La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



martedì 18 febbraio 2020

Thomas Mann, La montagna incantata.


Ci fu un tempo in cui le stazioni turistiche di montagna accoglievano non solo sciatori ed escursionisti ma anche chi soffriva di malattie polmonari. Si pensava che l’aria vivificante delle alte valli fosse benefica e che funzionasse come un preciso rimedio.
Si aprirono sanatori, a volte simili ad eleganti e lussuosi alberghi, nei quali i pazienti-turisti passavano periodi piuttosto lunghi, tra cure e distrazioni. Questi stabilimenti accoglievano una clientela piuttosto agiata, proveniente dai ceti nobili o alto borghesi dei paesi di tutta Europa e a volte anche da altri continenti.
Il sanatorio internazionale Berghof, a Davos in Svizzera, è la scena di questo romanzo di Thomas Mann. Lo scrittore prende spunto da una vicenda personale: nel 1911, aveva accompagnato la moglie malata durante il suo soggiorno in un centro analogo della cittadina svizzera. Cominciò un anno dopo, e la continuò fino al 1923, la scrittura del libro.
“La montagna incantata” narra le vicende di Hans Castorp, giovane amburghese che arriva a Davos per rendere visita al cugino Joachim, ospite in cura. Entrambi sono alla soglia della vita attiva, Hans per intraprendere una carriera di ingegnere navale, Joachim per quella militare.
Il viaggio di Hans, dalla sua città natale alle montagne svizzere è stato lungo, attraverso le pianure della Germania e poi, sul lago di Costanza “Si passa per differenti contrade, a monte e a valle dell’altipiano della Germania meridionale, fino alle rive del mare svevo, e in battello, oltre il balzo delle sue onde, al di là degli abissi in passato considerati insondabili.”
Un viaggio che porta il giovane Hans da una realtà quotidiana conosciuta, accettata e prevedibile, ad un’altra, nuova, fino ad allora sconosciuta e inimmaginabile.
Ha previsto di passare tre settimane del mese di agosto lassù in vacanza; unendo l’utile al dilettevole: salutare il cugino e riposarsi. Una pausa per entrambi, prima di affrontare il mondo del lavoro ma soprattutto un momento di sospensione prima del passaggio all’età adulta.
Due giornate di viaggio allontanano l’uomo – e ancor più il giovane che non ha messo che poche radici nell’esistenza – dal suo universo quotidiano, da tutto quello che considerava come i suoi doveri, i suoi interessi, le sue preoccupazioni, le sue speranze; lo allontanarono infinitamente più di quello che aveva potuto immaginare nella carrozza che lo conduceva alla stazione. Lo spazio che, vorticoso e fuggitivo si interpone tra lui e il suo luogo di origine, sviluppa delle forze che crediamo di solito riservate alla durata. Di ora in ora, lo spazio determina delle trasformazioni interiori, molto simili a quelle che provoca la durata ma che, in qualche modo, le superano.”
Hans entra in un universo ignoto e inesplorato in cui regna una particolare atmosfera, un universo ammaliante che a poco a poco lo avvolge e lo coinvolge. L’”ospite”, semplice turista, scopre di essere anch’egli malato; con una serie di eventi che assomigliano al cerimoniale di accoglimento in una confraternita, è accettato tra i seguaci. Le tre settimane si trasformano in mesi (l’unità di misura del tempo nel sanatorio Berghof), poi in anni, sette anni, fino allo scoppio della Prima guerra mondiale che sconvolge l’equilibrio dell’Europa ma anche di questa microsocietà.
“La montagna incantata” è un testo che, con ampie digressioni, scandaglia i grandi temi del tempo, che interroga sul senso dell’esistenza attraverso un’analisi psicologica e sociologica dei caratteri e delle azioni di personaggi sorprendenti.
Tra tutti spicca Lodovico Settembrini, umanista e letterato, discepolo di Giosuè Carducci, del Carducci repubblicano e anticlericale dell’”Inno a Satana”. Settembrini non è altri che il nipote del celebre patriota carbonaro Giuseppe Settembrini, personaggio essenziale nella storia del Risorgimento italiano. Lodovico Settembrini diventa un maestro spirituale per il giovane Hans, una figura di pedagogo che, per qualche tempo, riempie un vuoto anche affettivo nella sua psicologia: “Vorreste permettermi in futuro di esservi un po’ di soccorso in queste esperienze e di esercitare su di voi un’esperienza regolatrice se per caso il pericolo di qualche funesto partito preso vi minacciasse?” Memorabili sono le tenzoni oratorie tra Settembrini e l’originale gesuita Léon Naphta, misterioso e ambiguo personaggio. In animate discussioni i due contendenti affrontano - esprimendo pareri opposti - temi filosofici ed etici tendenti a definire un’ideale società umana. L’illuminista di fronte al teista dibatte sotto lo sguardo attento del giovane Hans e, in un primo tempo, sotto quello più perplesso e meno ricettivo del cugino Joachim, prima che quest’ultimo decida di lasciare la montagna. Un confronto intellettuale che avrà un tragico epilogo.
Il tempo passa al sanatorio Berghof, velocemente volano i mesi e le stagioni, gli ospiti partono perché guariti, a volte “disertano” (come appunto il cugino Joachim), rinunciando a battersi contro la malattia, a volte tornano, a volte scompaiono, - perché la morte è un tabù e deve restare nascosta agli altri pazienti -. Parte par il Daghestan, suo paese natale, anche madame Chauchat, l’enigmatica donna “dagli occhi di lupo della steppa” che ha saputo conquistare il cuore di Hans e con la quale, in una serata di carnevale, egli ha “dialogato” lungamente “in lingua straniera”.
Molte altre sono le storie raccontate ne “La montagna incantata”, un libro che ad ogni rilettura propone nuovi aspetti, dettagli che erano sfuggiti, passaggi che sembravano secondari e che ci appaiono sotto una nuova luce.  È un libro che, un po’ come il mondo del “Sanatorio Berghof”, coinvolge il lettore e lo ammalia nel suo universo.