La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



mercoledì 2 ottobre 2013

Douglas William Freshfield: Il Gran Sasso d'Italia

Douglas William Freshfield è uno di quei pionieri che, avventurandosi sulle pendici del Gran Sasso d'Italia, hanno fatto della montagna, al di là delle sue dimensioni, un luogo epico e memorabile e ciò nonostante una certa delusione manifestata per una vetta, quella del Corno Grande che, secondo lui, non meritava troppe attenzioni.
Fu nel 1878 che l'alpinista e viaggiatore inglese pubblicò su “The Alpine Journal”, la rivista del Club alpino inglese, il resoconto della sua personale scoperta della montagna abruzzese; ed è grazie alla sezione di Isola del Gran Sasso del CAI che oggi possiamo leggere il resoconto, pubblicato nel 2005, di quell'avventura.
Freshfield ebbe la fortuna, grazie alle agiatezze del padre, avvocato e uomo d'affari, di poter scoprire, ancora bambino, le Alpi svizzere, appassionandosi così alla montagna e all'alpinismo. A poco a poco allargò i suoi orizzonti con escursioni veramente innumerevoli sulle Alpi italiane; citiamo tra esse almeno l'Adamello, il giro del Monte Rosa, del Monte Bianco poi un'ascensione di quest'ultimo. Ne trasse poi un libro: The Italian Alps pubblicato nel 1875 che è, a detta dei critici, un'opera originalissima per lo sguardo dell'autore, ricca di spunti estremamente poetici e coinvolgenti. L'inglese viaggiò ancora più lontano, nel medio oriente e sul Caucaso e nel 1893 diventò presidente dell'Alpine club a cui aveva aderito fin dal 1864.
Fu proprio nel 1875 che Douglas William Freshfield visitò l'Abruzzo e volle salire sul Gran Sasso.
L'unità italiana era cosa recentissima, il brigantaggio faceva ancora paura e non erano numerosi i viaggiatori, soprattutto stranieri, ad addentrarsi nelle selvagge contrade abruzzesi. Nei suoi scritti gli Appennini non hanno niente da invidiare alle Alpi e il viaggiatore lo esprime in passaggi ricchi di quella poesia a cui abbiamo accennato in precedenza: Gli Appennini non sono le Alpi ma il loro scenario ha caratteristiche e bellezze proprie. Le spaziose valli offrono i più romantici paesaggi e sulle colline querceti e vigneti a terrazza si succedono interrotti qua e la dalle grigie mura e torri di una città medievale o dal biancore di qualche villa semi abbandonata, che splende tra gli oscuri pinnacoli dei cipressi oranti, raccolti intorno al suo antico splendore. Sotto il cielo ardente nel punto in cui esso dispiega il suo ampio arco verso il lontano orizzonte, le montagne si ergono catena dopo catena ambrate o purpuree a seconda se spoglie o coperte di alberi con un cerchio di luce dorata lasciato dall'inverno sulle ampie fronde.
Arrivato a L'Aquila salì da quel versante verso il Corno Grande e restò deluso da un paesaggio che secondo lui assomigliava troppo agli altipiani dell'Asia. La misera prominenza a forma di tenda situata sopra la principale catena indicata come il G.Sasso non è l'Ararat. In realtà la più alta vetta dell'Appennino vista da questo lato è una modesta cosa; ma non disperai.
Freshfield decise dunque di spostarsi sull'altro versante, approfittando della nuova linea ferroviaria inaugurata qualche giorno prima. Fu un viaggio che durò un'intera e lunga giornata e che lo portò via Sulmona e Pescara fino a Giulia Nova, da dove una carrozza, in tre ore, lo condusse a Teramo.
Freshfield non aveva idee precise sul luogo di partenza per la sua escursione; da Tossicia non sapeva se dirigersi verso Pietracamela, Isola del Gran Sasso o cercare una pensione più vicina alla montagna.
Fu poi a Casale San Nicola che incontrò il parroco Don Matteo D'Arcangelo, generoso e bonario personaggio che accolse e ospitò Freshfield e i suoi accompagnatori, unendosi poi a loro per un tratto il giorno seguente.
Salito sulla vetta, il suo giudizio sul monte cambia in parte: Il G. Sasso è una vera montagna, sia che la si osservi dall'alto che dal basso.[...]L'Italia centrale si stendeva sotto di noi; grandi onde rotolanti di terra rossiccia punteggiate sulla superficie da neve spumosa, si schizzavano di verde nelle cavità dove potevamo vedere il bacino di Sulmona e la valle del Garigliano. Gli occhi spaziavano sugli Appennini, dalla Maiella ai monti della Sibilla.
Ma solo in parte: Io non consiglio a nessuno che consideri una passeggiata in montagna un inutile spreco di energie, di scalare la più alta vetta degli Appennini. Coloro comunque che considerano un panorama come uno dei piaceri del giorno, vedranno una scena singolare con un proprio elemento selvaggio così inatteso nel sud.
Ma, al di là di queste considerazioni che attenuano leggermente l'entusiasmo di Freshfield, resta una narrazione di un alto valore letterario. Il viaggiatore inglese è un relatore gradevole e avvincente, ottimo scrittore in assoluto.

1 commento:

  1. Ho finalmente trovato un pò di tempo per leggermi, gustandomelo tutto, il tuo splendido post.
    Le Alpi e gli Appennini sono tra le più grandi meraviglie della nostra Italia.
    Non conoscevo, ma forse è ovvio visto la mia ignoranza in materia, questo scrittore inglese (se non erro), da come mi hai fatto capire ha spiegato egregiamente e con un tocco di delicata poesia, ciò che ha visto nelle sue escursioni.
    Sei stato molto bravo a farmi comprendere tutto ciò, scrivi e descrivi molto bene di qualsiasi argomento ed inoltre si capisce che ami quel che fai.
    Grazie, ti leggo molto volentieri, a presto.

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