Il Neorealismo nostrano, che toccò il suo apice nell'immediato dopoguerra, attinse non poco a questo nuovo repertorio letterario.
Tra gli autori pubblicati in quell'ormai mitico libro c'era John Fante, autore, forse più degli altri, completamente sconosciuto in Italia.
Nato a Denver nel 1909 e morto a Los Angeles nel 1983, John Fante è ormai considerato da molti come uno degli scrittori statunitensi più importanti del XX secolo.
Negli anni Trenta del Novecento pubblicò due romanzi che ebbero un notevole successo e che gli diedero, prima di tutto nel suo paese, una fama immediata: Wait Until Spring, Bandini (Aspetta primavera, Bandini) e Ask the Dust (Chiedi alla polvere).
Poi arrivò la guerra, e la malattia (il diabete) e lo scrittore visse una crisi di ispirazione che sarà vinta solo molto tempo dopo, negli anni Settanta, quando pubblicherà The Brotherhood of the Grape (tradotto in italiano prima con il titolo La confraternita del Chianti, in seguito modificato ne La confraternita dell'uva). Fu in quell'occasione che incontrò Charles Bukowski che subito ebbe per lui una stima smisurata.
Fu Bukowski, quando i libri di Fante sembravano ormai sostanzialmente dimenticati anche negli Stati Uniti, a “riscoprirlo” e a riportare alla ribalta i suoi scritti. Bukowski considerava John Fante uno scrittore essenziale e non esitava a definirlo il suo maestro.
Grazie a lui si tornò a parlare delle opere di John Fante, i romanzi precedenti furono ripubblicati e i più recenti letti con più attenzione.
L'universo letterario di Fante è quello dell'ambiente italoamericano che lo scrittore analizza con attenzione, curiosità, partecipazione e ironia.
Il padre di John, Nicola Fante, era nato a Torricella Peligna, in provincia di Chieti, in Abruzzo. La madre era di origine lucana.
Il rapporto con la sua terra di origine e il tratto autobiografico sono gli aspetti essenziali dei suoi scritti.
L'ispirazione dello scrittore si nutre nell'osservazione del microcosmo degli immigrati di prima e di seconda generazione, nelle storie ascoltate che raccontano un'Italia lontana, un mondo sconosciuto arcaico e mitico che John Fante scoprirà direttamente solo nel 1957.
La saga dei Bandini, le peripezie di Nick Molise raccontano le vicende tragicomiche di famiglie di emigrati italiani ma funzionano anche come ritratto sociologico di un mondo tutto sommato poco conosciuto se non attraverso opere abbastanza stereotipate (pensiamo a Mario Puzo).
Figura chiave, archetipo e fonte centrale di ispirazione è, con i suoi pregi e i suoi non pochi difetti, il padre Nicola (Nick) abilissimo muratore, arrivato negli Stati Uniti passando dall'Argentina.
Nei personaggi di Fante c'è evoluzione del rapporto tra i protagonisti di quelle vicende e le due patrie, quella d'origine e quella adottiva.
Di nome faceva Arturo ma avrebbe preferito chiamarsi John. Di cognome faceva Bandini ma lui avrebbe preferito chiamarsi Jones. Suo padre e sua madre erano italiani ma lui avrebbe preferito essere americano. Suo padre faceva il muratore ma lui avrebbe preferito diventare il battitore della squadra di baseball dei Chicago Cubs. Vivevano a Rocklin, Colorado, diecimila abitanti, ma avrebbe preferito vivere a Denver, a cinquanta chilometri di distanza. Aveva la faccia lentigginosa ma avrebbe preferito averla pulita. Frequentava una scuola cattolica ma ne avrebbe preferito una pubblica.¹
C'è il tentativo di integrazione, l'ostilità razzista dei “veri” americani anglosassoni per i quali gli italiani erano tutti wap (termine dispregiativo, forse una deformazione di guappo). C'è poi, nei più giovani – la seconda e la terza generazione – dopo il rigetto della storie paterne, la riscoperta del paese d'origine, riscoperta spesso mitizzata da chi, come John Fante, non vi aveva mai messo piede:
Stava per cambiare la marcia quando una faccia minuta, scura e rugosa, avvolta in uno scialle nero fece capolino dal cancello sul retro. Era nonna Bettina. Per un istante pensai diessere a Torricella Peligna. Vidi il paese dietro di lei, le strade di sassi, le case di pietra che cadevano a pezzi, la chiesa con le vecchie che salivano la gradinata»².
L'Italia di John Fante è un paese misterioso, osservato attraverso lo specchio deformante dei riti e dei costumi di una comunità che tenta di riprodurre i consetudini e le tradizioni lasciate alla partenza. Lo scontro con il nuovo mondo è culturale, religioso, gastronomico. Ma l'italianità, vista all'inizio come un impiccio per chi vuole fondersi rapidamente nel nuovo paese e “diventare americano”, diventa a poco a poco per John Fante ormai definitivamente assimilato, una ricchezza. Soprattutto dopo la morte del padre Nick, la sua scrittura si trasforma, diventa quasi un omaggio a quella prima generazione di emigranti.
http://camminareleggendo.blogspot.fr/2014/04/gualdo-tadino.html
Il suo saggio: John Fante, storie di un italoamericano è stato pubblicato nel 2005.
Oggi a Torricella Peligna Il nome di John Fante fa vivere una associazione che organizza incontri e manifestazioni culturali di grande rilievo per onorare lo scrittore.
Bellissima recensione, in grado di farti innamorare di John Fante pur non conoscendolo.
RispondiEliminaGrazie Silvana,
Eliminae buona lettura.