La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



venerdì 19 aprile 2019

San Gimignano, Siena

Che brutta invenzione il turismo! Una delle industrie più malefiche. Ha ridotto il mondo a un enorme giardino d’infanzia, a una Disneyland senza confini. […] Perché in Asia un vecchio quando vede puntarsi addosso una macchina fotografica, si volta, resiste, cerca di nascondersi, si copre la faccia? Lo fa perché pensa che quella macchina si porti via qualcosa di suo, qualcosa di prezioso che non può ritrovare. E non ha forse ragione? Non è anche nell’usura di decine di migliaia di foto scattate da turisti distratti che le nostre chiese hanno perso la loro sacralità, che i nostri monumenti hanno perso la loro patina di grandezza?”*
È molto severo Tiziano Terzani quando esprime questo giudizio. In fondo è impossibile dargli torto anche se qualcuno avrebbe potuto ribattere che è un po’ paradossale criticare chi ha voglia di visitare luoghi sconosciuti e nello stesso tempo fare ciò per professione. E vero però che nel paradosso ci siamo anche noi che vorremmo viaggiare e scoprire e siamo delusi quando il posto è affollato da gente che ci assomiglia. E allora come fare? Rinunciare al viaggio e accontentarci dei libri scritti da altri visitatori? Tutto sommato non sarebbe forse una cattiva idea. Oppure possiamo cercare anche noi di evitare l'aereo, anche senza il conigli dell'indovino, e poi di percorrere questi luoghi con discrezione e rispetto, lasciando meno tracce possibili del nostro passaggio.
A San Gimignano il giovedì è giorno di mercato. Le bancarelle dei commercianti occupano la piazza principale, attenuano almeno un po’ quella sensazione di passeggiare in un museo a cielo aperto che probabilmente provano tutti coloro che visitano la “Manhattan del medioevo” come la presentano le guide.
Il luogo è una tappa obbligata per chi viaggia in Toscana; non passare da queste parti sembrerebbe una bizzarria.
In effetti il paese, conservato nella sua struttura essenziale come al XIV secolo, è certamente suggestivo e attraente. I palazzi, le torri e le piazze hanno un’uniformità che non è mai monotonia.
Certo i negozi dedicati ai turisti hanno quasi completamente sostituito quelli destinati ad una più banale vita quotidiana ma la loro presenza sembra meno aggressiva che in altri ambienti similari.
Anche fuori stagione, non mancano le comitive di ragazzini in gita scolastica né i gruppi più anziani. Sentiamo voci in spagnolo, inglese, tedesco; un viaggio in Italia è sempre un po’ tra cultura e cartolina.
Lungo il corso principale che attraversa la cittadina e, più discosto, tra le stradine che scendono e risalgono sui fianchi del colle su cui San Gimignano è adagiata, è piacevole camminare in un’atmosfera tranquilla e rilassante.
Soprattutto se ci allontana appena dal centro del paese, gli incontri diventano meno pressanti ed è possibile trovare spazi di silenzio inaspettati e belli.
Meno celebre del Duomo e della sua impressionante iconografia, discosta dal centro della cittadina, vicino al convento omonimo, è la chiesa di Sant’Agostino affacciata su una bella piazza. All’esterno domina il rosso dei mattoni di una struttura estremamente semplice e austera. L’interno merita sicuramente una sosta anche non troppo breve.
Sono pregevoli i dipinti che ornano la navata e aggraziata è la pala di Pier Francesco Fiorentino, pittore molto attivo in questa zona, dicono gli studiosi, alla fine del XV secolo.
Ma sono di Benozzo Gozzoli le opere più affascinanti. È da ammirare, nella navata, un affresco di San Sebastiano, questa volta non rappresentato nel momento del martirio ma mentre, con un ampio mantello, protegge la popolazione di San Gimignano dalla peste, simbolizzata dalle frecce scagliate da un dio in collera.
Sempre di Benozzo Gozzoli, nell’abside, è il ciclo con momenti della vita di Sant’Agostino. I volti, i paesaggi e anche gli animali, sono rappresentati con una maestria e una sensibilità che senza dubbio è già completamente rinascimentale ma che sembra non aver ancora perso la semplicità, quasi l’ingenuità dell’arte giottesca.




*Tiziano Terzani: Un indovino mi disse, TEA edizioni