La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



sabato 15 gennaio 2011

Castel del monte

Poco a poco, questo sorprendente borgo di pietra, arroccato su un colle la cui roccia sembra fare tutt'uno con gli spigoli delle case, si è trasformato in museo. Gli abitanti, malgrado l'affetto e il loro stretto legame a quei sassi,  inesorabilmente hanno dovuto abbandonarlo, partendo, ormai da tempo, nel nord dell'Italia o all'estero per cercare di che vivere.
Il paese si rianima nei mesi estivi o durante le feste di fine anno e resta quasi deserto per il resto del tempo. 
Anche molti dei residenti vivono in realtà a valle o sulla costa e non tornano che per il fine settimana.

Solo qualche famiglia resiste, e qualche pensionato, ancora un anno, ancora un inverno, prima di decidersi per la casa di riposo, il ricovero, che accoglie ormai la maggior parte degli abitanti.
Le case si riempiono nel mese di agosto. Si riaprono porte si salutano i vicini con le frasi di rito: Quando sei tornato? Fino a quando resti?
 Ma anche in queste occasioni la vita collettiva degli abitanti si svolge ormai fuori dal centro storico, nel paese nuovo. Qualche manifestazione culturale occupa ancora, di tanto in tanto, nei mesi estivi, le vecchie stradine e le piazzette ma sono eccezioni. Mercato, negozi, bar, sono tutti nella parte più recente del borgo. E una nuova « zona artigianale » ha allontanato ancora un po' le botteghe.
Negli anni Sessanta hanno chiuso le porte i sartori che spesso più che fare vestiti nuovi rivoltavano i vecchi per clienti dalle magre risorse. Alcuni sono partiti in cerca di fortuna, chi in America chi in Francia, altri hanno terminato la loro carriera e sono andati in pensione senza trovare successori. Hanno chiuso anche i rari negozi per trasferirsi nella parte nuova.
Non passa più Maria la bannetóra, con la sua trombetta di ottone tutta ammaccata. Annunciava gli avvisi del comune ma pure l'arrivo del pescivendolo o dell'orefice di Bussi che teneva una permanenza periodica, ricercato in occasione di battesimi o sposalizi. Maria si fermava ai crocicchi, lanciava tre squilli e declamava nell'italiano più bello. Ma poi una testa spuntava ad una porta o ad una finestra: Mari' Que e ditte? 
E Maria imperturbabile ripeteva in dialetto l'annuncio.

I due ciabattini sono stati gli ultimi a resiste- re nei loro vecchi locali. C'era sempre una scarpa da risuolare o un tacco da sosti- tuire ma non certo sufficienti per un negozio più grande e più nuovo. Poi l'età si è fatta sentire anche per loro e l'antico villaggio ha perso le ultime botteghe.

Oggi due impavidi ristoratori hanno aperto i loro locali nel borgo. Ma la concorrenza è rude e per il viaggiatore distratto è più facile fermarsi sulla strada nuova piuttosto che cercare una tavola accogliente tra sporti e scalinate.

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