La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



sabato 2 giugno 2018

Hermann Hesse, Dall'Italia

Scrisse Montaigne […] che viaggiare in terra straniera serve a fregare il nostro cervello e a limarlo contro quello degli altri; per Descartes, viceversa, secondo quel che si apprende nel Discours sur la méthode il fine è di poter conversare con gli uomini dei secoli andati. Ecco già delineati così, nella cultura dell'Occidente, due modi di intendere il viaggio abbastanza dissimili, ancorché complementari: di chi cerca nel confronto con gli umori e il sangue caldo dei contemporanei una verifica di sé e della propria identità; e di chi insegue piuttosto delle pietre fra cui si aggira, le risonanze e testimonianze superstiti delle epoche sepolte. Insomma , di chi privilegia la società vivente e di chi si compiace del pellegrinaggio e del colloquio con le reliquie.
Gesualdo Bufalino, La luce e il lutto 1996


Tra i viaggiatori che si sono confrontati a questa questione essenziale è certamente Hermann Hesse.
E per i lettori italiani, la pubblicazione nel 1990 dell'antologia Dall'Italia (l'ultima edizione è del 2013) è stato un nuovo tassello, importante, nella traduzione della ricca bibliografia dello scrittore tedesco ma anche uno strumento essenziale – e gradevole – per approfondire questa tematica.
Il volume raccoglie praticamente tutti i testi che hanno come tema - o anche solo come sfondo – l'Italia: diari di viaggio, lettere, poesie, prose brevi, racconti. Il tutto è preceduto da un'interessante e approfondita prefazione di Eva Banchelli, competente e attenta conoscitrice dell'opera dello scrittore tedesco.
Gli scritti raccolti nell'antologia vanno dai primi anni del XX secolo agli anni Sessanta ma sono per la più parte scritti giovanili e ci mostrano gli elementi della formazione culturale di Hermann Hesse e anche la sua progressiva emancipazione da un'educazione religiosa severa e rigorista.
Come lo ricorda Eva Banchelli, l'opera dello scrittore è legata e si nutre del suo interesse per l'oriente (basti pensare a Siddhartha o a Pellegrinaggio in oriente). È un mondo più mitico che reale; una nostalgia verso il sud del mondo, lo sguardo verso un universo che per lui rappresentava in qualche sorta un antidoto a quello severo e razionale delle società del nord. Ma nell'immaginario di Hermann Hesse un altro mondo esotico è da associare a quello lontano dell'India: quello dell'Italia, vista come culla della cultura ma anche come luogo, in una visione senz'altro romantica del passato, più vicino alla natura, alla sobrietà di una vita non corrotta dalla modernità, ad una ingenua ma sincera spiritualità.
Sovente entro per alcuni istanti nella stanza da letto dove è appesa alla parete la grande carta geografica dell'Italia, e con occhio avido sfioro il Po e l'Appennino, attraverso verdi vallate toscane, mi spingo dentro le insenature sabbiose della Riviera, celesti e gialle, lancio anche un'occhiata giù, verso la Sicilia, e finisco così per smarrirmi nei dintorni di Corfù e della Grecia. Buon Dio! Come sono vicine tra loro queste terre! E come si fa in fretta a essere ovunque! Fischiettando rientro nel mio studio, leggo libri superflui, scrivo superflui articoli e penso superflui pensieri.
Come Diceva Nicolas Bouvier: Crediamo di fare un viaggio ma ben presto è il viaggio che ci fa o ci disfa. Questo vale senz'altro anche per Hermann Hesse. I suoi diari di viaggio del 1901 e del 1903 descrivono, giorno dopo giorno, il suo desiderio di impregnarsi dell'atmosfera delle città visitate: Firenze, Pisa, Venezia, Genova, Bologna, Bergamo, ma soprattutto la sete, quasi frenetica, con visite ripetute e prolungate nei musei e nelle chiese, di ammirare e assimilare le opere d'arte studiate in passato sui libri. Ma vediamo poi che egli comincia ad interessarsi alle persone, non solo alle figure femminili spesso ammirate e descritte come incarnazioni di quadri celebri, ma anche alla gente comune, con cui cerca il contatto e il dialogo. Come quando, a Montefalco in Umbria, al termine di una giornata particolarmente uggiosa, cerca la compagnia della famiglia del locandiere, con la quale passa la serata: Poco dopo lasciai il cupo salone, troppo grande e immerso in un silenzio inquietante, e presi ad aggirarmi per la casa in cerca di calore. Trovai allora nella piccola cucina sul retro, l'oste, la moglie e il suo decrepito genitore comodamente accovacciati davanti al fuoco sfavillante dell'immenso focolare. Le fiamme guizzavano allegre e luccicanti e il loro fumo azzurrognolo si disperdeva nell'enorme voragine della cappa. Mi sedetti con loro su uno dei bassi sgabelli impagliati ad assaporare il piacevole calore e la luce tremolante delle fiamme che, giocando sulle pareti, destava un teatro d'ombre all'intorno e balenava qua e là sui recipienti di rame e di stagno.
Hermann Hesse si era recato a Montefalco sulle tracce dell'arte francescana. Perché il suo interesse per l'Italia non si ferma all'epoca rinascimentale e all'umanesimo; lo scrittore guarda più lontano, verso quel medioevo di spiritualità rappresentato con estrema energia e con vigore dalla figura di Francesco d'Assisi. Tra i testi dedicati al Poverello, epiteto che lo scrittore riprende considerandolo essenziale, troviamo due racconti e la recensione scritta nel 1905 per un'edizione in tedesco dei Fioretti “che, nonostante il loro contenuto religioso anticipando la letteratura novellistica italiana, rappresentano il monumento più bello e imperituro che un grande uomo abbia avuto nella letteratura del suo popolo. 
Hermann Hesse non vedeva in Francesco d'Assisi solamente l'artefice di una rivoluzione spirituale, per lui il Santo era anche l'iniziatore e il promotore, magari inconsapevole, di una trasformazione culturale. Lo hanno magnificato soprattutto gli artisti per i quali egli è stato fonte di liberazione e di risveglio.[…] Non sarebbe difficile dimostrare il vastissimo influsso esercitato da Francesco in molti campi dello spirito e della bellezza. Grazie a simili grandi uomini, la cui immagine e la cui memoria viene continuamente coltivata e arricchita con fervente amore da tutto un popolo, l'arte ha in ogni tempo ampliato nuovi orizzonti e ricevuto nuova linfa. 
Lo scrittore non va più lontano dell'Umbria. Per molti versi segue il percorso del Grand Tour effettuato nei secoli precedenti dai giovani aristocratici dell'Europa del nord, anche se Roma, meta privilegiata di quegli amanti del mondo classico, non sembra far parte delle sue priorità.
Certo non manca di far suo qualche stereotipo relativo al Bel Paese ma la sua passione è sincera e la sua conoscenza profonda. Hesse si trasferì a Montagnola, nel Canto Ticino a partire dal 1919 e là restò fino alla morte nel 1962. Per lui la valle del Ticino era già il sud, la porta di quel mondo che aveva tanto amato.

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