La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



martedì 11 giugno 2019

Volterra, tra etruschi, letterati e anarchici.

Volterra è la più settentrionale delle grandi città etrusche del Tirreno. È situata a una cinquantina di chilometri nell'entroterra su una scogliera rocciosa esposta ai quattro venti, con una vista sterminata sul mare dall'alto della valle del Cecina: a sud sopra altopiani e vallate fino alle vette dell'Elba, a nord sulle vicinissime montagne di Carrara, e verso l'interno, oltre le larghe colline dei pre-appennini, fin nel cuore della Toscana.
A Cecina si cambia treno e risaliamo lentamente i tornanti della valle del fiume che porta lo stesso nome, una valle verdeggiante, romantica e dimenticata nonostante tutto l'andirivieni degli antichi etruschi e dei romani, dei volterrani medievali, dei pisani e di tutti i traffici moderni. Tuttavia ora non c'è moltissimo passaggio. Volterra è una specie di isola nell'entroterra, tuttavia stranamente romita e torva.*
Fu ne 1927 che lo scrittore inglese David Herbert Lawrence arrivò a Volterra. In un pomeriggio grigio con folate di vento che venivano da ogni scuro crocevia della stretta e dura città medievale. Il clima non favorisce certo una prima impressione positiva e i festeggiamenti per l'insediamento del nuovo podestà a cui Lawrence assiste al suo arrivo non contribuiscono a migliorare il suo stato d'animo.vedi qui
Tra i colli della Toscana, a metà strada tra Livorno e Siena ma in realtà in provincia di Pisa, eccoci anche noi nella città di Volterra. Sì, città, perché malgrado i suoi 11000 abitanti che teoricamente definiscono piuttosto un grosso paese, Volterra può, dal 2013, prevalersi di questo titolo, dovuto, dice la notifica della prefettura di Pisa, a una comunità che ha saputo realizzare condizioni di benessere sociale ed economico con il proprio operoso lavoro, frutto anche del patrimonio di conoscenze, acquisito nei secoli, che ne fa, tra l’altro, la città dell’alabastro.
Al di là dell’aulica retorica, sempre un po’ ampollosa, con questo epiteto Volterra si riallaccia a tempi lontani, al VI secolo a.C., quando l’antica Velathri era effettivamente una delle dodici città della confederazione etrusca.
Ma una visita a questa affascinante località comincia ben prima dell’arrivo nel paese. La strada che si snoda tra le colline è certamente una delle più piacevoli e attraenti della Toscana. Paesaggi dolci e armoniosi invitano a una sosta, lasciano vagare lo spirito, appagano l’animo.



Oggi la città si presenta sotto l’aspetto di un borgo medievale, ben conservato e placidamente sonnolento nel primo pomeriggio.

Tra le vestigia della potente città etrusca spicca la porta dell’Arco che malgrado i rifacimenti successivi mostra ancora prepotentemente l’imponenza della struttura originaria.
Le vie della cittadina sembrano aver conservato un’atmosfera tranquilla e quasi flemmatica. Gli alti palazzi lasciano nell'ombra la passeggiata pomeridiana ma qua e là si aprono luminosi panorami sulla campagna sottostante mentre, in alto, imponente e minacciosa la rocca domina l’abitato. È il Maschio, adibito ancor’oggi a prigione.
Nel passato il movimento anarchico, molto vivace in questa regione, ne aveva fatto il simbolo della repressione politica, cantandolo anche in una celebre canzone del repertorio popolare e che racconta la vicenda
dell’anarchico Cesare Batacchi, condannato per omicidio e riconosciuto innocente dopo vent’anni di reclusione.
E me ne stavo mesto a lavorare
rinchiuso là ni’ maschio di Volterra
e un secondin mi viene a salutare
e nella sua la mia destra mi serra.
E mi disse:” Allegro, grazia la fanno a te,
tutti i giornali parlano, combattono per te “.
La grazia l’accetterò se me la danno, coi miei diritti di buon cittadino:
io son rinchiuso qui da ventun anno, non vo’ mori’ co i’ marchio d’assassino.
Se gli innocenti li voglion qui serrar, e i nostri patimenti
chi li compenserà?
Non si può però passare a Volterra senza visitare il museo Guarnacci. E lo facciamo anche noi, sulle tracce di Lawrence:
Veramente è un museo pieno di attrattive e piacevole da visitare ma eravamo capitati in una mattina di aprile tanto gelida da farmi sentire vicino alla tomba più di quanto non mi sia mai sentito in vita mia. Eppure quasi subito, nelle sale piene di centinaia di piccoli sarcofagi, cinerari o urne, come vengono chiamati, l'energia della vita antica cominciò a riscaldarci.*
In effetti le urne sono innumerevoli. Classificate secondo il soggetto del bassorilievo. Alcune dalla fattura molto semplice, altre veri capolavori d'arte e di raffinatezza.
Arriviamo infine all'opera che è senza dubbio il simbolo di questo museo e probabilmente dell'intera arte etrusca: l'Ombra della sera. Una scultura sorprendente e affascinante la cui modernità imprevista e singolare ci invita a riflettere e a relativizzare l'idea di progresso dello spirito umano.


* D.H.Lawrence Paesi etruschi Nuova immagine editrice 1985

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