Ad accompagnare Dante Aloisi erano due relatori che hanno sottolineato l'uno, Giancarlo Giustizieri, l'interesse stilistico della raccolta, l'altro, Claudio Amicantonio, le implicazioni filosofiche della visione del mondo del poeta.
Gli interventi degli specialisti sono stati inframezzati dalla suggestiva lettura di alcune delle liriche fatta da due attori in un tono più che convincente, accompagnati da un gruppo corale che, assieme ai tuoni cupi di un temporale (che però si è limitato alla minaccia), ha dato all'avvenimento un fascino tutto particolare.
Dante Aloisi ha solo venticinque anni, giovane è stato detto, ma se il “mestiere di poeta” richiede studio e ricerca, non è detto che occorra attendere un'età canonica per esprimere cose nuove e farlo con pertinenza; dopotutto Rimbaud -senza voler fare confronti intempestivi- non aveva che 17 anni quando scrisse gli ultimi suoi versi.
Nei testi di Dante Aloisi traspare un universo che molto ha in comune con il pessimismo leopardiano. Il mondo che ci circonda funziona e si struttura su falsi valori: materialismo, consumismo, necessità di prevalicare gli altri per affermarsi; un continuo e inutile affannarsi dell'Uomo verso una sorte che è già scritta e che è uguale per tutti: Si ascoltano voli/che non hanno meta,/si lanciano voci/che neanche il vento porta./In fondo ognuno/ha freddo,/ma nessuno se ne cura;/non più di quel male/che il dolore si dà dentro.
Rispetto alla visione leopardiana, la Natura non ha però sempre quel ruolo di matrigna che il poeta recanatese le ha tante volte attribuito. Essa è fortemente presente nelle liriche di Aloisi. A volte dura e impietosa: il cafone più in là/dà tremende zappate,/ed il sole lo cuoce/e di lui non si cura ma altrove confortante e serena: La soffusa dolcezza/di una notte silente,/tra febbrili luccichii/su un manto di pece,/si ode la pace/di Terra dormente.
Dante Aloisi è legato a Castel del Monte, alle sue montagne e alla sua gente. I paesaggi e i volti che animano le sue poesie non sono astratti frutti dell'immaginario ma sono quelli concreti di queste valli e di questi colli. E spesso lo spunto autobiografico emerge con sensibilità e affetto come nei versi di Saluto a Giovanni: In memoria di un grand'uomo/che alle lacrime/preferisce sorriso e sudore.
Montagne brulle e rocciose, estati assolate ed inverni fatti di nebbie e bufere. Un mondo difficile e austero nel quale La Natura mostra/all'uomo irrispettoso/ch'ivi giacque nella bella stagione,/l'odore lento e silenzioso/della morte sovrana.
Numerosi i richiami a Leopardi, come nell'esplicito Infinito: L'ingenua varietà mutevole/di una madre verde,/nei viaggi e nei tempi,/si dipinge, si macchia,/si dona meraviglie;/tra immobili picchi/declivi ardui scoscesi,/sprofonda di pensieri,/nei rivi disseta,/e plana sui pini/distende tra faggi,/riposa sull'erbe speranze. Un omaggio a Leopardi quindi ma anche un richiamo a un certo universo panico dannunziano, quello per esempio della Pioggia nel pineto.
È nel divagare tra le pietre di queste montagne, nei silenzi invernali fatti di rari incontri che Dante Aloisi trova la sua ispirazione. Non lupo solitario però; cosciente del mondo circostante, impegnato nella comunità (è consigliere comunale ma non solo) il giovane poeta ha scelto una strada difficile e che può apparire velleitaria ma che in fondo svela una fiducia nella natura umana e una volontà di resistenza al presente che va lodata: Qualcuno scrive/per lasciare un ricordo./Qualcuno scrive per ottenere gloria dal suo pensare./Qualcuno scrive/per trovare conforto/negli occhi di chi leggerà./ Io scrivo/per insegnare alle persone/la bellezza dell'uomo,/la migliore creatura di un creato mai creato,/e la sua tragica caducità,/in un eterno inafferrabile.
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