La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



giovedì 18 febbraio 2016

Luigi Mucciante: Castel del Monte e il suo dialetto

Così scriveva Luigi Mucciante nell'introduzione al suo Vocabolario del dialetto di Castel del Monte, pubblicato nel 2007:
Un motivo puramente affettivo mi ha sollecitato a compilare questo vocabolario. Non era nelle mie intenzioni per una materia complessa e così articolata per i suoi aspetti linguistici, e tanto meno lo è nella conclusione, dare al lavoro un'organicità razionale ed una completezza sistematica, sia per quanto riguarda l'aspetto grammaticale che quello lessicale.
Compilare un dizionario per un dialetto parlato ormai probabilmente solo da qualche centinaio di persone è certamente un lavoro fatto di passione e, come lo sottolinea nella prefazione il linguista Francesco Avolio, un'opera che assume, naturalmente, un carattere personale e soggettivo. Portata all'estremo, la tesi è che, in ambito dialettale, cioè in un contesto non classificato, come invece accade per una lingua di uso più vasto e letterario, da norme codificate e comunemente accettate, ogni singolo locutore ha, per un singolo termine, le sue specifiche e personalissime accezioni, la sua specifica pronuncia, entrambe diverse da ogni altra, anche da quelle del suo vicino più immediato. A questa prima elementare discordanza se ne aggiungono altre, secondo i mestieri, il grado di istruzione e di assimilazione della lingua letteraria, i contatti più o meno frequenti con altri dialetti.
Per fare un solo esempio, ormai largamente conosciuto, per quel che riguarda i paesi di transumanza, come lo era Castel del Monte, è evidente il divario tra la pronuncia femminile e quella maschile, quest'ultima influenzata dai lunghi periodi di contatto con la parlata del Tavoliere pugliese.
A ciò va aggiunta, come d'altronde lo sottolinea Luigi Mucciante nell'introduzione, la diluizione del dialetto nella lingua nazionale, diluizione sempre più rapida perché favorita dai mezzi di comunicazione di massa e dalla frequenza degli scambi e dei contatti esterni ormai acceleratasi senza comune misura.
Così termini più arcaici tendono ad essere sostituiti da altri che sono la derivazione dialettale dall'italiano. Ad esempio l'espressione interrogativa Cammó, probabilmente un antico gallicismo -dal francese comment-, tende a scomparire, sostituita da pecché.
Il relativo isolamento del borgo di montagna ha però, per un tempo, frenato questa diluizione. Se si escludono le generazioni più giovani, il dialetto resta, in ambito comunale, ampiamente praticato e diffuso. Questa pratica è poi favorita con il rientro estivo degli emigranti dall'estero per i quali esso rappresenta spesso l'unica lingua comune con gli abitanti.

Castel del Monte in campo linguistico è una terra di confine. Nel 476 alla caduta dell'Impero romano d'occidente, il latino parlato non era già più quello di Augusto. Gradualmente il sistema linguistico centralizzato si era affievolito analogamente alla potenza dell'Impero.
Erano riemersi ormai influssi delle lingue italiche prelatine che avevano resistito all'uniformazione soprattutto quando si trattava di esprimere competenze e informazioni di ambito locale; si era accentuata la presenza di popolazioni entrate recentemente nel territorio imperiale e che parlavano lingue diverse; si accresce il divario tra la lingua parlata e quella scritta.
A poco a poco la contaminazione del latino si accentua in un processo che dura secoli. Gli studiosi fanno risalire al 960 l'apparizione del primo documento scritto in una nuova lingua.
Sono i famosi Placiti cassinesi:
Sao ke kelle terre, per kelle fini che ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedecti.
Ma a questo punto lingua scritta e lingua parlata, lingua letteraria e lingua d'uso hanno già preso strade differenti. La suddivisione territoriale aveva contribuito a tracciare i confini delle famiglie dialettali.
In Abruzzo questa linea di confine separa l'area sabina ( L'Aquila, Carsoli, Tagliacozzo) da quella meridionale. Castel del Monte si trova quindi al limite nord occidentale di quest'ultima.
Forse anche per questa situazione particolare (isolamento geografico e nello stesso tempo contatto con aree differenti (l'aquilana e la pugliese) hanno fatto di Castel del Monte un'isola dialettale nell'abito regionale. Anche qui un solo esempio: il sistema assai complesso degli articoli determinativi. Ru è infatti l'articolo singolare che traduce l'italiano il, originale anche rispetto ai comuni vicini. Ma, in casi particolari, come lo spiega con precisione Luigi Mucciante, lo stesso il diventa le (da pronunciare con la e muta).
Al di là dell'accurato studio linguistico, Castel del Monte e il suo dialetto è un libro che ci propone l'immagine di una comunità in un momento storico preciso e irripetibile. I vocaboli del libro ci raccontano un universo scomparso nel quale la dote della sposa le béglie veniva portato in corteo, sulla testa delle donne e sopra i muli appositamente 'nzullunete (infiocchettati), o alla fine di un lavoro impegnativo c'era ru cuapecanale (il rinfresco). Nell'evoluzione linguistica, ininterrotta e inarrestabile abbiamo la fotografia di un mondo passato, uno strumento non solo per gli studiosi e la cui importanza aumenterà probabilmente col tempo.

