La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



sabato 9 settembre 2017

Peltuinum

Possiamo visitare musei ed esposizioni per ammirare reperti archeologici e opere d'arte ma osservare le vestigia del passato nel loro ambiente naturale ha certo un fascino maggiore. È proprio il legame con la natura che immaginiamo (anche se spesso a torto) la stessa, immutata, frequentata dagli uomini del passato, a sublimare anche piccoli resti, testimonianze di un mondo scomparso ma che attraverso il paesaggio è ancora vivente.
È il caso di Peltuinum, - anche se qui le vestigia sono di una certa importanza - antica città situata su un pianoro più elevato di un centinaio di metri sull'altipano di Navelli.
Siamo nella valle dell’Aterno. Qui vivevano i Vestini, antico popolo italico (forse proveniente dal nord ma l’origine resta incerta e discussa) che occupava una larga parte dell’attuale Abruzzo, sui due versanti del Gran Sasso. Sconfitti e integrati alla Repubblica romana nel IV secolo avanti Cristo conservarono però per un periodo piuttosto lungo una certa autonomia.
Tra gli insediamenti più importanti nell’attuale provincia aquilana erano la città di Aufinum, tra Ofena e Capestrano, Aveia, vicino a Fossa, Prifernum, nel territorio di Assergi e appunto Peltuinum, vicino a Prata d’Ansidonia.
Poco si sa dell’antica Peltuinum vestina della quale non restano tracce. La città fu però ricostruita dai romani tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo. Era un centro di una certa importanza, situato lungo la via Claudia nova – corrispondente in gran parte all'attuale statale 17 - sul tracciato del Tratturo Magno. Ed il controllo della transumanza fu senza dubbio una delle ragioni che spinsero l'amministrazione romana a ricostruire qui un nuovo insediamento.
Ma nel V secolo un terremoto colpì la città ed essa, che tra l'altro era poco difendibile dalle scorrerie dei popoli barbari, cominciò ad essere abbandonata dai suoi abitanti.
Il sito divenne per i secoli successivi una sorta di riserva di materiali edili, decorazioni, colonne, che furono prelevati per altre costruzioni.
Oggi restano i ruderi delle mura esterne, quelle di un tempio e di un teatro e alcune cisterne.

Arriviamo a Peltuinum alla fine del pomeriggio. Qualche visitatore si aggira tra le mura in mattoni. Incontriamo un gruppetto di ciclisti che è partito da L'Aquila e che si propone di seguire il tracciato del Tratturo Magno fino a Foggia.
Il luogo è molto suggestivo, circondato da campi coltivati e con sullo sfondo le montagne, il Gran Sasso la Maiella e il Sirente.
Su una collina è Castel Camporeschi, un piccolo borgo fortificato mentre più lontano sul suo colle spicca la Rocca di Calascio a guardia della vallata e del tratturo.
Regnano il silenzio e la tranquillità. Ci sediamo sotto un piccolo gazebo e aspettiamo il tramonto.
Il sole colora di rosso il paesaggio e si perde dietro le montagne mentre noi sorseggiamo la bottiglia di Montepulciano che qualcuno ha avuto la buona idea di portare.



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