui si incontra la mulattiera che, da sinistra, sale dal "rifugio" Ricotta e si dirige verso Vallestrina. Proseguo in direzione di quest'ultima località. Tralasciando il sentiero che ad un bivio va a sinistra, continuo a risalire la valle, attraversando, con qualche tornante, una bella faggeta, poi una pineta. La valle si apre leggermente e la via costeggia la base del monte Meta (1784 m.) che separa la Vallestrina dal Voltigno. Il panorama è chiuso anche sulla destra, dalla cresta delle Riparate che però da questo versante è molto meno erta. È facile ed interessante ad un certo punto, fare una piccola deviazione per affacciarsi sulla valle del Tirino. Una bella vista spazia da Bussi -con dietro il Morrone e la Maiella- a Castel del Monte; si vedono Capestrano, Calascio, Villa Santa Lucia. Il Sirente e il Velino chiudono il panorama.
Dopo qualche chilometro di tenue salita, tra abeti e prati, arrivato quasi sul punto più elevato della valle, abbandono il sentiero principale, che continua verso il Voltigno, e scendo rapidamente per qualche centinaio di metri per raggiunge la sterrata che sale da Villa Santa Lucia. Sul prato, affacciata verso la valle, si trova un'edicola con una madonnina.
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In fondo al prato la madonnina di Villa Santa Lucia |
È senz'altro meglio evitare i lunghi tornanti di questa inutile strada per tagliare più direttamente verso la meta con una lunga salita sui pendii erbosi e attraversando qualche boschetto. Costeggiando la faggeta si segue la cresta del monte, detta di Cannatina e si arriva facilmente sulla cima arrotondata del Cappucciata.
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Dalle pendici del monte Cappucciata, guardando verso il Bolza |
La vista spazia in tutte le direzioni, abbracciando l'intera regione, dal Gran Sasso alla Maiella, dal Sirente al mare.
La discesa si farà più ad est. Attraversando la bella faggeta che circonda tutto il piano del Voltigno. Sulla destra è la valle del Nora con, più in basso, la sorgente del torrente e il paese di Carpineto che restano però nascosti alla vista. Dopo un lungo percorso in discesa nel bosco si sbuca improvvisamente sui prati del Voltigno.
Questo bell'altipiano carsico è, a primavera, punteggiato di "laghetti" che si formano con lo scioglimento delle nevi. In estate non resta che quello di
Sfondo, così chiamato perché la credenza popolare lo riteneva senza fondo. L'attraversata del pianoro, per più di 3 chilometri, si fa in direzione del vado di Focina (1383 m.) là dove arriva la strada asfaltata che sale da Villa Celiera.
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Dal monte Cappucciata: a sinistra si intravede Castel del Monte;
dietro sono monte Prena e, tra le nuvole, il Corno Grande;
al centro il bosco copre le Riparate e scende a destra sul Voltigno |
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Qualche decina di metri prima del vado però devio a sinistra, per un sentiero che rientra nel bosco. Si continua in questa direzione tra faggi e belle radure verso Valle Caterina (1425 m.).
È nel bosco di questa bella valletta, -una verde radura circondata da una fitta faggeta- che gli abitanti di Castel del Monte venivano a rifornirsi di legna da ardere. Da queste parti, si dice, trovavano rifugio anche i briganti, reduci dalla loro imprese. In effetti, a partire dal 1861, dopo l'arrivo dei piemontesi e la fine del regno delle due Sicilie si formarono bande che agivano partendo da questi boschi, attaccando i paesi o i viaggiatori che per varie vie e fino a Forca di Penne passavano da un versante all'altro delle montagne.
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La piana del Voltigno |
Sul finire del secolo XVIII, i briganti scorrevano per le nostre province a modo di milizia e immense furono le stragi, le devastazioni e le spoliazioni. Nel 1861 compaiono di nuovo i briganti nelle nostre montagne e nel bosco di valle Caterina[...] Orazio Sulli: Castel del Monte.
In realtà la causa principale del ritorno dei briganti è da cercare nel malcontento contro il nuovo Stato che non solo non manteneva le promesse dell'epopea garibaldina ma continuava a difendere le classi privilegiate e a lasciare il popolo nella miseria. I soldati dell'esercito borbonico ormai abbandonati a se stessi e senza soldo vennero a rinforzare le bande di ribelli.
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Valle Caterina |
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Il 21 giugno 1861, si insediò a Castel del Monte la prima Giunta Comunale del nuovo Regno d'Italia. Il liberale Don Francesco Colella fu nominato Sindaco Affiancato dagli Assessori anch'essi di fede liberale Vincenzo D'Angelo e Francesco Sulli. Le bande brigantesche della zona cominciarono ad effettuare incursioni sulle montagne e nel bosco di Valle Caterina, nel Vado di Siella, a Cannatino, nel Voltigno e nella selva di Barisciano, usando come rifugio la località di Forca di Penne. Mario Basile: Terra Mia.
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Uscendo dal Malepasso: monte Camicia e monte Prena |
Sta di fatto che avventurarsi nella zona fu per qualche tempo azzardato e forse il toponimo di Malepasso, (1510 m.) che incontro più avanti sulla via, ne è un ricordo, visto che per il resto il passaggio è agevolissimo, senza alcuna difficoltà. Ma a questo punto esco dal bosco e ritrovo, di fronte, le montagne della catena orientale del Gran Sasso. Il sentiero scende per ritrovare il pianoro del Pacino che attraverso risalendo poi verso Capo di Serre. Sono sulla via percorsa già all'andata. È ormai il tardo pomeriggio quando affronto la discesa verso Castel del Monte. Sette ore di cammino non sono poche... ma forse è l'età.
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Sulla via del ritorno: Castel del Monte e la Rocca di Calascio |
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