Tra
il nord della Francia e il Belgio, il bacino minerario occupa una
vasta regione che dal dipartimento del Passo di Calais arriva fino
alla città di Charleroi. È in sostanza la stessa lunga vena che poi
continua verso la Ruhr tedesca.
Scoperti
nel XVIII secolo, questi giacimenti di carbone furono fruttati in
maniera sempre più intensa nei secoli successivi, soprattutto a
partire dalla rivoluzione industriale e poi in seguito fino al
progressivo abbandono a partire dagli anni 1960; l'ultima miniera del
nord della Francia chiuderà il 21 dicembre 1990.
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La "fosse 19" a Loos-en-Gohelle, oggi sede culturale |
Tra
il 1720 e il 1990 migliaia di minatori scesi nelle gallerie profonde
fino a 1000 metri, scavate per più di 100.000 chilometri hanno
estratto più di 2 miliardi di tonnellate di carbone.
A
partire dagli anni 1920, Italiani, polacchi, poi algerini e
marocchini sono arrivati dai loro paesi per lavorare in condizioni
durissime in gallerie anche di solo 40 centimetri di larghezza ad una
temperatura che poteva raggiungere i sessanta gradi.
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I "Grandi uffici" della compagnia mineraria a Lens |
Molti sono
morti, uccisi dalle esplosioni del grisù o
della polvere di carbone,
altri si sono ammalati di silicosi, tutti
hanno passato una vita di fatica lontano dal loro paese, spesso
vittime del razzismo che all'epoca in questa regione non conosceva
ancora i rom ma i ritals
(gli italiani) e i polaks e
i bougnules (gli
arabi).
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I "terrils" gemelli a Loos-en-Gohelle. Il più alto arriva a 186 metri. |
Gli
accordi bilaterali tra la Francia e i paesi d'origine dei minatori
prevedevano l'arrivo di manodopera a buon mercato in cambio della
vendita di carbone a prezzi
più bassi.
I
minatori avevano un salario più alto rispetto agli altri operai. Ma
probabilmente questo non bastava per convincerli ad accettare un
lavoro così duro. Le società
minerarie gareggiavano
tra di loro, cercando di attirare gli
operai più esperti anche con
vantaggi in natura: tra
questi
un'abitazione relativamente confortabile in quartieri composti da
case tutte uguali.
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Panorama dalla cima del "terril". |
Ma le
cités, i quartieri
dei minatori avevano anche un altro scopo. Chiesa,
stadio, negozi, scuole,
previdenza sociale e ambulatorio, tutto
apparteneva alla società mineraria
che riusciva così a tenere sotto controllo i suoi dipendenti in una
sorta di regime totalitario che si occupava di loro e delle loro
famiglie fino alla morte, dirigendo
non solo il loro lavoro ma anche ogni attività del tempo libero:
solo i cimiteri erano esclusi dal sistema. Le
cité vivevano in uno
stato di quasi autarchia. Si volevano evitare i contatti e gli scambi
con gli abitanti dei paesi del circondario ma anche quelli con i
minatori delle altre unità produttive. Le abitazioni rispettavano
uno schema e un codice preciso: la casa del caposquadra era un po'
più grande di quella del minatore, quella dell'ingegnere era una
ricca abitazione borghese, quella del direttore una sorta di
castello. Un elemento importante era il giardino o piuttosto l'orto
presente in ogni casa. Il minatore era caldamente invitato a
coltivare le proprie verdure ed
una guardia della società mineraria passava per verificare le
condizioni dell'orto, facendo multe ai refrattari. Si controllava
così il tempo libero degli operai, tempo tolto ad un'eventuale
attività sindacale o politica.
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Panorama da un "terril" di Loos-en Gohelle |
Dopo
la seconda guerra mondiale le miniere furono nazionalizzate. Furono
allora i dirigenti statali a sostituire l'organizzazione delle
compagnie nel ruolo di controllo paternalistico dei minatori. E fu
anche
necessario allora creare e diffondere tra
i lavoratori un sentimento di
orgoglio e
di fierezza, quella di appartenere ad una sorta di aristocrazia
operaia. Questo
compito fu assunto in maniera
non secondaria dal Partito
Comunista Francese e dalla
C.G.T. il sindacato da esso controllato.
Intriso di nazionalismo e di moralismo non certo rivoluzionari, il
segretario del partito Maurice Thorez incitava
i minatori a prima lavorare, dopo rivendicare.
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Minatore! Il destino della Francia è nelle tue mani. |
Thorez era nato in un paese
del bacino minerario ed era stato assunto giovanissimo in una
miniera. Era
diventato il capo carismatico del P.C.F. e la sua parola, al pari di
quella di Togliatti per i comunisti italiani, era indiscutibile. I
minatori dovevano secondo Thorez sacrificarsi senza contare
per risollevare la Nazione
grazie alla vittoria della battaglia del carbone. Ma
i comunisti francesi, come gli italiani, furono ben presto esclusi
dal governo e le promesse
di cambiamento sociale dell'immediato dopoguerra finirono nel
dimenticatoio. Nonostante
tutto i minatori seppero battersi, per
esempio nel 1948 o nel 1963, anche
a duro prezzo, prima per
ottenere miglioramenti nelle proprie condizioni di vita, poi
per cercare di conservare i vantaggi conquistati. E la repressione fu
durissima con l'intervento dell'esercito e dei blindati. Con
la fine progressiva ma relativamente rapida dello sfruttamento delle
miniere la regione ha perso 200.000 posti di lavoro. Anche
se non è più la stessa
descritta da Emile Zola in Germinale, la
zona è economicamente sinistrata e
il suo tasso
di disoccupazione è il più
elevato di Francia. Le
cité vivacchiano di
contributi statali e di tentativi di riconversione. In
questo senso è il progetto, arrivato a buon fine, di iscrizione del
bacino minerario tra i beni del patrimonio universale dell'Unesco ed
è così,
sempre con lo scopo di dinamizzare il territorio, che
il
museo del Louvre
ha aperto su uno degli ex siti, una
sede espositiva.
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La sede del museo "Louvre-Lens" |
Molte
delle strutture visibili delle miniere sono state distrutte ma se ne
sono conservate alcune come vestigia di quel tempo passato. Restano
poi gli emblematici terrils, le colline di scisti e di scorie
di estrazione presenti su tutto il territorio. Su uno di questi è
stata addirittura installata una pista sintetica di sci. Altri sono
diventati rifugi di biodiversità, luoghi per escursioni pedestri e
visite pedagogiche di scolaresche.
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Uno stagno sul "terril". |
Sono forse il il simbolo più
concreto della fatica dei minatori, segno tangibile dei milioni di
colpi di piccone che hanno segnato la vita di quegli operai.
Gli
ex minatori stanno poco a poco scomparendo, resta il ricordo di
un'epopea di fatica ma anche di lotte e di battaglie.