La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



domenica 19 maggio 2019

Tiziano Terzani, Un indovino mi disse.

Dopo aver guardato nel mio passato, l'indovino parlò dei miei rapporti con i cinque elementi della natura: il fuoco, l'acqua, il legno, il metallo, la terra. “Tu ami il legno”, disse. È vero: appena posso mi circondo di oggetti di legno; fra tutte le essenze preferisco quella del legno di sandalo. “Sei felice se abiti non lontano dall'acqua.” È vero: a Singapore e a Hong Kong siamo sempre vissuti con la vista sul mare; in Italia, dalla casa di campagna, a Orsigna, si sente il fragore del torrente. Poi disse quella frase che avrebbe determinato la mia vita di un anno. “Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell'anno non volare. Non volare mai.” Poi, come una consolazione, aggiunse: “Se sopravvivi a un incidente aereo, vivrai fino all'età di ottantaquattro anni”.*
Vediamo nelle fotografie che lo ritraggono, come l’Asia ha cambiato Tiziano Terzani anche fisicamente, al di là del naturale e logico invecchiamento, trasformando la figura di un giovane e intraprendente giornalista in quella di un saggio, quasi un guru di quell’India che aveva amato e in cui aveva trascorso una parte importante della sua vita. L'aspetto fisico non è che la parte visibile di un'evoluzione intellettuale, diremmo quasi spirituale. Conoscere l'oriente ha portato Tiziano Terzani ad impregnarsi di quelle culture, tra loro diverse ma tutte ugualmente ricche e profonde, che permettono di relativizzare l'apparente predominanza della civiltà occidentale.
Nato in una modestissima famiglia, - fu solo l'insistenza di un professore delle medie a convincere i genitori di fargli proseguire gli studi - egli racconta che i suoi genitori dovettero comprargli a rate i pantaloni lunghi necessari per frequentare il ginnasio. Terzani era diventato giornalista per vocazione, una profonda vocazione che maturò col tempo; aveva rinunciato a un tranquillo e sicuro impiego alla Banca Toscana, suscitando così la perplessità dei genitori, per un ipotetico e incerto futuro che non si era ancora concretizzato. Fu grazie ad una borsa di studio che poté andare negli Stati Uniti dove, in California, studiò il cinese e dove, a New York, fece un breve ma significativo stage al New York Times. Finì poi per accettare un posto all'Olivetti di Ivrea dove ebbe la possibilità di viaggiare in tutta l'Europa, e poi, per la prima volta, in Asia. Tornato in Italia cominciò una carriera di giornalista ma sempre con il desiderio di diventare corrispondente in Asia. Fu in Germania al settimanale Der Spiegel che trovò una risposta positiva e uno sbocco alla sua passione.
Singapore, Hong Kong, la Cina, da dove sarà poi espulso, pagando così una libertà d’espressione che non poteva essere tollerata, la Thailandia, l’India, furono i suoi paesi di residenza ma anche d’adozione. Racconterà anche il Laos, il Vietnam, dove assisterà alla fuga degli americani e alla nascita della Repubblica Popolare.
Di tutti questi paesi osserverà con interesse ma anche con diffidenza, il passaggio dal mondo tradizionale e delle civiltà arcaiche, alla modernità; analizzerà i tentativi, a volte fallimentari, a volte catastrofici (come nella Cambogia dei Khmer rossi) di costruire un progresso fondato su società alternative a quelle occidentali, sarà testimone disilluso e amareggiato dell’affermazione di quella società consumistica fatta di omologazione e di infimo livellamento culturale.
Fu a Hong Kong che, nel 1976, consultando quasi per scherzo un indovino, quest'ultimo gli spiegò che, nel 1993 avrebbe rischiato di morire se avesse volato. Una profezia che Terzani prese con sufficienza ma che riemerse dai ricordi alla fine del 1992. Un po' per gioco – ma chissà fino a quanto – decise che non avrebbe preso l'aereo durante l'anno “pericoloso” e ne informò i responsabili del suo giornale che acconsentirono, con qualche comprensibile reticenza all'esigenza.
Questo libro è dunque la cronaca di quell'anno passato a percorrere via terra, soprattutto in treno, ma anche, difficilmente, via mare, migliaia di chilometri attraverso l'Asia, riscoprendo o scoprendone aspetti particolari e luoghi sconosciuti, osservando il mondo orientale più da vicino e sicuramente più nei dettagli di quanto si possa fare spostandosi in aereo.
Le navi sono uno dei più vecchi, più classici e più piacevoli modi di muoversi per il mondo. Purtroppo anche un modo che sta rapidamente scomparendo: un altro di quei piaceri che, per necessità di essere moderni, ci stiamo negando. Le navi esistono ancora; tutte hanno ancora delle cabine per passeggeri, ma le regole della burocrazia e delle assicurazioni le hanno rese inaccessibili.*
Memorabile fu poi il viaggio in treno, Bangkok – Firenze, intrapreso per l'annuale ritorno a casa, attraverso la Cambogia, il Vietnam, la Cina, la Mongolia, la Siberia: Adoro questo mescolarmi a una folla, questo diventare un viaggiatore qualsiasi, libero dal proprio ruolo, dall'immagine che uno ha di sé e che è a volte una gabbia stretta come quella del corpo; sicuro di non imbattermi con qualcuno con cui dover fare conversazione, libero di mandare al diavolo il primo che ci prova.*
Tiziano Terzani è stato giornalista ma soprattutto un eccezionale narratore, capace di coinvolgere il lettore nelle sue storie, pervase di autoironia ma soprattutto ricche di lucide analisi dell'animo umano e delle società in cui esso si esprime. Leggendole oggi ci rendiamo conto di quanto le sue premonizioni sull'evoluzione del mondo fossero spesso esatte e pertinenti.
*Tiziano Terzani, Un indovino mi disse Tea

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