La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



giovedì 21 marzo 2013

Castel del Monte e il telefono

Gli anni Sessanta erano ancora, per gli abitanti di Castel del Monte, l'epoca delle lettere. Si restava in contatto con parenti e amici lontani scrivendo modeste paginette di prosa, sudata ma sincera. Si davano e si ricevevano così le notizie importanti, gli auguri per le feste ma anche i semplici racconti della vita quotidiana di chi era restato e di chi, lontano, raccontava un mondo diverso e la nostalgia per il paese lasciato. Erano utili allora le nozioni imparate nei pochi anni passati sui banchi di scuola con maestri ancora presenti nei ricordi, chi con ammirazione o con affetto, chi con timore per le bacchettate ricevute e che ancora facevano male nella memoria.
Nel borgo i possessori di una linea telefonica si contavano sulla dita di una mano. E non c'erano nemmeno le cabine telefoniche, peraltro oggi in via di disparizione.
Nel retro del palazzo comunale, una stanzetta ospitava il posto telefonico pubblico. Coloro che dal resto dell'Italia (o del mondo) volevano comunicare con un familiare o un amico abitante a Castel del Monte, chiamavano una prima volta, dando appuntamento. L'impiegata mandava qualcuno ad avvertire il corrispondente e quest'ultimo si presentava all'ora stabilita per essere messo in comunicazione. Il macchinario era di quelli che si vedono solo nei vecchi film: una sorta di scatolone in cui inserire le spinette secondo la linea voluta.
Di solito si arrivava in anticipo (non si sa mai) e si aspettava lo squillo, a volte chiacchierando tranquillamente con la centralinista, a volte con apprensione, quando la chiamata era inattesa, non se ne sapevano le ragioni e si temeva una brutta notizia.
Tempi che sembrano ormai lontanissimi. Il posto telefonico comunale fu un giorno sostituito da una cabina pubblica in una delle osterie del paese: Otto scatti! sentenziava imperiosamente l'oste quando, conclusa la telefonata lo si interpellava per pagare, continuando con il suo strofinaccio ad asciugare i bicchieri o a scacciare le mosche.
Poi arrivarono le cabine sulla piazza.
Oggi, nell'epoca dei cellulari, non è raro vedere persone, con il telefono incollato all'orecchio, andare da uno spiazzo ad una terrazza, alla ricerca di un collegamento spesso fluttuante: prende?, non prende!!

3 commenti:

  1. C'est du vécu
    victoria

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  2. Negli anni 80 andavo da Franco a telefonare e dovevo fare la fila però era bello perchè nell'attesa si facevano due chiacchiere e ci si divertiva
    Irene

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    Risposte

    1. E' quella la famosa osteria di cui parlavo. Chiamata, con il solito humor castellano, "Montelepre" (come il paese del celebre bandito Salvatore Giuliano), probabilmente per qualche memorabile litigata tra gli avventori

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