Fu
sul colle oggi
detto appunto della battaglia che
l'esercito romano, condotto dal console Bruto Sceva, sconfisse i
Vestini. Erano le terre di Aufinum, l'attuale Ofena. (Gli archeologi
hanno rinvenuto i resti di un insediamento con tre cinte murarie e lo
hanno chiamato per questo Città delle tre corone).
Poi questo borgo fortificato venne abbandonato.
La
Storia racconta che, a poche centinaia di metri, mille anni dopo, alla fine del X
secolo gli abitanti di Marcianisci, un villaggio formatosi nei pressi
della chiesa di San Marco, nell'omonima piana, decisero di
abbandonare le loro case per rifugiarsi in luoghi più sicuri. Troppo
frequenti erano le scorrerie dei barbari si dice. In un primo tempo
si spostarono di poco, sulle pendici di un altro modesto colle lì
vicino. Pensavano forse, che la posizione fosse più facile da
proteggere. Ma la precauzione non fu più sufficiente nel secolo
successivo e anche queste abitazioni furono abbandonate. Gli abitanti
si allontanarono. Alcuni salirono sul monte dove poi sarà
costruita la rocca di Calascio, altri risalirono le pendici sul lato
nord della valle, dove costruirono un borgo fortificato, il Ricetto, primo
nucleo del paese di Castel del Monte.
Se
questo racconto è vero, o almeno verosimile, nessuno sa però perchè
quegli antichi abitanti decisero di separarsi. Chissà come avvenne
questa prima, anche se breve, migrazione? Parenti, amici, vicini?
Perché ci fu chi salì su un colle e chi su un altro? Seppur non
enorme, la distanza tra i due gruppi era notevole. Perché lasciare
così, senza motivo, la gente con cui si era vissuto fino ad allora.
Quale disaccordo li spinse a dividersi?
Nel
silenzio della sera il paese appare deserto. La luce dei lampioni
illumina di un tono caldo il selciato e i muri di pietra.
Il vento fa
cigolare un'imposta che, ad una raffica un po' più forte sbatte con
un colpo secco. Un gatto sguscia rapidamente dalla porta vuota di una
casa abbandonata e si perde tra le stradine.
Più che durante il
giorno, gli scorci sembrano appartenere ad un tempo indefinito; le
ombre cancellano i dettagli della modernità; riportano il borgo al
momento della sua costruzione, quando, pietra su pietra, a partire
dalla sommità del colle, si costruì questo groviglio di abitazioni,
una addossata all'altra, con intrichi di viuzze e passaggi ad arco, a
copiare il declivio del monte.
Solo la voce di televisore acceso, per
un attimo, ci riporta nel presente, con il suo dialogo incongruo,
caratteristico nella sua inetta banalità.
Nella
parte più bassa del paese la facciata della chiesa, più chiara, è
una larga vela su un lato della piazzetta. Al centro di quest'ultima,
come un monumento, sta un pozzo in pietra.
Su uno dei lati della
piazza, un muretto fa da balcone sulla valle. La valle di San Marco è
nel buio.Le luci di un paese lontano luccicano come ad intermittenza.
Sotto le mura, in basso, il boschetto freme nel vento e si colora a
tratti in macchie più chiare.
Siamo
in estate ma l'aria e fresca e qualcuno ha acceso un camino.
Un odore
di fumo e di resina si infila sotto l'arcata dello sporto e
si mescola a quelli della legna accatastata al riparo e dell'umidità
del muro.
Percorriamo
le lunghe scalinate che hanno visto passare secoli e generazioni di
montanari. Ad uno slargo, il personaggio del monumento all'emigrante
con la sua valigia in bronzo è ancora pronto a partire.
Foto bellissime. L’atmosfera dei paesetti di montagna mi lascia sempre senza parole. Qualcuno sostiene siano tutti uguali. A me sembrano tutti diversi eppure tutti un po’ magici. C’è quell’indefinita sospensione tra presente e passato che finisce con lo spaesarti. Sensazioni che tu hai descritto meravigliosamente.
RispondiEliminaBella passeggiata e belle immagini, questi luoghi o li ami oppure...
RispondiEliminaciao.