La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



domenica 3 giugno 2012

Abbazia di Sassovivo: la lecceta

Dall'abbazia di Sassovivo, risalendo per qualche centinaio di metri lungo la strada asfaltata, si arriva ad un'altra, più modesta, costruzione a forma di loggia. 
È la cripta del beato Alano un venerato monaco che visse quassù morendovi nel 1313. È proprio dove oggi si trova la cripta che la prima comunità benedettina aveva deciso di installarsi. La scelta sembrò però infelice (il terreno era poco stabile) e fu così che i monaci optarono per il luogo, più roccioso, un po' più a valle dove l'abbazia si trova tuttora.
Subito dopo, la strada fa un'ampia curva a destra ed è qui che la si abbandona e ci si inoltra, a sinistra, nel bosco seguendo la mulattiera che risale le pendici del monte.
La lecceta di Sassovivo copre un territorio assai ampio, tra il monte Serrone, su cui ci troviamo e il monte Aguzzo. Tra i due è il Fosso Renaro, una profonda valletta anch'essa coperta dagli alberi.
È un bosco secolare, probabilmente quello che resta, con quello di Monteluco sopra Spoleto e quello dell'eremo delle carceri del Subasio di una ben più ampia foresta che doveva coprire la dorsale della valle Umbra. 
Le comunità monastiche si sono spesso installate in luoghi già carichi di richiami religiosi, come lo erano le leccete per i popoli italici ed è forse questa sacralità che ha, almeno in parte, preservato i boschi.
La salita è ombreggiata e fresca, abbastanza ripida tra gli alberi e gli arbusti di corbezzolo che rendono il bosco impenetrabile al di fuori del sentiero. Poi, più in alto, gli alberi diventano più radi.
Nel silenzio del mattino ascoltiamo gli uccelli che salutano la bella giornata.
Arriviamo ad un belvedere che si apre sulla valle del fiume Menotre l'affluente del Topino che ci separa dal monte di Pale. 
La mulattiera si trasforma in sentiero e poi si perde in una bella radura. Bisogna attraversarla, continuando a salire un po' verso destra, senza lasciarsi ingannare dalla via, ben più visibile che scende verso la valle. 
Il sentiero ricomincia nel bosco e la passeggiata continua, tra fiori e erbe. Arrivati nel punto più alto dell'escursione il panorama spazia verso i monti Sibillini ancora innevati alla fine di aprile. 
Scavalcato un ultimo passo, la via comincia a scendere verso l'abitato di Casale che appare da lontano. Intanto il sentiero e ridiventato mulattiera e poi carrareccia. 
Arriviamo nel paesino, tranquillo e silenzioso; solo un gatto ci saluta sulla piazzetta.
Uscendo da Casale si vede, a destra, la strada percorsa che scende dal monte Serrone.
Da Casale si riscende verso Sassovivo, lungo il fosso Renaro, lasciando il monte Serrone sempre sulla destra.

2 commenti:

  1. Splendido percorso in un bosco bellissimo è un vero invito al cammino.Complimenti per le foto.

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  2. Cari camminatori,
    parlate dei Monti Sibillini... Conoscete il racconto da Antoine de la Sale? Avete cercato il antro della Sibilla? Mi piacerrebe molto leggere la vostra versione giacchè mi par che si puo fidarsi di voi...
    A presto, e grazie per le passeggiate.
    Enzo Pocascienza.

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