La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



domenica 18 novembre 2018

Viaggio nel Delfinato 3: gli avvoltoi


Nel 1996 cominciò un programma di reintroduzione degli avvoltoi in quattro siti del sud della Francia. Tra questi le prealpi delle Baronnies. La specie, che nel passato era presente in questa regione, era scomparsa da circa cinquant’anni.
Un’associazione fu creata in quell’occasione e cominciò un importante lavoro per assicurare la fattibilità e la perennità del progetto. Tra il 1996 e il 2001, 61 esemplari di grifone furono liberati in questa zona. La loro presenza fu all’origine del ritorno spontaneo di un’altra specie di avvoltoio, il capovaccaio (neophron percnopterus), con un effetto positivo quindi sulla biodiversità.
Tra il 2004 e il 2011 vennero poi liberati 36 avvoltoi monaci. Nel 2011 erano 264 gli esemplari recensiti in questa regione, non solo originari dalle Baronnies ma anche provenienti dalle altre zone di reintroduzione (Causse, Vercor, Verdon) e addirittura dalla Spagna, paese d’origine dei primi esemplari liberati in questa regione. La scelta delle Baronnies come sito venne in effetti proprio dalle sue similitudini climatiche e geografiche con le regioni spagnole che ospitavano importanti colonie di avvoltoi.
Gli avvoltoi sono necrofori, si cibano quindi unicamente di carcasse di animali morti. I responsabili del programma di reintroduzione nelle Baronnies hanno quindi lavorato in associazione con gli allevatori ovini della zona. Dal 1993 un centinaio di loro partecipano ad una colletta che raccoglie ogni anno più di mille carcasse di ovini, soprattutto di pecore. Esse sono depositate in aree apposite nelle quali gli avvoltoi vengono a nutrirsi.
Il lavoro degli avvoltoi è poi particolarmente utile in caso di aumento repentino di mortalità tra le greggi, caso non molto raro nella stagione dell’alpeggio.
Ma la presenza degli avvoltoi ha favorito anche, e soprattutto, l’attività turistica della regione. L’osservazione degli uccelli attira non solo gli ornitologhi ma anche numerosi turisti. Una campagna di propaganda a livello nazionale ha fatto conoscere questa particolarità della regione e ha avuto un certo successo. Il paese di Rémuzat, che ha meno di 3OO abitanti, ha aperto una “Maison du vautour” (casa dell’avvoltoio) che accoglie ogni anno circa 25000 visitatori.
Saint May, a cinque chilometri da Rémuzat è senz’altro il posto migliore per chi vuole ammirare questi imponenti - per i più grandi, quasi tre metri di apertura alare – uccelli.
Dal borgo di Saint May una strada asfaltata sale, con qualche tornante fino all’altipiano di Saint Laurent. Si può anche salire per un bel sentiero che, passando sotto una falesia (spesso già da qui si possono ammirare degli uccelli) si inoltra tra le ginestre che coprono il declivio. Arriviamo nei pressi dell’antica abbazia di Val Bodon.
Fondata all’inizio del VI secolo ebbe a lungo una certa importanza ma, probabilmente proprio a causa della sua fama e della ricchezza, fu saccheggiata più volte da saraceni, longobardi, sassoni… Oggi non resta che una piccola cappella e, qua e là, qualche rudere.
Siamo a circa 700 di quota; l’altipiano, di forma triangolare, è chiuso da un lato da una cresta che, nel punto più elevato, supera, di poco i mille metri, dal lato da cui siamo saliti il pendio è un po’ più dolce mentre il terzo lato ha come limite la falesia. È un luogo molto gradevole e riposante; il panorama è ampio e bello, al di là della valle sottostante dove scorrono l’Oule e l’Eygues, le montagne (siamo sempre attorno ai mille metri), sono coperte di boschi che, nell’autunno ormai avanzato, prendono belle sfumature calde.
La strada continua, attraversando l’altipiano.
La si lascia per salire una mulattiera che, in un quarto d’ora di cammino ci porta sull’orlo della falesia che domina Rémuzat.
Ecco che, dopo qualche minuto di attesa vediamo gli avvoltoi volare in stormo, sfruttando le correnti ascensionali (possono percorrere decine di chilometri in volo planato), descrivendo ampi cerchi sulla valle sottostante. Poi, il primo passa a qualche decina di metri sopra le nostre teste, un altro, più in basso, percorre la vallata seguendo la falesia, altri ancora vanno avanti e indietro, noi osserviamo loro e loro ci osservano.





mercoledì 14 novembre 2018

Viaggio nel Delfinato 2

Lasciamo la statale e prendiamo la strada che porta a Saint May. Il percorso non è lungo, ci sono solo cinquecento metri in moderata salita attorno allo sperone roccioso, prima di arrivare sulla piazzetta del borgo.
È qui che abbiamo deciso di fermarci per poi visitare la regione. Saint May è oggi abitato da una quarantina di persone; molte sono anziane, altre lavorano nei paesi più a valle e tornano solo a sera.
Occupano le case attorno alla piazzetta, dove c’è anche un monumento ai caduti protetto e decorato da due bei platani, e un minuscolo municipio con tanto di tricolore, tenuto aperto una mezza giornata a settimana da una segretaria itinerante.
Qui in Francia c’è un certo attaccamento all’istituzione municipale ed alla sua autonomia ed è facile trovare sedi comunali in nuclei abitati piccolissimi.

