La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



martedì 13 settembre 2022

Beaujolais, Francia

Per molti la parola Beaujolais evoca immediatamente un vino novello che, a partire dalla mezzanotte del terzo venerdì di novembre, viene versato a fiumi nei calici del mondo intero. Con grandi campagne pubblicitarie, il vinello, spesso di infima qualità, (e di cui si vanta spesso un famigerato gusto di banana) imperversa nei bar francesi ma è richiestissimo anche agli antipodi, dal Giappone all’Australia ed è sicuramente responsabile di epiche emicranie.

In effetti però, il territorio che dà il nome alla bevanda (siamo a nord ovest di Lione), produce anche vino di ottima qualità. Alle due denominazioni più generiche: Beaujolais e Beaujolais-village, meno quotate ma a volte altrettanto gustose, si aggiungono dieci crus che hanno la particolarità di non riportare sull’etichetta la denominazione “Beaujolais” appunto. Sono differenti secondo le zone, più fruttati o più robusti, secondo la composizione del suolo: Brouilly, Côte-de-Brouilly, Chénas, Chiroubles, Fleurie, Juliénas, Moulint à vent, Morgon, Régnié, Saint-Amour.

Siamo quindi tra le vigne di questo territorio che deve il suo nome a Beaujeu, oggi un paese di circa 2000 abitanti ma che fu in passato la capitale di una baronia del regno di Francia. Una regione storica che si affaccia sulla riva destra della Saona e che amministrativamente è compresa quasi interamente nel dipartimento del Rodano. Allontanandosi dal fiume, la regione è prevalentemente collinare e si è soliti suddividerla in due zone differenti: il Beaujolais “rosso”, dove si produce il vino e che è quindi coltivato a vigne, e il Beaujolais “verde”, un po’ più in alto, coperto di pascoli e di boschi.

Vauxrenard et un piccolo comune rurale, non supera i trecento abitanti. Il nucleo abitato è adagiato sul fianco di una collina che forma un anfiteatro affacciato sulla valle sottostante dove scorre un piccolo ruscello La Mauvaise (la cattiva), pare infatti che in caso di forti piogge possa diventare strabordante e pericoloso. Il borgo è raggruppato attorno alla sua chiesa il cui campanile fa brillare al sole le sue tegole colorate. Il paesino sembra deserto, non ci sono negozi e nelle vie gli incontri sono molto rari.

La casa del viticultore che ci accoglie si trova sul fondo della valle, vicino al ruscello. Il nostro ospite, appassionato dalla sua attività, ci fa visitare le vigne (produce Fleurie e Julienas) e che ci spiega il suo lavoro. Sono piante sorprendentemente piccole, non più alte di quaranta centimetri, ognuna non produce che pochi grappoli che, almeno nelle parcelle più vecchie, devono essere raccolti a mano.

Facciamo una lunga passeggiata tra vigne e boschetti. Le stradine sono asfaltate ma incontriamo solo due automobili. Solo il canto degli uccelli e lo scrosciare dell’acqua del ruscello rompono il silenzio.

 


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