A
Chartres, uscendo dalla piazzetta spazzata, con qualsiasi tempo, dal
ringhioso vento delle piane, una dolcissima ventata di cantina,
attenuata da un profumo fiacco e quasi soffocato d'olio, vi soffia
sul viso quando si penetra nelle solenni tenebre della tiepida
foresta.
Durtal
lo conosceva quel delizioso momento in cui si riprende fiato, ancora
storditi dal brusco passaggio da una brezza sferzante ad una
vellutata carezza d'aria. Ogni mattina, alle cinque, lasciava la sua
casa e, per arrivare nello strano sottobosco, doveva attraversare
quella piazza; e come sempre, la stessa gente appariva all'imbocco
delle stesse vie; suore con il capo chino, curve, con il velo
rialzato, come battendo le ali, mentre il vento si infilava tra le
gonne tenute a fatica; poi, piegate in due, donne raggrinzite nei
loro vestiti, stringendoseli addosso, avanzavano, con la schiena
curva, frustate dalle raffiche. Joris-Karl
Huysmans: La Cattedrale
Sono
le colonne della cattedrale di Chartres gli alberi delle tiepida
foresta di cui parla Huysmans.
Oggi
però l'aria è calma e la temperatura primaverile. Qualche nuvola
corre nel cielo ma molto lontano. Delle suore nessuna traccia. Il
sole ha invitato qualche passante a sedersi ai tavoli del caffé che
occupano un lato della via pedonale. Un furgoncino si ferma
all'ingresso della via; il passaggio è bloccato da invalicabili
paracarri retrattili in metallo. Un citofono mette in contatto
l'autista con chi potrebbe abbassarli. L'uomo spiega che deve
consegnare delle casse di vino ma sembra che il motivo non sia
sufficiente. I cippi restano perentoriamente eretti e il furgoncino
deve fare marcia indietro; alla guida un autista dallo sguardo
stizzito.
Da
lontano la cattedrale appare imponente al centro della cittadina.
Situata su una piccola elevazione, la sua massa incombe sulle case di
ciò che resta del quartiere medievale. Si dice che la collina,
massiccio blocco di granito, fosse già nell'antichità luogo di
culto per i popoli celti e sembra che la prima cattedrale
gallo-romana risalisse al IV secolo; ma non sono che teorie perché
in realtà di quegli edifici non ci sono tracce.
Colpisce
a prima vista l'asimmetria della costruzione. A destra una guglia con
un semplice tetto ottogonale, appuntito come si deve, fino ai 103
metri di altezza. Si salvò dall'incendio che nel 1194 distrusse
quasi interamente la chiesa romanica.
Fu in quell'anno che si decise
di ricostruirla in stile gotico. Le nuove concezioni architetturali e
filosifiche volevano che lo spazio sacro non fosse più ridotto nella
penombra di spesse mura ma che esso fosse pronto ad accogliere la
luce, legame simbolico entro l'uomo e dio.
A
sinistra l'alzata della torre è del XIII secolo mentre la guglia, in
gotico fiammeggiante, risale al XVI, ed è l'opera di un artista
della regione, Jehan de Beauce. Siamo nella Beauce in effetti,
prospera regione agricola a sud di Parigi, vero e proprio granaio
della Francia, i cui ricchi proprietari sono molto più imprenditori
che contadini. Una ricchezza che certamente spiega la presenza di un
simile monumento.
Lo scultore Auguste Rodin lo definì, con
un'immagine senza dubbio appropriata, «l'acropoli della Francia».
176 vetrate, 9 portali, innumerevoli scene sacre e personaggi
scolpiti sulle facciate e nel coro.
Se l'opera di Proust è una
cattedrale di parole, la chiesa di Chartres è una vera e propria
bibbia di pietra e vetro tante sono le storie raccontate sui suoi
muri e sulle sue vetrate.
L'edificio
è un cantiere permanente (anche oggi l'interno è occupato da
impalcature) che nei secoli ha visto, oltre ai restauri, nuove
costruzioni aggiungersi o modificare le precedenti.
Al centro della
navata, vicino all'ingresso principale, le lastre del pavimento
disegnano un labirinto del diametro di 12 metri. Labirinto
antichissimo, che risale alla precedente cattedrale romanica e nel
quale è impossibile sbagliare strada perché ha un solo percorso che
porta (dopo più di 260 metri) alla rosa centrale.
Molte sono le
interpretazioni sul valore simbolico di questo labirinto: cammino
dell'uomo verso dio, pellegrinaggio di ripiego per coloro che non
potevano farlo realmente, percorso meditativo di preghiera...Fino al
più pragmatico canonico Souchet che nel XVII secolo non vi vedeva
che un diverimento per sciocchi, sul quale chi non ha niente di
meglio da fare perde tempo a correre e a girare.
Ancora
ai giorni nostri è possibile fare l'esperienza del labirinto ma
bisogna aspettare il venerdì, quando le sedie che di solito occupano
la navata sono tolte apposta.
Magnifico post, come sempre, solo un'appunto.
RispondiEliminaIn realtà è vero che il gotico era simboleggiato dalle vetrate, però in realtà si è puntato soprattutto sull'alleggerimento della struttura dove i pilastri iniziarono ad ergersi fino al cielo eliminando la pesantezza delle facciate tipico dell'arte romanica. Elevazione in altezza fino ad arrivare a Dio.
Se non ricordo male è in questo periodo che nacquero le famose arcate a sesto acuto, vero simbolo dell'arte gotica.
Non so se sono presenti in questa chiesa, posso solo dire dalle tue splendide foto che le vetrate sono supermagnifiche.
Buona serata caro Gius.ante
Grazie dell'appunto S.Pia. E' senz'altro benvenuto.
RispondiElimina