giovedì 30 aprile 2020
lunedì 20 aprile 2020
Dante Alighieri camminatore.
L’esempio più compiuto è la Divina Commedia in cui
Dante, guidato da Virgilio, intraprende l’esplorazione dei tre soggiorni
dell’anima dopo la morte. Sorta di racconto di viaggio soprannaturale, la
Divina Commedia avanza con l’andatura regolare dell’escursione, senza indugiare
più del necessario davanti alle visioni o ai personaggi incontrati in cammino.
(Rebecca Solnit, Storia del camminare)
Parlare
di Dante è come mettersi in cammino. Ci si può perdere nell’immensità del suo
universo, con immagini che arrivano a noi da tempi lontani e luoghi
sconosciuti. Così è la forma poetica che ci attrae verso mondi ogni volta
ancora da scoprire.
Leggere
Dante è come partite per un’esplorazione sapendo che è l’infinito che si ha
davanti ai nostri occhi ma un infinito umanizzato, a misura d’uomo.
E
lo stesso poeta che ci fa da guida, percorre geografie che si sovrappongono,
incrociano le loro tracce, i loro simboli.
C’è
la carta del viaggio che sembra intrapreso per caso, quel “mi ritrovai per una
selva oscura” non si sa come né perché; il colle interdetto dalle tre belve
minacciose, poi il regno ultraterreno, quello dei dannati, scavato nella
materialità del cuore del globo terrestre, il monte del Purgatorio fatto della
roccia e della terra tolta dall’imbuto infernale, e poi il mondo aereo delle
stelle, più evanescente e luminoso nel suo involucro ma anch’esso sostanziale e
tangibile.
Una
geografia concreta, tanto che molte edizioni della Commedia associano al testo
le cartine dei luoghi visitati.
Ma
durante il viaggio appaiono, evocate dallo stesso Dante o dalle ombre che egli
interpella, altre contrade, altri paesi, percorrendo, quasi a volo di uccello,
il mondo conosciuto: dalle Fiandre a Gibilterra, dall’Umbria a Gerusalemme.
Questa
mappa si sovrappone alla prima, si intreccia con essa là dove le figure la
percorrono e la narrano.
E
infine c’è la mappa del viaggio terreno di Dante, quella dell’esule scacciato
dalla propria patria, da una corte all’altra dell’Italia del suo tempo, lontano
da Firenze.
Una
vita da pellegrino, viaggiatore, rifugiato. La sua poesia nasce da questa
condizione, non ne è il racconto – non solo – ne è la conseguenza, il frutto.
Diceva
di lui il poeta russo Ossip Mandel’stam:
Leggere Dante è soprattutto uno sforzo infinito che,
nella misura in cui è coronato dal successo, ci allontana dall’obiettivo. Se
una prima lettura ci toglie il fiato e ci provoca una sana stanchezza, bisogna
attrezzarsi per le seguenti, di un paio di inusabili scarponi da montagna con
le suole chiodate. Non è per scherzo se chiedo quante suole Alighieri abbia
usato, quante scarpe in pelle di bue, quanti sandali, per tutto il tempo che è
durato il suo lavoro poetico, camminando sui sentieri per capre dell’Italia.
L’Inferno, e più in particolare il Purgatorio,
celebrano la falcata dell’uomo, la lunghezza della scala e il ritmo dei suoi
passi, la pianta del piede e la sua forma. Il passo, coniugato al soffio,
saturo di pensieri. Dante vede in esso la fonte della prosodia. Usa, per
definire il camminare, un gran numero di formule, varie ed avvincenti.
Filosofia e poesia sono, in Dante sempre in cammino, sempre a piedi. La sosta
essa stessa è un’altra figura del movimento che si raccoglie: una tappa
propizia al dialogo che si conquista con degli sforzi di alpinista.
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martedì 7 aprile 2020
Antoine de Baecque, La traversée des Alpes
Il
GR5 “Grande randonnée” è il cammino che, partendo dal lago di Ginevra,
attraversa tutte le Alpi francesi per arrivare fino al mare a Nizza.
