Fu lì che comprai per 5000 lire, (il prezzo di copertina era di L.25) un libro della collezione Letteratura edito da Valentino Bompiani: Furore di John Steinbeck.
L'edizione (la settima) è del 1941, XX dell'era fascista come lo precisa il frontespizio. E sorprende un po' scoprire che in quel tempo, dopo vent'anni di dittatura, mentre il paese era in guerra e già erano evidenti i segni della catastrofe, qualcuno pensasse alla pubblicazione del romanzo di uno scrittore come Steinbeck; singolare soprattutto che il MinCulPop, il ministero della cultura popolare incaricato di controllare ogni pubblicazione, non avesse trovato nulla da ridire.
Nel 1940 il regime aveva bloccato l'edizione di Americana, l'antologia curata da Elio Vittorini e alla quale avevano collaborato anche Pavese e Montale e ne aveva permesso la diffusione solo dopo aver imposto una prefazione molto critica nella quale Emilio Cecchi definiva gli Stati Uniti come un paese che, traviato da un falso ideale di benessere, brancola cercando la propria unicità etnica ed etica.
Per Vittorini invece, la letteratura americana esprimeva libertà ed energia, qualità sconosciute in un'Italia chiusa e ridotta ad un'autarchia anche culturale.
Il romanzo di Steinbeck aveva sicuramente questi attributi. Era uscito negli Stati Uniti nel 1939, solo un anno prima quindi, e nel '40 aveva vinto il premio Pulitzer e John Ford ne ne aveva tratto un film.
Furore racconta la storia dei contadini della scodella di polvere, la Dust Bowl, quella regione al centro degli Stati Uniti che nel 1930 fu colpita da una terribile siccità. È la storia degli Okies costretti ad emigrare verso la California scacciati dalla miseria e dalla fame.
Il titolo originale The Grapes Of Wrath ( I grappoli dell'ira) è tratto da una poesia della scrittrice newyorchese Julia Ward Howe ma, risalendo più lontano, evoca un passo dell'Apocalisse di San Giovanni.
La citazione dell'Apocalisse non è solo aneddotica. Fin dalle prime pagine Furore ci trascina con un soffio biblico: una piaga divina si abbatte sull'Oklahoma. Un sole di piombo brucia la terra, rare nuvole appaiono e poi scompaiono lasciando non pioggia ma solo polvere e desolazione.
Una notte il vento impazzò, zappò furiosamente la terra attorno alle radici del granoturco, e il granoturco si mise a lottare per difesa contro il vento agitando le sue foglie indebolite, ma nella lotta le radici risultarono denudate delle zolle di terra protettrice ed ogni pianta risultò inclinata nella direzione del vento.
L'alba venne, ma non il giorno. Nel cielo grigio apparve un sole rosso, un fioco cerchio rosso che emanava una scialba luce crepuscolare, e col progredire delle ore il crepuscolo ripiombò nella tenebra e il vento fischiò ed urlò sul granturco abbattuto.*
Impossibile resistere al cataclisma. Di fronte ad esso gli uomini, le donne e i bambini, diventano creature umane, esseri umani; l'umano non è che aggettivo, sono esseri viventi, vittime della catastrofe naturale al pari degli altri animali e delle piante.
Furore racconta la storia di un'America proletaria, sconfitta dai grandi meccanismi economici contro i quali questi contadini non possono battersi: È doloroso dicevano i rappresentanti, ma l'Anonima non è responsabile di questa situazione. Voialtri vi trovate su terreni che non vi appartengono. Fuori di qui, in un altro Stato, adesso che viene l'autunno potete mettervi a cogliere il cotone. Potete magari ottenere il sussidio. Perché non andate in California?*
Ora gli emigrati sono trasformati in mendichi. Quella gente che aveva vissuto di stenti sui magri prodotti d'un pezzo di terra mediocre, adesso ha l'intero Occidente in cui spaziare. E lo rovistano da un capo all'altro, e le strade sono convertite in fiumane di gente, e gli argini dei corsi d'acqua sono presidiati da falangi di straccioni.*
E come sempre gli abitanti del posto non sono disposti ad accogliere quest'orda di miserabili, difendono la propria casa, il proprio benessere, la propria tranquillità:
Ed ecco che nel West subentra il panico, ora che i nomadi vanno moltiplicandosi sulla strada. I proprietari sono terrorizzati. Individui che non avevano mai provato la fame, ora vedono questa fame per la prima volta negli occhi degli affamati. Individui che non avevano mai desiderato nulla con vero ardore, ora vedono per la prima volta la rossa fiammata del furore che l'indigenza accende in fondo agli occhi dei mendichi. Ed ecco i frolli cittadini, e i fiacchi abitatori dei sobborgh, organizzarsi a difesa, e dinnanzi all'imperioso bisogno di rassicurare se medesimi persuadersi di essere buoni e chiamare cattivi gli invasori; perché quando si decide a prendere le armi per ammazzare il prossimo, è buona regola che l'uomo pensi così.*
Senz'altro questa storia ci ricorda qualcosa.