La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



mercoledì 13 giugno 2012

Via Centrale

Una canna di fucile, pesantissima, serviva, soffiandoci dentro, a ravvivare il fuoco del camino. Le pigne, raccolte durante l'autunno nella pineta sovrastante il paese, odoravano e il fumo, prima di salire, si allargava sulle mattonelle annerite.
Stava, dal mattino alla sera, seduta sulla poltroncina di vimini. Vestita di scuro, di fustagno ruvido e spesso; solo un grembiule un po' più chiaro colorava la figura. Un fazzoletto nascondeva i capelli bianchi, raccolti in una treccia arrotolata sulla nuca. Ogni tanto guardava l'ora, in un orologio da tasca che bisognava aprire. Sul coperchio uno sbalzo rappresentava un treno a vapore. Era il regalo che un cugino, andato in Francia per lavorare in miniera, aveva, al ritorno, portato a suo marito e che lei aveva conservato dopo la morte di quest'ultimo. Era seduta accanto ad una macchina da cucire di marca americana in legno e ghisa sulla quale stava una tovaglia bianca di lino che la figlia aveva ricamato. In uno dei cassettini, oltre all'orologio, conservava un coltellino usato per sbucciare la mela mangiata dopo pranzo. Più che un vero coltello era un ciondolo, decorato sul manico con l'immagine colorata di un santo, ricordo di un pellegrinaggio di gioventù, al di là delle montagne.
Appoggiava i piedi su un bracere di rame, sempre lucido e brillante, sostenuto da un supporto di fòrmica. La brace era coperta da un velo di cenere. Sgranava un rosario di grani neri, guardando la strada al di la della vetrata e della pesante porta sempre aperta, sulla quale il vento faceva muovere la tenda fatta all'uncinetto.
Dalla sedia si vedevano i larghi gradini della via in salita. Il cielo era grigio e basso, la luce del breve pomeriggio si stava spegnendo ma la neve, forse l'ultima della stagione, si era ormai sciolta e la stada, ridotta fino a qualche giorno prima ad uno stretto passaggio, era adesso pulita. I passanti però erano ancora rari, la loro apparizione costituiva quasi l'avvenimento della giornata. Allora, se si trattava di un conoscente, prima di proseguire il cammino si fermava sulla soglia e scostava la tenda, salutandola
Capitava che qualcuno entrasse, una vicina o qualche parente venuto in visita. Allora si prendevano notizie, si rievocavano avvenimenti passati, si offriva il caffé o il liquore tenuto apposta per queste occasioni..
Passavano così i giorni, nel ritmo blando e sempre uguale delle azioni quotidiane. Erano ormai anni che non usciva più. Da quell'ormai lontano inverno in cui il gelo e della neve l'avevano costretta a rinunciare alle sue, pur rare, escursioni settimanali fino alla messa della chiesa parrocchiale. La primavera era tornata ma ormai i suoi passi erano troppo insicuri per permetterle di salire la lunga scalinata che portava lassù. Così il suo orizzonte, già modesto, si era ristretto ancora un po', limitato a quello scorcio di strada che la porta aperta lasciava intravedere e alle notizie che ogni tanto qualcuno le raccontava.

3 commenti:

  1. sono sempre belle le tue passeggiate
    grazie, marina

    RispondiElimina
  2. En lisant ton post j'ai eu l'impression de la reconnaître cette femme dont tu parles. En fait elle ressemble à des centaines d'autres. Elle s'appelle Maria et peut être italienne, espagnole, portugaise voire grecque; C'est une femme universelle endeuillée, fatiguée qui n'aspire qu'au repos.
    victoria

    RispondiElimina
  3. Una bellissima storia su una donna universale "di una volta".
    Bellissimo anche lo scorcio del paese.

    RispondiElimina