Il
sentiero attraversa cinque dipartimenti: i due della Savoia, le Alte Alpi, le
Alpi dell’Alta Provenza e infine le Alpi Marittime, lungo il confine con la
Svizzera e poi con l’Italia. È un percorso diventato ormai classico tra gli
adepti del trekking (randonnée, come dicono i francesi).
Antoine
De Baecque si lancia, il 6 settembre 2009, in questa lunga traversata – sono
previsti almeno 26 giorni di cammino – dal lago al mare, con uno zaino di 17 chili, 650 chilomentri, 30.000 metri di dislivello, 9 ore di cammino al giorno.
Benché
parigino, Antoine De Baecque conosce la montagna, è un camminatore appassionato
ed anche un “filosofo” del camminare.
È
stato direttore di un’autorevole rivista di Cinema, professore di Storia in una
prestigiosa università parigina “L’École Normale Supérieure” e ha
scritto tra l’altro una Histoire des crétins des Alpes, raccontando
l’origine di quella patologia diventata proverbiale.
Nel
2009 Antoine de Baecque si trova momentaneamente disoccupato, i suoi corsi
universitari non sono stati ricondotti. È quindi in un momento particolare che
decide di intraprendere la sua escursione. Il risultato è questo libro, tra
Storia (è pubblicato in una collana di saggi storici), diario personale,
ricerca sociologica e racconto di viaggio.
Il
libro è in effetti una vera ricerca storica sulla “randonnée”, l’escursionismo.
Come questa pratica naturale e quasi istintiva dell’Uomo è intrapresa per
ragioni pratiche ma anche spirituali, di passatempo, di bisogno fisico.
Nella
tradizione più moderna spicca la figura di Jean Jacques Rousseau, che praticava
la marcia a piedi non solo come mezzo di locomozione ma anche come momento di
produzione filosofica: esemplare è il suo libro Le fantasticherie del
passeggiatore solitario. In cui le “rêveries” non sono solo
fantasticherie e sogni (come invece lo lascia intendere il titolo italiano) ma
idee vitali, teorizzazione di concetti filosofici necessari alla vita del
pensatore.
Antoine
de Baecque, storico della marcia, racconta la creazione della rete di sentieri
che oggi, riconoscibili dai segnali bianchi e rossi, coprono l’insieme delle
regioni francesi, ma più in là, europee. Ci fa conoscere i personaggi pionieri
che hanno dato vita e mosso quel movimento.
All’origine
è il percorso dalla Grande traversée des Alpes, il GR5 che le percorre
da nord a sud. Ma è anche questione di tradizioni e di popolazioni, dello
sviluppo, spesso contro produttivo, del turismo di massa, della costruzione di
stazioni sciistiche che hanno distrutto ampi spazi naturali. Essenziale, in
questa storia del camminare in montagna – da non confondere con l’alpinismo - è
poi la transumanza. La transumanza che è tradizionale in molti Paesi d’Europa e
del bacino mediterraneo, dai Balcani alla Turchia, al Marocco.
In
Francia era – ed è ancora – una pratica essenziale nelle regioni del sud est.
Ancora nel 1995, centinaia di migliaia di ovini si spostavano stagionalmente
dalle pianure dell’entroterra marsigliese alle montagne dei tre dipartimenti
della stessa regione: le Alpi marittime, le Alpi di Alta Provenza e le Alte
Alpi.
Il
pellegrinaggio è un altro modo di attraversare e di percorrere le montagne.
Sulle Alpi, una delle figure più alte è quella della Vergine del Rocciamelone,
in alta val di Susa, a più di 3500 metri di quota.
Tre
modi di percorrere la montagna: la transumanza, l’escursione – il trekking - l’échappée
belle (per allontanarsi dal mondo moderno almeno per un corto periodo) e il
pellegrinaggio che condividono in definitiva gli stessi valori e in ogni caso,
dice Antoine de Baecque, lo stesso corpo in cammino nella salita e, più essa è
rude, meglio è.
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