La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



martedì 10 luglio 2012

Da Tagliacozzo a Balsorano lungo la Val Roveto (2)

Civita d'Antino ebbe il suo momento di fama tra la fine del IXX e l'inizio del XX secolo. Nel 1877 Kristian Zahrtmann un pittore danese in viaggio in Italia, si innamorò di questi luoghi, facendone la sede di una scuola d'arte estiva che attirò altri artisti scandinavi e ispirò una stagione creativa molto ricca. Il terremoto del 1915 che distrusse la Marsica mise fine all'esperienza. Oggi una targa la ricorda all'ingresso del paese.
Da Civita torniamo al fondovalle e proseguiamo il nostro viaggio. Brevemente, perché ci fermiamo quasi subito nella riserva naturale di Zompo lo Schioppo. 
Siamo nel territorio del comune di Morino. Nella riserva naturale si può ammirare tra l'altro una suggestiva cascata che dà il nome al parco a che è considerata, con i suoi 80 metri, la più alta dell'Appennino centrale. 
Nella riserva, gestita da Legambiente è possibile fare belle e facili passeggiate. Ci dirigiamo verso la cascata attirati dal rumore. Il nome vuole in effetti fare riferimento al fragore dell'acqua che zompa dalla montagna e schioppa come una fucilata (almeno è questa la poetica spiegazione del toponimo) fenomeno che fu ammirato anche da Alexandre Dumas nel suo viaggio in Italia. Noi ci accontentiamo di osservarlo da lontano.
Arriviamo a Balsorano vecchio che è già quasi sera. Il paese, ricostruito poco lontano, fu distrutto dal terremoto del 1915, il più catastrofico (fece più di 32000 morti) tra i molti che continuano a colpire la regione.
Alcune case sono rimaste come allora, come in una tragica istantanea fotografica, quando, in qualche secondo la vita quotidiana degli abitanti fu interrotta, per molti definitivamente.
Nella sera, quando le ombre si allungano e un silenzio più profondo si installa, il senso di abbandono è più forte. 
La natura ha quasi riconquistato il luogo. A tratti i vecchi muri diroccati invasi da piante e erbe, assumono un aspetto naturale, come speroni rocciosi staccatisi dalla montagna. 
Un cane che abbaia lontano e una luce che si accende in una delle rare case ancora abitate sono i soli segni di vita.
Sul paese il castello Piccolomini incombe, massiccio.
Da questo lato corona lo sperone roccioso con la sua solida e imponente massa merlata. Le mura sembrano sorgere naturalmente dalla roccia sottostante che ora appare rossastra.
Il castello, oggi adibito ad albergo ristorante, si può visitare, attraversando il giardino rigoglioso e decadente che si trova sull'alto lato. Ma noi siamo arrivati troppo tardi, il cancello è ormai chiuso. Ci sediamo su un banco e mangiamo il formaggio immeritato: troppa grascia avrebbe detto l'amico incontrato qualche ora prima al momento dell'acquisto.
Poi prendiamo la via del ritorno.

1 commento:

  1. Bellissimo itinerario,ma non poteva essere altrimenti perchè l'Abruzzo è una regione stupenda.
    Buona giornata

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