La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



sabato 23 febbraio 2019

Nan Sheperd, La montagna vivente


Lo sguardo si perde lontano quando il paesaggio è aperto sull’orizzonte. A poco a poco i dettagli del modo che ci circonda perdono la loro nettezza e sono meno precisi. I contorni diventano più tenui e i colori si sfumano l’uno nell’altro creando altri toni, nuovi. L’occhio è attirato dalla lontananza, torna verso le cose più vicine e si riposa, poi si rituffa nello spazio vibrante nell’aria.
Per molti la montagna è una cima, una vetta da conquistare dopo una gara con se stessi. Per altri è un mondo, un libro-universo da leggere, nel quale immergersi, da osservare ma anche da sentire, annusare, toccare. Sono attimi di equilibrio e di appagamento che ognuno può provare. Ma bisogna avere le sensibilità di un poeta per poter raccontare e trasmettere le sensazioni che questo mondo ci fa sentire.
“La montagna vivente” di Nan Sheperd è in questo senso un libro unico. Nan Sheperd è una scrittrice scozzese la cui opera è profondamente legata alla regione dei monti Cairngorm. È qui che è nata e in questa regione ha vissuto, insegnando la letteratura inglese nel college di Aberdeen, lasciandola solo per i numerosi viaggi tra la Norvegia, l’Italia, il Sudafrica. Ad Aberdeen è morta, nel 1981. In realtà la sua opera letteraria si limita a tre romanzi pubblicati tra il 1928 e il 1933 e ad una raccolta di poesie pubblicata nel 1934 e che ha per titolo e tema sempre i monti Cairngorm.
Siamo nel nord-est della Scozia, “l’Artico della Gran Bretagna” come lo definisce Robert Macfarlane, anche lui scrittore scozzese e autore di une lunga e interessante prefazione al libro di Nan Sheperd. Una regione spazzata dai venti e nella quale crescono solo alberi nani che resistono con difficoltà alle tempeste invernali.
Scritto durante la Seconda guerra mondiale, “La montagna vivente” finì in un cassetto e fu pubblicato solo più di trent’anni dopo, nel 1977. L’editore a cui era stato proposto non aveva saputo catalogarlo: guida per escursionisti, racconto autobiografico, elegia poetica… Quando, dopo trent’anni, il libro trova infine un editore più disponibile, Nan Sheperd rilegge il suo testo e osserva che le cose in quell’ambiente sono cambiate. L’uomo è più presente ma nonostante tutto la sua presenza non ha modificato l’essenza di quei luoghi. Trent’anni sono molti nella vita di una persona ma sono un attimo per quelle montagne: leggendo di nuovo il mio manoscritto mi rendo conto che la storia dei miei traffici con una montagna è valida oggi come lo era allora.
Nan Sheperd ha percorso durante tutta la vita i monti Cairngorm, spesso da sola, scoprendone ogni volta aspetti nuovi e sorprendenti, stabilendo un dialogo mille volte ripreso e approfondito con quell’ambiente naturale.
I monti Cairngorm sono una massa di granito che si innalza attraverso gli scisti e gli gneiss che formano le più basse alture circostanti, appiattita dalla calotta di ghiaccio e spaccata, frantumata e spaccata dal gelo, i ghiacciai e la forza dell’acqua corrente.
Non è un massiccio come lo sono quelli alpini. Si tratta piuttosto di un vasto altipiano, interrotto da profonde valli scavate nel tempo dall’acqua e dal ghiaccio e che separano le “vette” di quella che è in realtà un’unica vasta montagna. L’altezza supera appena i 1200 metri ma la situazione geografica fa si che il clima sia estremamente severo e il paesaggio brullo. Solo i licheni e qualche arbusto si adattano alle rudi condizioni. Dall’altipiano lo sguardo si dirige piuttosto verso il basso, là dove i fiumi hanno scavato la roccia e dove scorrono con acque gelate e limpidissime. Un’acqua così chiara non si può immaginarla, bisogna vederla. Bisogna tornare ad osservarla, e tornarvi di nuovo, perché negli intermezzi la memoria si rifiuta di ricreare la sua brillantezza. Nan Shepeld riscopre ogni volta la sua montagna, ogni volta i suoi sensi rivelano nuove impressioni.
Mentre si sale, l’aria si fa più rarefatta e stimolante, il corpo sembra più leggero e ci si arrampica con minor sforzo, finché la legge che governa la salita di Dante al monte Purgatorio sembra diventare una verità fisica: Questa montagna è tale / che sempre al cominciar di sotto è grave; / e quant’om più va su, e men fa male.
 Nan Sheperd, La montagna vivente ed. Ponte alle Grazie 2018
in collaborazione con il C.A.I.

mercoledì 13 febbraio 2019

Gianmaria Testa, Povero tempo nostro.


Nel vacarme attuale, arriva, inattesa, la voce di Gianmaria Testa e ci racconta il mondo, cosi' come va.