La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



martedì 26 maggio 2015

Monte Subasio

Dopo Spello la frazione di Collepino quasi si nasconde sulla spalla del monte Subasio lasciando al suo capoluogo la porta d'ingresso sulla valle.
Il minuscolo paesino sembra vuoto ma, nel silenzio, voci allegre è tintinnio di posate ci lasciano immaginare un'amichevole riunione. La visita è piacevole tra le quattro stradine che serpeggiano tra le case. Riprendiamo la nostra gita.
La strada prosegue, aggirando il monte fino a ritrovare Assisi.
Noi ne scegliamo un'altra che, discretamente, di stacca sulla sinistra e comincia, con qualche tornante ad inerpicarsi verso la cresta del Subasio.
Questo monte accompagna e fa da sfondo ad ogni veduta nella valle Umbra. Allungato tra Assisi e Spello si eleva dolcemente prima tra gli ulivi, poi tra i boschi, fino ai prati della cima. Come spesso accade per i suoi simili, un grappolo di antenne ne sfigura un poco il profilo.
Vedere un monte dalla valle ci spinge, chissà perché a voler vedere la valle dal monte.
Eppure il Petrarca, già citato altrove ci aveva messo in guardia da questa vanagloria:
«e vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri e trascurano se stessi».
Frivolezza degli uomini.
Ma forse il poeta ne approfitta un po' per farci la lezione. Chissà come, guardando il panorama dal monte Ventoso quel famoso 26 aprile 1336 arriva, con quel perentorio credetti giusto, ad aprire le “Confessioni” di Sant'Agostino: Mentre ammiravo questo spettacolo in ogni suo aspetto ed ora pensavo a cose terrene ed ora, invece, come avevo fatto con il corpo, levavo più in alto l’anima, credetti giusto dare uno sguardo alle Confessioni di Agostino.
Levare il corpo verso le cime ci ricorda la necessità di levar con esso l'animo? Sarebbe troppo semplice, non basta essere montanaro per avere un animo appagato.
C'è poi chi dice, qui accanto a me, che la “mania” di voler salire sulle cime è un truc de mecs (lascio ai francofili l'onere della traduzione).


Oggi però la nostra escursione non ha nulla di una “sfida agonistica”. L'ascesa si fa in automobile e la sola cosa che è messa rude prova è la meccanica del mezzo.
Perché, dopo qualche chilometro, al rifugio santuario della Madonna della Spella, l'asfalto finisce e la strada continua tra buche e rocce sporgenti. 
 Ne valeva la pena però, perché il panorama è bello. I Sibillini ancora innevati, Perugia vista dall'alto, la gobba verde dei monti Martani coperti di boschi, la cupola di Santa Maria degli Angeli e, quasi nascosta sotto la china del monte, Assisi, con la basilica francescana come una vela sul ponte di una nave.
La strada prosegue per un tratto come un balcone sulla valle. Poi comincia a scendere, rapidamente, rientrando nel bosco e, passando davanti all'eremo delle carceri, arriva alla rocca di Assisi.

3 commenti:

  1. Bella escursione e bellissime parole... sono pensieri che mi frullano spesso per la testa quando vado a camminare.
    Anche io ho citato il petrarca tempo addietro.
    Ciao!

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