venerdì 26 giugno 2015
Gualdo Cattaneo
Da
Cantalupo di Bevagna ci dirigiamo verso Torre del Colle, minuscolo e
affascinante paesino circondato da possenti mura. Torre è un unico
blocco di abitazioni alle quali si accede da un portico che sembra
ancora pronto ad essere chiuso in caso di pericolo. Oggi il borgo
accoglie poche decine di abitanti, praticamente una grande famiglia…
La strada continua a salire dolcemente fino al santuario della
Madonna delle grazie.
Siamo sull'antico percorso della via Flaminia
che collegava Roma a Rimini. Quella che fu un importante via di
comunicazione è diventata ormai una tranquilla strada di campagna
che passa tra i numerosi uliveti. La chiesa, del XV secolo, fu
costruita dagli abitanti del luogo come ringraziamento per alcune
guarigioni miracolose ed è ancora oggi meta di pellegrinaggio.
Il
sagrato si affaccia sul territorio urbano di Bevagna che appare da
qui in un bel panorama.
Continuiamo il nostro percorso sulle pendici
dei monti Martani e arriviamo a Gualdo Cattaneo. Sul suo colle
roccioso a 450 metri di quota, il paese controlla la valle umbra.
Non
molto lontano si vede Montefalco con la sua caratteristica sagoma e
più in fondo è Foligno, adagiata sul lato opposto della piana.
Il
nome Gualdo è forse derivato dal longobardo wald,
termine che indicava un bosco. Ma,
per arrivare alla moderna
denominazione si è passati
anche dal latino Gualdum
Captaneorum. La
tradizione fa risalire l'origine
del borgo al X secolo ma in realtà non ci sono conferme storiche
precise.
Il
paesaggio è armonioso e gradevole; attorno alla cittadina vigne e
oliveti, qua e là qualche boschetto arricchisce le sfumature di
verde.
La
“Rocca dei Borgia”, fatta costruire dalla città di Foligno alla
fine del XV secolo e così chiamata in onore dell'allora papa
Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, disegna, con il suo torrione
il caratteristico profilo di Gualdo.
Nel
borgo domina il rosa dei mattoni. Arriviamo sulla piazza principale
attirati da un intenso brusio.
È un gruppo di persone, forse
turisti, che chiacchiera animatamente e allegramente davanti ad un
bar. La struttura della piazza amplifica le voci.
Poi il gruppo si
allontana che il rumore si attutisce quasi d'un colpo. Gualdo ritrova
la sua tranquillità.
Passeggiamo tra le strade lastricate ammirando
i begli scorci.
Ripresa
la strada ci fermiamo a Castello Marcellano, che oggi è una frazione
di Gualdo. In un cortile un anziano signore sta tagliando la legna
con una motosega mentre una donna sgrida il suo cane che abbaia
troppo.
Leggiamo su un pannello che la leggenda fa risalire la
costruzione del borgo alla “Gens Marcella”, soldati della XLII
legione romana che ottennero queste terre al congedo.
venerdì 12 giugno 2015
Deruta
I
primi testi che parlano delle ceramiche di Deruta risalgono al XIII
secolo.
È dire come la storia di questo borgo sia strettamente
legata a quella della fabbricazione di vasi, piatti, anfore ed altri
oggetti dipinti.
La
tradizione fa risalire la fondazione della cittadina al tempo delle
guerre civili romane, nel primo secolo a.c. quando alcuni abitanti di
Perugia, saccheggiata e distrutta (diruta) si sarebbero rifugiati su
questo colle.
Il primo riferimento all'abitato con la citazione del
nome Deruta appare però solo nell'undicesimo secolo.
In
epoca molto più recente il paese si è notevolmente sviluppato nella
parte pianeggiante del territorio.
Il borgo medievale, ben conservato
e ancora protetto dalle mura, è sul colle vicino.
Gli
artigiani di Deruta hanno saputo conservare l'arte antica della
ceramica, tramandando ed affinando un codice e uno stile oggi famoso
nel mondo.
Il Tevere e le colline vicine continuano a fornire per
questi appassionati le materie necessarie (sabbia, argilla, minerali)
alla fabbricazione e alla decorazione di vasi, anfore, piatti.
Un
museo raccoglie una ricca collezione di oggetti in ceramica e nel
santuario della Madonna dei bagni, vicino alla cittadina la
tradizione è declinata in una sorprendente serie di ex voto
costituiti di piastrelle dipinte.
Ma semplicemente passeggiando tra
le vie del paese si ammirano nelle vetrine e sui muri i lavori degli
artigiani del posto, tra tradizione e innovazione.venerdì 5 giugno 2015
Bettona
Bettona
è uno di quei paesini - e in Umbria sono particolarmente numerosi –
che, a qualche chilometro dalle principali mete turistiche, malgrado
le loro attrattive, e il loro innegabile e un po' desueto fascino,
sono poco conosciuti e frequentati.
Un peccato magari per i suoi
abitanti che forse vedono così sfuggire una fonte di reddito ma un
piacere per chi viaggia da queste parti e che può così approfittare
dei luoghi in tutta tranquillità.
Per
chi è stato un po' “sorpreso” da Assisi, con i suoi parcheggi a
pagamento praticamente obbligatori, i suoi innumerevoli negozi di
souvenirs, le sue coorti di
pellegrini-turisti,
questi borghi rappresentano un'oasi di pace nei
quali abbandonare le frenesie che spesso colpiscono anche il
visitatore meno smanioso di collezionare pagine di guide turistiche.
Basta
attraversare la valle Umbra, lasciando alle spalle Santa Maria degli
Angeli e, più lontana a nord Perugia, capitale vigilante sul suo
colle. Bettona è là di
fronte, su una delle propaggini più settentrionali delle
colline che tra Tevere Chiasco e Topino, allungano verso nord i monti
Martani.
La
strada principale passa a valle, bisogna lasciarla e salire verso il
borgo.
Circondata
nelle sue mura, di cui
restano a tratti le massicce pietre etrusche, Bettona apre le porte
sulle contrade vicine con
vasti e bei
panorami. Tra le stradine del
paese grappoli di glicini spandono il loro profumo.
Poco
lontano dal borgo una tomba etrusca risalente al IV secolo a.C.
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