domenica 7 febbraio 2016

Tournai e la sua cattedrale


Arriviamo a Tournai seguendo il fiume Schelda che qui, nel Belgio francofono si chiama Escaut.
Il corso d'acqua è canalizzato ed è un'importante via di comunicazione tra Olanda e Francia. L'ultima chiusa prima della città si sta svuotando e una chiatta attende ormeggiata poco lontano. Una bicicletta è appoggiata sul pontone; i vasi di gerani e le tendine dei finestrini rallegrano l'abitazione della famiglia dei battellieri.

In lontananza appare il ponte à Trous, simbolica porta d'ingresso nella città.
Ora che si sta progettando l'allargamento del canale per permettere il passaggio di chiatte più grandi il destino di questo storico ponte sembra segnato, è una strettoia che impedirebbe il passaggio delle barche, dovrà quindi essere, se non eliminato, almeno sostanzialmente modificato.
Ma non tutti sono d'accordo,
il monumento storico ha trovato i suoi difensori.

Nel tardo mattino Tournai appare sonnolenta.
Pochi passanti, qualche ciclista lungo la via che costeggia il canale, un gruppo di giovani seduti sulle panchine.
La grande piazza centrale è animata dagli zampilli della fontana che si alzano e si spengono in un balletto perpetuo. La torre municipale -il beffroi- ricorda il ricco e agiato passato della borghesia cittadina che lo fece costruire nel XII secolo. È il più antico del Belgio, in quella che fu anch'essa una delle più antiche città di questa regione d'Europa, prima capitale del regno dei Franchi.

Ma è la cattedrale di Notre Dame che si impone sugli altri edifici con la sua massa sproporzionata. Ricordo del tempo in cui il vescovo di Tournai controllava quasi tutte le Fiandre.

Da lontano le torri della cattedrale spuntano sopra i tetti, infagottate nelle impalcature.
Immenso vascello grigio che domina la città con i suoi cinque campanili e che conosce oggi un restauro che è smisurato quanto l'edificio. La tempesta del 1999 ha accentuato lo squilibrio del coro e del transetto, in particolare la torre Brunin.

Rapidamente, sono state prese delle misure provvisorie per stabilizzare l'edificio.
Nel 2000, la cattedrale è iscritta al patrimonio dell'UNESCO. Da allora gli esperti studiano le soluzioni tecniche per consolidare il coro mentre procede il restauro della navata romanica.
Perché l'immensa cattedrale ha una parte gotica e una romanica. È un edificio sorprendente, che non assomiglia a nessuna delle altre cattedrali sparse per l'Europa. Nel miscuglio di stili si perde forse l'eleganza del gotico e la potente armonia del romanico ma la singolarità della struttura e le sue straordinarie dimensioni sorprendono e sbalordiscono.
La cattedrale prima dei lavori. Foto di Ad Mesken