lunedì 29 agosto 2016
L'Aquila
Impossibile
scrivere qualcosa sul terremoto senza rischiare l'indecenza. Grazie
ai social network (o
piuttosto si dovrebbe dire “a causa”), fiumi di commenti di chi
sapeva tutto, di chi sa chi è il colpevole, di chi sa quando sarà
il prossimo... si sovrappongono
e si moltiplicano mentre gli abitanti colpiti
sono forse gli unici ad essere ancora senza parole.
La
notte del 24 agosto eravamo a una cinquantina di chilometri in linea
d'aria dall'epicentro del sisma. Siamo
stati svegliati dalla prima scossa, la più forte. Il tempo di capire
che cosa fosse e di alzarci il primo terremoto era finito. Dopo
qualche minuto di silenzio abbiamo sentito porte che si aprivano e le
voci dei vicini usciti in strada. Qualcuno telefonava per avere
informazioni. A L'Aquila la scossa era stata molto forte, l'epicentro
era più a nord, verso l'Umbria. Abbiamo
acceso la radio, c'era
ancora un programma musicale, poi sono
arrivate le prime notizie,
via via più precise. A poco a poco, mentre
altre scosse meno forti facevano ancora
tremare i mobili, si è
cominciato a parlare di danni e feriti dalle parti di Amatrice.
Per
noi solo un po' di paura, forse più forte per chi aveva vissuto il
terremoto del 2009. Per altri conseguenze ben più gravi e tristi.
Ci
siamo resi conto di quanto sia difficile in questi casi avere una
reazione logica e razionale in situazioni del genere.
Eravamo
stati a L'Aquila proprio qualche giorno prima. Volevamo vedere a che
punto era la ricostruzione della città in quello che è stato
definito “il più grande cantiere d'Europa”. Da lontano grappoli
di gru che si levano verso il cielo. Entrando nel centro storico si è
accolti dal rumore dei martelli pneumatici. Sul corso principale e
sulla piazza del Duomo la maggior
parte degli edifici e in cantiere. Qualche commercio ha riaperto ma
le persone che si incontrano
sono soprattutto turisti
o operai dei cantieri; gli abitanti sono rari. Le impalcature
metalliche sono dappertutto; chilometri di tubi sostengono case e
palazzi mentre qua e là le piante crescono tra i detriti. Anche la
fontana luminosa, uno dei simboli della città è scomparsa dietro
un'impalcatura così come
un lato del
forte spagnolo. Molto
è stato fatto ma l'opera
appare immensa. Basta allontanarsi dal corso centrale per rendersene
conto. Alcuni quartieri sono ancora abbandonati, gli unici visitatori
sembrano essere stati i ladri che hanno divelto le porte senza
dimenticare di rubare i pomelli in ottone. La basilica di San
Bernardino è stata restaurata e ora appare con la sua facciata
splendente tra palazzi ancora puntellati. L'altra
basilica, quella di Collemaggio è circondata da una palizzata ed è
ancora inaccessibile.
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