La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



lunedì 21 dicembre 2015

Provenza : Le Rocher des Aurès

Credo che non potrei avec cura della mia salute fisica e intellettuale se non passassi almeno quattro ore al giorno – e spesso di più – a passeggiare nei boschi, per colline e per campi, completamente libero da ogni contingenza materiale. Si può dire con certezza che si tratta di pensieri da un soldo o da un milione. Quando penso che gli artigiani e i commercianti rimangono nelle loro botteghe non solo tutta la mattina, ma anche tutto il pomeriggio, seduti a gambe incrociate, – come se le gambe fossero fatte per sedersi, e non per alzarsi e camminare - , penso che molti tra loro abbiano del merito a non essersi suicidati da un pezzo.
Io che non posso restare nella mia camera un sol giorno senza arrugginire, quando mi capita di mettermi in cammino all'undicesima ora della mia giornata alle quattro del pomeriggio, ora troppo tardiva per riscattare la giornata, quando le ombre della notte comminciano già a confondersi con la luce del giorno – ho il sentimento di aver commesso qualche peccato, peccato che bisogna espiare, io confesso di essere sorpreso dalla capacità e dalla resitenza – senza parlare dell'insensibilità morale dei miei vicini che si rinchiudono tutto il giorno nelle loro botteghe e nei loro uffici per settimane e mesi che sommati fanno anni. Ignoro di che stoffa siano fatti per restare seduti a quest'ora, alle tre del pomeriggio, come se fossero le tre del mattino.
H.D.Thoreau: Del camminare

Les rocher des Aurès è uno sperone triangolare culminante a 771 metri che si eleva ai piedi del massiccio della Lance nelle prealpi francesi della Drôme. La punta indica l'est e il suo innalzamento ha lasciato due falesie di calcare, nel loro punto d'incontro, quasi cinquanta metri.

Le bianche mura di pietra rendono da questo lato l'accesso impraticabile.
Già nell'Età del bronzo, tra il 3000 e il 2000 a.c., forse proprio per questa particolarità, il sito era apprezzato come rifugio ideale per una piazzaforte considerata inespugnabile. Furono forse i celti a dare il nome di Aeria all'oppido costruito du questa montagna.
Quando l'aria è tersa si vede la valle del Rodano a una trentina di chilometri di distanza, il monte Ventoso e il lontanissimo massiccio delle Cevenne, a più di 120 chilometri.
Nella regione il vento soffia spesso con forza ma in questo punto preciso la montagna della Lance fa da barriera e addolcisce le temperature permettendo una vegetazione rigogliosa.
Attualmente il Rocher des Aures si situa in una zona relativamente isolata e selvaggia ma nell'antichità passavano da qui importanti vie di comunicazione come quella che collegava la colonia fenicia di Massalia (l'odierna Marsiglia) alle città della valle del Rodano.
Molte esplorazioni, di archeologi professionisti o dilettanti, hanno percorso questo sito alla ricerca dei resti dell'oppido di Aeria che Strabone cita nel suo trattato di geografia ma, forse anche a causa della difficile accessibilità del luogo, senza risultati spettacolari.
Partiamo dal paesino di La Roche-Saint-Secret.
Nel fresco del mattino la bruma avvolge ancora il fondovalle e dalle sponde del fiume Lez si allarga verso i campi circostanti.
Ma rapidamente il sole supera le creste delle montagne e scendendo fino al fiume dirada la nebbiolina e ravviva i colori delle foglie di vigna ormai quasi pronte a cadere.
Sembra che il borgo di La Roche Saint Secrèt debba il suo nome proprio al Rocher des Aures che si trova sul suo territorio.
La strada che attraversa il villaggio è quella che collega Dieulefit, capoluogo del cantone a Valréas, nella cosiddetta “enclave dei papi” appartenente amministrativamente al dipartimento vicino del Vaucluse, quello di Avignone, sede papale appunto.
Il monte più alto è il Garaux e “culmina” a 1338.
Risalendo la stradina che porta verso un'antica cappella, passiamo davanti al castello di La Roche. Oggi è una casa privata, solo i torrioni angolari ricordano le antiche funzioni.
Nel prato vicino un cane ci accoglie facendoci le feste. È un border collie che probabilmente ha fiutato la possibilità di una passeggiata fuori programma e che ci seguirà per tutta la durata della gita.
La stradina si trasforma rapidamente in sentiero e si avvicina alla falesia calcarea tra pini, arbusti e castagni.
Arrivati ai piedi del picco roccioso lo aggiriamo, tagliando le pendici della Lance e scendendo gradualmente verso una valletta sottostante.
Una sola costruzione isolata, le gîte de Flontargias, una tipica cascina in pietra trasformata in agriturismo, interrompe l'aspetto un po' selvaggio del luogo.
Da qui il sentiero comincia a risalire a zig zag verso la cresta del monte Lance.
Il nostro amico cane ci precede e ogni tanto si ferma per aspettarci. Se tardiamo troppo torna indietro e rifà la strada con noi. In effetti la passeggiata descritta nella guida non è proprio di tutto riposo.
Dopo la discesa risaliamo dai 400 metri dell'agriturismo fino ai 1200 del passo, non lontani dalla cima della Lance.

Quassù il bosco si fa meno fitto poi lascia spazio ad ampi pascoli dove troviamo una piccola mandria di mucche limousine reputate per la loro rusticità.
Il nostro amico cane conosce la strada meglio di noi e a ogni bivio ci aspetta per vedere se prendiamo la direzione giusta.
Il poveretto deve cominciare ad avere fame e sete; noi non avevamo previsto un giro così lungo e non abbiamo niente da offrirgli.
Concluso il giro sulla montagna ritroviamo, sotto il Rocher la via percorsa la mattina. Il cane sembra sempre più impaziente di ritrovare la sua casa e soprattutto la sua pietanza.
Ci aspetta ancora ma ogni volta si allontana un po' di più e quando si volta sembra invitarci ad affrettare il passo.
In vista della casa riconosce i suoi padroni e ci lascia definitivamente accolto dai rimproveri della “castellana” che lo ha cercato tutto il giorno.

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