Al di là della piazzetta c’è la chiesa, poi altre case piccole ma in bella pietra massiccia. La sella rocciosa su cui il paesino è costruito rimonta da questo lato, l’abitato la segue con degli archi e, dopo qualche rudere, nel punto più alto, finisce sull’orlo roccioso come la prua di una nave.
Un piccolo cimitero domina da un lato l’abitato e dall’altro la valle sottostante. Il camposanto si trova in un luogo veramente suggestivo, con un bel panorama sul borgo, sulla valle e sulle falesie.
Una di queste, con i caratteristici strati di marna, - questa roccia sedimentaria è caratteristica della regione -, domina Saint May. È qui che il sole brilla più a lungo, colorando di rosa la ripida parete sulla quale nonostante tutto qualche raro arbusto si aggrappa. Dalla falesia di tanto in tanto un uccello spicca il volo certamente dal nido nascosto lassù.
In effetti a Saint May il mattino il sole arriva assai tardi e nel pomeriggio tramonta rapidamente dietro gli altri bastioni. Una coppia di anziani approfitta degli ultimi raggi, discutendo allegramente seduta su un muretto della piazzetta.
Un cane e un gatto gironzolano qua e là come due buoni amici. A parte il vocio della coppia di anziani e lo scoscio della fontana non ci sono altri rumori. La strada termina qui; per andare più in alto bisogna prendere un bivio che evita il paese.
Al tramonto si alza il vento, infilandosi nella gola e risalendo fino a Saint May. I due platani dalla piazzetta si scuotono allora e si leva il fruscio delle foglie ormai quasi secche.

Come tutti gli altri borghi del circondario Saint May perde a poco a poco i suoi abitanti, attirati dalla pianura e dalle maggiori possibilità lavorative. Molte case, diventate residenze secondarie, non sono aperte che durante le vacanze.
Gli ospiti che ci accolgono vivono qui tutto l’anno. Sono una coppia di cinquantenni, il marito è apicultore e si occupa di un frutteto di albicocchi di tre ettari, che si trova più a valle. Sua moglie lavora nell’ospizio di un paese vicino.
La casetta che occuperemo è molto piccola ma accogliente. Ci servirà da punto di partenza per le nostre escursioni nel circondario.
Subito i nostri ospiti ci parlano degli avvoltoi.

domenica 11 novembre 2018

Viaggio nel Delfinato 1


Lasciata la valle del Rodano nei pressi di Montelimar, prendiamo la strada che si dirige verso est, in direzione di Gap. I vigneti sono ancora numerosi e, ai lati della strada, le insegne delle cantine espongono le denominazioni dei crus dei vini del posto: Côtes du Rhone piuttosto solidi e strutturati.
Attraversiamo Nyons, conosciuta non solo per le sue olive e per l’olio che se ne ricava ma anche per il suo clima mite: è soprannominata “la piccola Nizza” perché soleggiata come la città della riviera.
Per questo è stata nel passato una località di villeggiatura molto alla moda e reputata da benestanti turisti parigini e del nord Europa.
Quei tempi fasti sono ormai lontani ma la cittadina ha ancora una certa vivacità e il suo mercato settimanale è uno dei più grandi e reputati della regione. Le stradine del centro storico si stringono attorno ad una sorprendente torre-campanile mentre più in basso gli spazi si allargano in una successione di piazze tra le quali quella dell’antico mercato è circondata da portici.
Al limite del centro storico un ponte detto “romano” (in realtà risalente al XV secolo) è diventato uno dei simboli della città.

Poi, dopo aver attraversato Nyons, le vigne e gli uliveti finiscono mentre restano gli albicocchi, la cui produzione si è sviluppata nella regione. La strada segue, risalendolo, il corso dell’Eygues, affluente del Rodano. Siamo nelle Baronnies, nel sud del dipartipento della Drôme, la cosiddetta Drôme provenzale.
Nel corso delle ere passate il fiume ha scavato la roccia, creando canyon e meandri di sorprendente bellezza.
A tratti la strada passa tra alte pareti, aggirando speroni rocciosi dalle faglie ondulate e stratificate come pasta sfoglia.
Tra l’XI secolo e il 1349, anno della sua annessione al regno di Francia, il Delfinato era uno stato del Sacro Romano Impero. Fondato dal conte di Albon, castello a sinistra del Rodano, oggi incluso in questo stesso dipartimento della Drôme, il Delfinato si estendeva a sud fino alla Provenza e a est fino alle Alpi, inglobando Bardonecchia e Fenestrelle. L'origine dello strano nome è aneddotica: tra i conti di Albon molti avevano come secondo nome Dauphin, decisero così di chiamare Delfinato il territorio da essi controllato e Delfino il principe che lo amministrava. Quando il Delfinato fu annesso al regno di Francia si prese l’abitudine di assegnare all’erede al trono questa contea e di dargli quindi il titolo di Dauphin.
Continuiamo il nostro viaggio seguendo il percorso del fiume. Dopo il paesino di Sahune entriamo in una gola lunga quasi otto chilometri che si snoda in curve e controcurve fino ad arrivare a Saint May.
Saint May appare in alto, sulla sella di uno sperone roccioso che domina il fiume. Siamo a meno di 400 metri sul livello del mare ma il paesaggio appare erto e montagnoso. Più che un paese Saint May è un villaggio, immagine da presepe.
Per raggiungerlo bisogna superare un ponte e aggirare la falesia su cui l’abitato è costruito.
Sessanta milioni di anni fa i movimenti tellurici hanno provocato lo schiacciamento degli strati rocciosi che oggi possiamo osservare in straordinari disegni.