La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



sabato 19 febbraio 2011

Albert Camus: Il primo uomo

La marca francese Facel Vega voleva competere, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con le più lussuose automobili inglesi: Bentley, Jaguar, Rolls Royce. Fu su una di queste macchine, finita contro un platano di Borgogna sulla strada verso Parigi il quattro gennaio del 1960, che morirono Michel Gallimard, nipote dell'editore Gaston, e Albert Camus che, solo tre anni prima, aveva ricevuto il premio Nobel per la letteratura.
Camus, con in tasca il biglietto del treno per la capitale, aveva deciso all'ultimo momento di fare il viaggio con l'amico Michel.
Lo scrittore Jean Rouaud farà notare più tardi che la Facel Vega pur essendo un'auto dai mille difetti aveva però una qualità essenziale: non prendeva mai fuoco. Fu quindi grazie a questa particolarità che si poté estrarre dai rottami contorti dell'auto la borsa con il manoscritto del romanzo a cui Camus stava lavorando. Il libro sarà pubblicato molti anni dopo, nel 1994, prima in Francia e poi in molti altri Paesi con il titolo Il primo uomo.
Anche se il narratore si chiama Jacques Cormery, (in effetti il cognome è quello della nonna paterna dell'autore) si tratta di un testo profondamente autobiografico, certamente il più personale tra gli scritti di Camus. Il manoscritto non era ancora che una bozza redatta a mano e sarà sua figlia Catherine a dattilografarlo, con fatica, tanto che alcune parole sono rimaste indecifrate.
Nonostante questo però, il romanzo non è solo una curiosità letteraria. I capitoli, anche se disuniti lasciano intuire facilmente quale sarebbe stato il risultato finale di quella che doveva essere, nelle intenzioni dello scrittore, la prima parte di una trilogia. Ed è forse proprio la mancanza delle « rifiniture » a dare allo scritto un carattere più grande di immediatezza e quindi di spontanea sincerità.
Camus ritraccia i momenti essenziali della propria vita: ripercorre il viaggio sulle tracce del padre, mai conosciuto perchè morto durante la prima guerra mondiale quando egli aveva solo un anno; descrive la vita di miseria con la madre e la nonna, gli anni della scuola, con un omaggio al suo maestro elementare grazie al quale poté continuare gli studi; parla con affetto dell'Algeria, paese dell'infanzia, al quale resterà sempre legato.
Impegnato nella Resistenza e poi nel dibattito intellettuale del secondo dopoguerra, sia come giornalista che come autore di saggi e di opere teatrali, Camus è una figura importantissima, certamente essenziale nel mondo intellettuale del XX secolo. Non si definiva filosofo, piuttosto artista perché diceva penso piuttosto secondo le parole che non secondo le idee. Eppure i suoi scritti, per il loro spessore, costruiscono concetti nuovi e disegnano una visione dell'Uomo profonda e sentita. E ciò non solo nei saggi ma anche nei romanzi dovevano essere, secondo lui, filosofia in immagini.
I rapporti con Sartre, suo contemporaneo e figura di prua tra i filosofi francesi, furono in un primo tempo di amicizia ma divennero ben presto conflittuali. Per Camus l'impegno politico per la libertà e per l'emancipazione umana non poteva chiudere gli occhi di fronte alla repressione stalinista e non esitò quindi a condannare il regime quando cominciarono ad apparire le prime informazioni sui gulag. Per Sartre, compagno di strada dei comunisti, questo fu quasi un tradimento e da allora divenne molto critico nei suoi confronti. L'uscita de L'uomo in rivolta nel 1951, attaccato dai comunisti e dagli intellettuali vicini a Sartre (Merleau Ponty, Breton), poi la pubblicazione di un articolo estremamente duro sulla rivista Les temps modernes aggravarono definitivamente i rapporti già conflittuali tra i due.
Era un'idea differente se non opposta dell'impegno politico a separare i due uomini e questa diversa concezione teorica sconfinava nel campo filosofico. Da un lato la lucidità razionale di Sartre che fondava sul materialismo marxista l'analisi della società, un'analisi senza scarti, né tentennamenti, nemmeno di fronte all'evidente carattere autocratico del regime sovietico; dall'altra l'uomo in rivolta, (Io mi rivolto, quindi noi siamo diceva Camus), che non accetta compromessi a scapito della libertà, nemmeno nel nome dell'emancipazione sociale, che non voleva chiudere gli occhi di fronte alle derive staliniste e che, non a caso, sarà vicino al movimento anarchico libertario.
Ma non erano solo le idee ad opporli. I due intellettuali appartenevano a mondi lontanissimi l'uno dall'altro. Sartre di origine borghese, frequenta scuole prestigiose, arriva primo all'agrégation, concorso per professori di filosofia, assume ben presto lo statuto di filosofo ufficiale, teorico dell'Esistenzialismo, riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Camus è figlio di una madre poverissima che mantiene la famiglia facendo pulizie e lavando i panni degli altri. Una madre analfabeta a cui Camus dedicherà il suo ultimo libro: a te che non potrai mai leggerlo, ancora più isolata dal mondo a causa di una forte sordità. Dopo la morte del marito vivrà una vita di fatica e di stenti. Nella famiglia di Camus è la nonna a prendere il comando. Con severità, non esitando ad educarlo a suon di botte, gestendo le spese con una parsimonia che poteva sembrare avarizia ma che invece era solo la conseguenza di una grande indigenza.
È un universo in cui la cultura è un mondo estraneo, altre sono le preoccupazioni quotidiane. Albert Camus, finite le elementari dovrebbe cominciare a lavorare per aiutare la famiglia, ed è solo grazie al maestro Louis Germain, che per molti versi avrà per lui un ruolo di padre, e che riuscirà a convincere la nonna, che il ragazzo potrà, grazie a una borsa, continuare gli studi.
Il primo uomo è il racconto profondo e toccante e di questa storia. Per chi vuole conoscere Camus è senz'altro il libro più importante. La narrazione affianca una lucidità estrema ad una delicata sensibilità personale. Come ad esempio nel racconto di quel giorno, alla fine dell'anno scolastico, della consegna dei premi agli alunni più studiosi. Per la madre e la nonna era l'unico momento di contatto con un mondo, quello della scuola, a loro estraneo. La loro partecipazione alla cerimonia era fatta di orgoglio ma soprattutto di apprensione. Arrivavano con molto anticipo:
come fanno sempre i poveri che hanno pochi obblighi sociali e pochi piaceri, e che hanno paura di non essere precisi. Coloro che non sono favoriti dal destino non riescono a non credersene in qualche modo responsabili e sentono che non bisogna aggiungere a questa generale colpevolezza altre piccole mancanze...
Un libro coinvolgente, che non può lasciare indifferenti e che, a lettura finita, non si ha voglia di abbandonare.

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