La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



venerdì 5 luglio 2013

Pratola Peligna



Ad una prima impressione Pratola Peligna sorprende per la sua luminosità. Forse perché invece della pietra troviamo, almeno nei quartieri più recenti, belle palazzine dai colori caldi e con fiori al balcone.







Le statue sul frontone del teatro cittadino si stagliano contro l'azzurro del cielo e sembrano osservare i due ragazzi che chiacchierano da una finestra all'altra. La piazzetta è animata da un gruppo di anziani che, snobbando i tavolini del bar approfittano del muretto vicino. La fontana con i suoi quatto cigni sputanti acqua copre un po' con il suo gorgoglio le voci della gente.
Abruzzo paesano. Né quello cittadino dei capoluoghi, né quello turistico delle spiagge, delle montagne o dei parchi; anche se questi ultimi non sono lontani. Al centro della valle Peligna, con il Morrone a fare da sipario, Pratola vi accoglie senza enfasi ma con una certa leggerezza.
Il paese ha saputo resistere meglio di altri all'emigrazione che ha svuotato tanti borghi e mostra, almeno in apparenza, una certa vitalità.
Meta di fervore religioso, il santuario della madonna della Libera attira ancora ai nostri giorni devoti e pellegrini.
Come spesso, in questa regione ricca di santuari e di vestigia di misticismo, la spiritualità si mescola alla superstizione, alle credenze e alle leggende ed è da questo crogiolo che si tramanda una cultura popolare che sembra destinata a sopravvivere ancora a lungo.
Ogni anno nel mese di maggio, un nutrito gruppo di pellegrini: la Compagnia di Gioia dei Marsi percorre, attraverso la montagna i trenta chilometri che separano Gioia da Pratola per onorare l'immagine miracolosa della madonna.