Douglas
William Freshfield è uno di quei pionieri che, avventurandosi sulle
pendici del Gran Sasso d'Italia, hanno fatto della montagna, al di là
delle sue dimensioni, un luogo epico e memorabile e ciò nonostante
una certa delusione manifestata per una vetta, quella del Corno
Grande che, secondo lui, non meritava troppe attenzioni.
Fu
nel 1878 che l'alpinista e viaggiatore inglese pubblicò su “The
Alpine Journal”, la rivista del Club alpino inglese, il resoconto
della sua personale scoperta della montagna abruzzese; ed è grazie
alla sezione di Isola del Gran Sasso del CAI che oggi possiamo
leggere il resoconto, pubblicato nel 2005, di quell'avventura.
Freshfield
ebbe la fortuna, grazie alle agiatezze del padre, avvocato e uomo
d'affari, di poter scoprire, ancora bambino, le Alpi svizzere,
appassionandosi così alla montagna e all'alpinismo. A poco a poco
allargò i suoi orizzonti con escursioni veramente innumerevoli sulle
Alpi italiane; citiamo tra esse almeno l'Adamello, il giro del
Monte Rosa, del Monte Bianco poi un'ascensione di quest'ultimo. Ne
trasse poi un libro: The Italian Alps pubblicato nel 1875 che
è, a detta dei critici, un'opera originalissima per lo sguardo
dell'autore, ricca di spunti estremamente poetici e coinvolgenti.
L'inglese viaggiò ancora più lontano, nel medio oriente e sul
Caucaso e nel 1893 diventò presidente dell'Alpine club a
cui aveva aderito fin dal 1864.
Fu
proprio nel 1875 che Douglas
William Freshfield visitò
l'Abruzzo e volle salire sul Gran Sasso.
L'unità
italiana era cosa recentissima, il brigantaggio faceva ancora paura e
non erano numerosi i viaggiatori, soprattutto stranieri, ad
addentrarsi nelle selvagge
contrade abruzzesi. Nei suoi
scritti gli Appennini non hanno niente da invidiare alle Alpi e
il viaggiatore lo esprime in passaggi ricchi di quella poesia a cui
abbiamo accennato in precedenza:
Gli Appennini non sono le Alpi ma il loro scenario ha
caratteristiche e bellezze proprie. Le spaziose valli offrono i più
romantici paesaggi e sulle colline querceti e vigneti a terrazza si
succedono interrotti qua e la dalle grigie mura e torri di una città
medievale o dal biancore di qualche villa semi abbandonata, che
splende tra gli oscuri pinnacoli dei cipressi oranti, raccolti
intorno al suo antico splendore. Sotto il cielo ardente nel punto in
cui esso dispiega il suo ampio arco verso il lontano orizzonte, le
montagne si ergono catena dopo catena ambrate o purpuree a seconda se
spoglie o coperte di alberi con un cerchio di luce dorata lasciato
dall'inverno sulle ampie fronde.
Arrivato
a L'Aquila salì da quel versante verso il Corno Grande e restò
deluso da un paesaggio che secondo lui assomigliava troppo agli
altipiani dell'Asia. La misera prominenza a forma di tenda
situata sopra la principale catena indicata come il G.Sasso non è
l'Ararat. In realtà la più alta vetta dell'Appennino vista
da questo lato è una modesta cosa; ma non disperai.
Freshfield
decise
dunque
di spostarsi sull'altro versante, approfittando
della nuova linea ferroviaria inaugurata qualche giorno prima. Fu un
viaggio che durò un'intera e
lunga giornata e che lo portò
via Sulmona e
Pescara fino a
Giulia Nova, da dove
una carrozza, in tre ore, lo condusse
a Teramo.
Freshfield
non aveva idee precise sul
luogo di partenza per la sua escursione; da Tossicia non sapeva se
dirigersi verso Pietracamela, Isola del Gran Sasso o cercare una
pensione più vicina alla montagna.
Fu poi a Casale San Nicola che
incontrò il parroco Don
Matteo D'Arcangelo, generoso
e bonario personaggio che accolse e ospitò
Freshfield e
i suoi accompagnatori,
unendosi poi a loro
per un tratto il giorno seguente.
Salito
sulla vetta, il suo giudizio sul monte cambia in
parte: Il G. Sasso
è una vera montagna, sia che la si osservi dall'alto che dal
basso.[...]L'Italia centrale si stendeva sotto di noi; grandi onde
rotolanti di terra rossiccia punteggiate sulla superficie da neve
spumosa, si schizzavano di verde nelle cavità dove potevamo vedere
il bacino di Sulmona e la valle del Garigliano. Gli occhi spaziavano
sugli Appennini, dalla Maiella ai monti della Sibilla.
Ma
solo in parte: Io non consiglio a nessuno che consideri una
passeggiata in montagna un inutile spreco di energie, di scalare la
più alta vetta degli Appennini. Coloro comunque che considerano un
panorama come uno dei piaceri del giorno, vedranno una scena
singolare con un proprio elemento selvaggio così inatteso nel sud.
Ma,
al di là di queste considerazioni che attenuano leggermente
l'entusiasmo di Freshfield, resta una narrazione di un alto valore
letterario. Il viaggiatore inglese è un relatore gradevole e
avvincente, ottimo scrittore in assoluto.
Ho finalmente trovato un pò di tempo per leggermi, gustandomelo tutto, il tuo splendido post.
RispondiEliminaLe Alpi e gli Appennini sono tra le più grandi meraviglie della nostra Italia.
Non conoscevo, ma forse è ovvio visto la mia ignoranza in materia, questo scrittore inglese (se non erro), da come mi hai fatto capire ha spiegato egregiamente e con un tocco di delicata poesia, ciò che ha visto nelle sue escursioni.
Sei stato molto bravo a farmi comprendere tutto ciò, scrivi e descrivi molto bene di qualsiasi argomento ed inoltre si capisce che ami quel che fai.
Grazie, ti leggo molto volentieri, a presto.