venerdì 13 dicembre 2013
Antonio Gramsci
Bisogna
disabituarsi e smettere di concepire la
cultura come sapere enciclopedico, in cui l'uomo
non è visto se non sotto forma
di recipiente da empire e stivare di dati
empirici; di fatti bruti e sconnessi
che egli poi dovrà casellare nel suo cervello come
nelle colonne di un
dizionario per poter poi in ogni occasione
rispondere ai vari stimoli del mondo
esterno. Questa forma di cultura è veramente
dannosa specialmente per il
proletariato. Serve solo a creare degli spostati,
della gente che crede di
essere superiore al resto dell'umanità perché ha
ammassato nella memoria una
certa quantità di dati e di date, che snocciola ad
ogni occasione per farne
quasi una barriera fra sé e gli altri. Serve a
creare quel certo
intellettualismo bolso e incolore, cosí bene
fustigato a sangue da Romain
Rolland, che ha partorito tutta una caterva di
presuntuosi e di vaneggiatori,
più deleteri per la vita sociale di quanto siano i
microbi della tubercolosi o
della sifilide per la bellezza e la sanità fisica
dei corpi. Lo studentucolo
che sa un po' di latino e di storia, l’avvocatuzzo
che è riuscito a strappare
uno straccetto di laurea alla svogliatezza e al
lasciar passare dei professori
crederanno di essere diversi e superiori anche al
miglior operaio specializzato
che adempie nella vita ad un compito ben preciso e
indispensabile e che nella
sua attività vale cento volte di più di quanto gli
altri valgano nella loro. Ma
questa non è cultura, è pedanteria, non è
intelligenza, ma intelletto, e contro
di essa ben a ragione si reagisce. La cultura è
una cosa ben diversa. È
organizzazione, disciplina del proprio io
interiore, è presa di possesso della
propria personalità, è conquista di coscienza
superiore, per la quale si riesce
a comprendere il proprio valore storico, la
propria funzione nella vita, i
propri diritti e i propri doveri. Antonio Gramsci
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grande !
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