Sergio Scacchia cerca, tra i boschi e le pietre dei monti della Laga e del Gran Sasso un nouvo senso alla sua esistenza. In un lungo trekking, con l'amico Massimiliano Fiorito parte alla scoperta delle Alte terre della regione, decidendo, in un momento chiave della sua vita di mettere alla prova il suo fisico e soprattutto il suo spirito. Un intento legato alla fede quindi, ma non solo.
mercoledì 5 settembre 2012
Sergio Scacchia: Il mio Ararat
Ci sono mille ragioni per mettersi in cammino e mille motivi per divagare sulle montagne. Ognuno sceglie i propri e tutti sono ugualmente legittimi.
Sergio Scacchia cerca sui monti dell'Abruzzo, in un dialogo con il sacro, una risposta ai suoi interrogativi ontologici. È un'impresa rispettabile anche se potrà essere condivisa solo da coloro che desiderano imbarcarsi su quell'Arca approdata sull'Ararat (in Armeno il nome della montagna su cui la tradizione fa approdare l'imbarcazione di Noé significa Creazione di Dio).
Sergio Scacchia cerca, tra i boschi e le pietre dei monti della Laga e del Gran Sasso un nouvo senso alla sua esistenza. In un lungo trekking, con l'amico Massimiliano Fiorito parte alla scoperta delle Alte terre della regione, decidendo, in un momento chiave della sua vita di mettere alla prova il suo fisico e soprattutto il suo spirito. Un intento legato alla fede quindi, ma non solo.
Sergio Scacchia cerca, tra i boschi e le pietre dei monti della Laga e del Gran Sasso un nouvo senso alla sua esistenza. In un lungo trekking, con l'amico Massimiliano Fiorito parte alla scoperta delle Alte terre della regione, decidendo, in un momento chiave della sua vita di mettere alla prova il suo fisico e soprattutto il suo spirito. Un intento legato alla fede quindi, ma non solo.
L'escursione alla scoperta di luoghi perduti è anche il tentativo di ritrovare e di fare conoscere un universo che sta scomparendo: Un itinerario tra paesi e vette alla ricerca di quello che eravamo e di quello che saremo. Perché le tradizioni delle nostre valli, i capolavori di pietra della catena del Gran Sasso, le foreste infinite della Laga, la natura selvatica, sono un concentrato di bellezza che il tempo cerca di cancellare.
È un mondo ancora abitato da uomini e donne sempre meno numerosi ma che non vogliono abbandonare paesini ormai quasi deserti, dove la vita non è facile e dove la bella natura diventa ostile nella lunga stagione invernale.
Da Piano a Vomano a Crognaleto, da Nerito a Pietracamela, verso Santo Stefano di Sessanio e il versante aquilano del massiccio roccioso, per poi tornare verso Castelli e le colline del teramano, Sergio Scacchia e Massimiliano Fiorito abbracciano, in un lungo circuito, la grande montagna che da sempre è magnifico sfondo alla scena di questi paesaggi.
Nel mio viaggio assieme all'amico Massimo – dice Sergio Scacchia – nei posti più nascosti dell'Abruzzo, ho visto spesso gente vivere aggrappata alle sue pietre, persa a volte tra prati sterminati, rubando la sopravvivenza agli umori di Madre Natura. Ho visto i loro volti continuare a tradire l'assoluta devozione, comune e spontanea, alla magia della pietra e del legno. Se provaste a mangiare il loro povero pane di segale e grano saraceno messo a seccare in madie di legno corrose dal tempo, sentireste il sapore di un mondo in bilico tra antica coscienza e ricordi sbiaditi.
Il libro di Sergio Scacchia non è quindi una guida (anche se include un'appendice con alcuni percorsi proposti da Massimiliano Fiorito) ma il diaro di un viaggio e soprattutto degli incontri ricchi di umanità, fatti lungo il cammino. C'è il pastore ancora nomade, contento di avere qualcuno con cui parlare e che snocciola aneddoti e antiche storie, c'è Marino, incontrato sul monte San Franco, esperto del culto dell'acqua miracolosa di quelle grotte, Giuseppe il novantenne che lavorava come arrotino in giro per l'Italia e che tornava d'estate per dare una mano al raccolto, c'è l'uomo dalle rughe che sorridono che non ha mai lasciato il suo borgo, e c'è anche il pastore macedone, arrivato quassù per fare un lavoro che nessuno più vuole.
Sono storie di vita raccontate senza troppo angelismo, a volte con qualche luogo comune, ma certo sempre con sincerità e rispetto. Gente testimone di un passato che si aggrappa e resiste ancora, chissà fino a quando, in questi borghi solitari, dimenticati dal progresso e dalla modernità.
Sergio Scacchia Il mio Ararat La Cassandra edizioni (Pineto TE 2011)
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