La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



sabato 19 novembre 2011

Francisco Coloane

Spazi immensi e desolati, ghiaccio e sangue, tempeste e montagne, isole spazzate dal vento, uomini che lottano per sopravvivere. I paesaggi di Francisco Coloane, uno dei più grandi scrittori sudamericani del Novecento, non nascono dalla fantasia prolifica di un romanziere ma sono il racconto della sua storia. Narrazione geniale, capace di dare vita ad immagini grandiose, di dipingere affreschi nei quali inabissarsi e perdersi.
Nato nel 1910 a Quemchi, nell'isola di Chiloé nel sud del Cile, Coloane ha attraversato tutto il XX secolo (è morto nel 2002), raccontando nei suoi scritti lo scontro tra la modernità, i valori di un'economia che e solo legge del profitto e che per esso non rinuncia a nulla, e un mondo arcaico destinato ad essere sconfitto. Mondo arcaico che ricorda spesso il far west, in cui, nella lotta per la sopravvivenza, la violenza non è assente, ma nel quale anche l'incontro e la solidarietà emergono e si affermano ancora.
Figlio del capitano della prima baleniera cilena, Coloane comincia a viaggiare a quindici anni quando, rimasto orfano, trova lavoro come mozzo e poi come operaio nelle immense aziende agricole della pampa.
I suoi testi attingono profondamente alle sue esperienze personali, ai numerosissimi viaggi nel sud del continente, in Patagonia, verso la Terra del Fuoco e l'Antartide, ma anche nelle Galapagos e in Cina.
Ė ben presto famoso in Sudamerica, mentre in Italia, dopo una prima, confidenziale, pubblicazione (Terra d'oblio, Edizioni del Lavoro 1987) sarà un suo compatriota, Luis Sepulveda a farlo conoscere nella collana da lui diretta per l'editore Guanda (Terra del Fuoco, 1996). Ammirato da Chatwin, il suo nome è da inserire sicuramente nella lista degli Herman Melville, Joseph Conrad, Jack London.
Coloane scrive testi brevi ma è romanziere, perchè le raccolte di racconti che egli pubblica finiscono per costruire un mosaico i cui tasselli, coerentemente legati, ne costituiscono un'opera unica e sorprendente.
Descrive gli ultimi indigeni della Terra del Fuoco, sterminati o scacciati sempre più lontano dal progresso, e verso i quali lo scrittore sente solidarietà più che compassione; la solidarietà di chi vive sulla stessa terra e respira lo stesso vento. Contabbandieri, cacciatori senza scrupoli, marinai imbarcati su relitti arrugginiti, i personaggi di Coloane sono sempre degli sconfitti, respinti ed emarginati da un mondo moderno che va troppo in fretta. Coloane però cerca in loro, e ne ritrova, l'umanità perduta, il senso di un'esistenza che ad un primo sguardo sembrerebbe incomprensibile.
La natura ha un ruolo ambivalente: è dura e spietata nelle condizioni estreme del sud del mondo, un'asprezza in cui l'uomo sembra quasi scomparire, minuscolo dettaglio in territori infiniti. Ma questi paesaggi di solitudine, spazi immensi e selvaggi, montagne e ghiacciai, isole popolate solo di uccelli sono di una bellezza anch'essa estrema, affascinante e ammaliante.
Terra e mare si affrontano qui dalla notte dei tempi. Le alte muraglie della Cordigliera delle Ande si sono sbriciolate sul filo dei secoli; le onde scatenate hanno scavato canali e fiordi, e non sono rimasti in piedi che infracassabili rocce, come quella del faro Evangelistas, un nero isolotto insolente le cui coste lisce l'innalzano a picco al di sopra delle acque.*
Francisco Coloane: Capo Horn Guanda edizioni

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