Da
lontano la cattedrale appare imponente al centro della cittadina.
Situata su una piccola elevazione, la sua massa incombe sulle case di
ciò che resta del quartiere medievale. Si dice che la collina,
massiccio blocco di granito, fosse già nell'antichità luogo di
culto per i popoli celti e sembra che la prima cattedrale
gallo-romana risalisse al IV secolo; ma non sono che teorie perché
in realtà di quegli edifici non ci sono tracce.
Fu in quell'anno che si decise di ricostruirla in stile gotico. Le nuove concezioni architetturali e filosifiche volevano che lo spazio sacro non fosse più ridotto nella penombra di spesse mura ma che esso fosse pronto ad accogliere la luce, legame simbolico entro l'uomo e dio.
A sinistra l'alzata della torre è del XIII secolo mentre la guglia, in gotico fiammeggiante, risale al XVI, ed è l'opera di un artista della regione, Jehan de Beauce. Siamo nella Beauce in effetti, prospera regione agricola a sud di Parigi, vero e proprio granaio della Francia, i cui ricchi proprietari sono molto più imprenditori che contadini. Una ricchezza che certamente spiega la presenza di un simile monumento.
Lo scultore Auguste Rodin lo definì, con un'immagine senza dubbio appropriata, «l'acropoli della Francia». 176 vetrate, 9 portali, innumerevoli scene sacre e personaggi scolpiti sulle facciate e nel coro.
Se l'opera di Proust è una cattedrale di parole, la chiesa di Chartres è una vera e propria bibbia di pietra e vetro tante sono le storie raccontate sui suoi muri e sulle sue vetrate.
Molte sono le interpretazioni sul valore simbolico di questo labirinto: cammino dell'uomo verso dio, pellegrinaggio di ripiego per coloro che non potevano farlo realmente, percorso meditativo di preghiera...Fino al più pragmatico canonico Souchet che nel XVII secolo non vi vedeva che un diverimento per sciocchi, sul quale chi non ha niente di meglio da fare perde tempo a correre e a girare.













