La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



venerdì 7 ottobre 2016

Campo Imperatore, sera d'agosto

Nelle sere d'estate, le più luminose, quando il sole dopo aver attraversato tutta la piana di Campo Imperatore, lascia gli ultimi raggi radenti di luce che si arrossa sempre più.
È in questo momento della giornata, mentre le ombre si allungano per un ultimo tratto prima di scomparire, che il Campo assume un aspetto meno terreno e materiale ma più affascinante e suggestivo.

È ora che lo spazio ritrova l'aspetto che ha sempre avuto e che si stacca dall'attualità del presente, come ritornando in un'eternità irreale.
La distesa non è più misurabile: metri o chilometri.
Un silenzio che viene da uno spazio remoto, rotto soltanto, nel bosco vicino, dal cantare solitario di un uccello che saluta la fine di un altro giorno.
Anche un semplice moscone riesce ad imporre il suo ronzio nel grande silenzio della sera.
Una mandria di cavalli pascola tranquillamente, quasi immobile, raggruppata non lontana dal bosco.
Una piccola costruzione, isolata nel grande prato come una minuscola casa di folletti sperduta nella distesa smisurata.
Il mondo sembra trattenere il respiro mentre il sole scende dietro la cresta di montagne. Un estremo raggio verde, ma quello lo vedono solo i puri di cuore, poi lo spettacolo si spegne.

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