Diceva
Gilles Deleuze, in una conferenza intitolata Cos'è l'atto di
creazione che nessuno ha bisogno di un filosofo per riflettere su
qualche cosa, tutti possono farlo anche se non sono specialisti nella
materia. Altro è però fare della filosofia. Questa è una
disciplina creatrice perché, al pari di un pittore, di un cineasta o
di uno scrittore anche il filosofo crea. Crea dei concetti. E un
concetto -aggiungeva Deleuze- non si fabbrica in un minuto né in un
giorno. Bisogna che ci sia una necessità.
Luigi
Nacci, dice la sua biografia, è insegnante, giornalista, scrittore e
poeta. Ma è anche un filosofo, non fosse altro che per aver creato
il concetto di viandanza.
Scrivo questa parola ed
anch'io come Nacci mi accorgo che
il computer la sottolinea in rosso. È assente dal dizionario e vien
da chiedersi perché. È senz'altro una parola necessaria perché
(per parafrasare Deleuze) è molto più di un semplice sostantivo, è
un concetto filosofico.
Detto
così
sembra però
un po' cerebrale. In realtà in quello che scrive Nacci si vede che
c'è sì molta riflessione ma anche molta passione.
La
viandanza non è l'escursionismo, tanto meno il trekking,
non è uno sport ne una attività
salutista. Si tratta di un cambiamento vitale, di una scelta di vita.
Anni
fa, non mi ricordo quando avvenne esattamente, se prima o dopo la
curva, pensai ad una parola: “viandanza”. Me la ritrovai in bocca
senza accorgermene. Era una parola, a giudicare dai dizionari che
avevo consultato, che non esisteva. Sicché pensai: «Come può
essere che una parola così bella non sia nel dizionario? Che nessuno
l’abbia pensata prima?». Fu
così che Luigi Nacci si inventò anche un Festival
della Viandanza
per
riunire in quel di Monteriggioni tutti coloro
che le strade le abitavano: pellegrini,
pastori, briganti, clandestini, sognatori diurni, vagabondi,
flâneur,
o più
semplicemente curiosi.
E
fu
così che, coerente allo spirito che lo aveva animato, decise di
abbandonare il festival quando gli sembrò che avesse perduto il suo
senso iniziale.
Ora
Viandanza è anche il titolo di un libro che Luigi Nacci ha
pubblicato nel 2016 è che è un po', non il seguito ma
l'approfondimento, del suo precedente Alzati e cammina.
Viandanza
comincia quasi come un diario di viaggio; il racconto del cammino
verso Santiago di Compostela. Potrebbe essere una delle ormai tante
descrizioni di un'esperienza che ha ispirato innumerevoli resoconti.
Ma ben presto ci accorgiamo che per Luigi Nacci gli aneddoti del
cammino verso Santiago – e poi di quelli lungo la via Francigena-
sono, se non un pretesto almeno un punto di partenza per un viaggio
più profondo e intenso. Attraverso una serie di capitoli dedicati a
sentimenti essenziali: Paura, Stupore, Spaesamento, Nostalgia,
Disillusione, Luigi Nacci ci trasporta in un viaggio che è nello
stesso tempo pedestre e interiore. Richiama compagni di viaggio
incontrati nelle sue letture, dall'Ecclesiaste a Neruda a Pavese; ci
racconta un percorso personale che lo porta, poco a poco, verso un
cambiamento essenziale dell'idea stessa di Vita.
Viandanza
è diventato un piccolo
“fenomeno editoriale”. Anche
se di solito non si può che non essere un po' scettici di fronte a
quello che potrebbe assomigliare a un fenomeno di moda, in questo
caso prevale forse l'ottimismo: la voglia di viandanza
è forse, seppur piccolo, un barlume di speranza nell'umanità.