Scesi
da Saint May riprendiamo la strada che, risalendo la gola, segue il
corso dell’Oule. Il cielo si è coperto e le nuvole basse si
adagiano sui pendii delle montagne. Dopo un ponte attraversiamo
Rémuzat, il paese che avevamo osservato dall’alto quando eravamo
sull’altipiano.
Una ampia piazza con molti bei platani e un gruppo
di ragazzi che sembra annoiarsi. Non incontriamo nessun altro, il
borgo non è molto animato. Dopo Rémuzat ci fermiamo brevemente in
un altro paesino: La Motte Chalancon. Ben esposto a sud La Motte
attira in estate molti turisti “qui si cammina a gomitate” dice
una donna.
Oggi c’è un minuscolo mercatino con tre ortolani e un
venditore di formaggi. Gli operai comunali sono impegnati nella
potatura degli alti platani che anche qui sono numerosi. Nonostante
il “fuori stagione” che lascia vuote e chiuse le molte residenze
secondarie, il borgo è piacevole e attraente. Ancora qualche
chilometro ed eccoci a La Charce, un comune di 34 abitanti.
Le
insegne di un ristorante e di un albergo, dipinte sui muri sono,
almeno oggi, i soli residui di una passata vitalità. Il borgo sembra
deserto, solo qualche automobile parcheggiata ci lascia dedurre
qualche presenza.
Il borgo è disteso sul fianco di una collina e sul
punto più alto un antico castello domina i dintorni. Nelle vicinanze
un sito geologico attira specialisti e curiosi.
Molto didattico, il
luogo racconta della Pangea, il megacontinente primitivo che
includeva tutte le terre emerse e che comincia a separarsi 240
milioni di anni fa. La crosta terrestre si muove e deriva dando a
poco a poco ai continenti la forma che hanno attualmente.
Secondo
alcuni studiosi, il fulcro di questa separazione si trova qui, tra le
Alpi e la Provenza. Quando, 65 milioni di anni fa la spinta
provenzale prese a schiacciare le terre contro il blocco alpino, qui
nelle Baronnies il paesaggio cambia.
Le larghe valli lasciano il
posto a gole strette, falesie, creste e picchi. Le montagne non sono
molto elevate, superano raramente i 1500 metri, ma varie e
frastagliate. La fossa Voconziana tra il massiccio del Vercors e le
Cevennes comincia a riempirsi di detriti, una massa di terra nera (la
marna) che formerà uno spessore di 3 chilometri. Oggi queste terre,
erose dalle acque, sono visibili con la loro struttura “a dorso di
elefante”. Il loro colore grigio scuro è dovuto alla massa di
materie organiche depositatesi in un ambiente privo di ossigeno. Più
recenti sono le “pieghe” che hanno portato in superficie e messo
in luce i differenti strati formatisi nel corso delle ere geologiche.
Ogni strato, oggi qui visibile in verticale, è il risultato di 20000
anni di tempo.
Con qualche passo risaliamo le ere geologiche sempre
più nelle profondità del tempo.