La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



venerdì 14 settembre 2012

Montefalco


Arriviamo a Montefalco in una splendida giornata d'estate. La città si stende sul suo colle, ben visibile tra le valli di Tevere e Topino. Terrazza, balcone, o ringhiera dell'Umbria, gli epiteti omaggiano la bella posizione del borgo. Il panorama è suggestivo.
La leggenda fa risalire il nome della città alla presenza di Federico II di Svevia, appassionato di caccia e di falchi, che qui si fermò per qualche tempo.
Anche Herman Hesse rimase affascinato da questo borgo nel quale arrivò, nel suo divagare per l'Italia, quasi per caso nel 1907. Nell'inverno che si attarda il clima non è mite e il vento è gelido ma il luogo incanta il viaggiatore.
Pur essendo situata in posizione ardita e avendo l’aspetto di una rocca fiera e bellicosa, Montefalco è oggi uno dei luoghi più pacifici della Terra, un quieto centro di arte francescana. Sale attraverso l’antica porta una ripida stradina, stretta e buia e ovunque si volga lo sguardo, ovunque si passi, tutto è antico, medioevale, sassoso, freddo e duro. 
Minuscoli vicoli ritagliati fra alte case di pietra grezza, antiche torri, portali, castelli, chiese e mura. Sulla sommità fui accolto da un vento freddo e tagliente. Imbacuccato nel mio mantello, ebbi una visione bella e toccante: oltre un’antica muraglia il paesaggio umbro, verde e luminoso, rinchiuso entro una possente cerchia di alti monti ancora innevati.
Tra le ripide vie e le piazzette del borgo il tempo scorre tranquillo. Cantine e negozietti propongono il celebre vino che dal paese prende nome. I turisti, soprattutto stranieri, sono numerosi ma, sarà suggestione, sembra mancare la frenesia di altri luoghi più famosi.
Ogni tanto uno slargo o un muretto più basso apre il panorama da Assisi a Spoleto. Sulla sommità del colle è la piazza principale con i bei palazzi che la decorano.

Sulle mura della cittadina una lapide ricorda l'omaggio di Gabriele D'Annnunzio, sempre un po' enfatico. Il poeta canta Montefalco tra le città del silenzio.

Montefalco, Benozzo pinse a fresco
giovenilmente in te le belle mura,
ebro d'amor per ogni creatura
viva, fratello al Sol, come Francesco.

Dolce come sul poggio il melo e il pesco,
chiara come il Clitunno alla pianura,
di fiori e d'acqua era la sua pintura,
beata dal sorriso di Francesco.

E l'azzurro non désti anche al tuo biondo
Melanzio, e il verde? Verde d'arboscelli,
azzurro di colline, per gli altari;

sicché par che l'istesso ciel rischiari
la tua campagna e nel tuo cor profondo
l'anima che t'ornarono i pennelli.

È all'interno della chiesa dedicata a San Francesco, oggi trasformata in museo, che si possono vedere gli affreschi di Benozzo Gozzoli.

Continuando il nostro divagare, a circa un chilometro dal borgo, arriviamo al convento di San Fortunato. Immerso in un bel bosco.
 Da qui la cittadina sembra a corona del suo colle.

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