La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



mercoledì 4 luglio 2012

Da Tagliacozzo a Balsorano lungo la Val Roveto (1)

In questa parte della Marsica i monti Simbruini separano l'Abruzzo dal Lazio. Fino all'unità d'Italia era qui che passava la frontiera tra lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie. Ancora oggi è possibile trovare i cippi di confine in pietra con gli emblemi dei due Stati. Meno impervia delle altre catene montuose della regione, quella dei Simbruini è coperta di boschi, soprattutto faggete, interrotti da ampie radure destinate al pascolo. Sul versante nord orientale nasce il fiume Liri che lungo la valle Roveto scorre verso la Ciociaria. 
Da Tagliacozzo prendiamo la strada che si inerpica fino ai 1500 metri della frazione Marsia. L'aspetto dell'abitato non è certo dei più attraenti: un grande palazzone (albergo?) villette sparse molte costruzioni dal dubbio gusto o mai terminate; ovunque un senso di abbandono e di degrado.
Ci allontaniamo rapidamente dallo scempio per una bella passeggiata nei bei boschi circostanti. Ogni tanto, da un'apertura tra gli alti alberi, appare un brillante panorama sulla valle sottostante. I pianori sono piacevoli e soleggiati, spesso di un verde vivo e rigoglioso, ogni tanto qualche traccia di cinghiali che anche qui sembrano essere molto numerosi.
Torniamo verso Tagliacozzo e prendiamo la strada che porta a Petrella Liri, una frazione della vicina Cappadocia, non lontano dalle sorgenti del fiume. Un cartello indica l'ingresso per le grotte «di Beatrice Cenci» protagonista del truculento romanzo di Francesco Domenico Guerrazzi. In realtà il Guerrazzi, nella sua narrazione, si era sbagliato di paese. È a Petrella Salto, in provincia di Rieti che la vera Beatrice fu segregata dal padre... ma tant'è, si direbbe che la letteratura sia più reale della storia.
Continuiamo il nostro viaggio verso Caspistello. Quasi incastrato tra i Simbruini e la dorsale del Fucino il paese si presenta in un suggestivo panorama ricco di colori contrastanti tra il verde che lo circonda. 
È una valle assai stretta, ricca di acque e dalla vegetazione rigogliosa. Anche i borghi, quelli più vicini al fondovalle, sembrano piuttosto animati e vivi. Anche qui l'emigrazione è stata forte ma non come nelle zone più impervie della regione e non ha da desertificato i luoghi.
Ci fermiamo per comprare pane e formaggio in un negozietto sulla via. Un anziano (ma nemmeno troppo) signore presente nel locale si lancia in considerazioni filosofiche sui tempi andati quando si stava peggio... ma si stava meglio, il formaggio non si comprava a etti ma a grammi eccetera eccetera. Chissà, probabilmente in questi casi si rimpiange solo una giovinezza che più non è.
Dopo aver superato Civitella Roveto ci allontaniamo dal Liri per risalire la strada che porta a Civita d'Antino, adagiata su un pianoro, a quasi mille metri, sulle pendici del monte Alto. È uno dei rari borghi situati sul crinale sinistro della valle. Alla caduta dell'impero romano, quando le popolazioni anche qui si «arroccarono» per sfuggire alle incursioni barbariche, gli abitanti della valle scelsero piùttosto il versante destro, senz'altro perché più ricco di sorgenti. 

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