La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



lunedì 5 luglio 2010

Attorno al monte Bolza

Per chi sale verso Castel del Monte, il monte Bolza appare verso nord ovest come una corona alle spalle del paese e nasconde le montagne più elevate del Gran Sasso. Fa parte dei contrafforti meridionali della catena del Gran Sasso, quelli che separano la conca aquilana da Campo Imperatore. Gli abitanti lo chiamano monte Corno, forse per la sua somiglianza con il Corno Grande, ed è, nella parte più a est, uno sperone di bella roccia granitica. Dietro la chiesetta, al limine orientale del paese, una strada, prima asfaltata poi subito sterrata, sale costeggiando le pendici meridionali del monte. Sulla destra è il sentiero che si inerpica verso la fonte del Cavone, una sorgente assai povera che si continua a sfruttare per incrementare le scarse riserve d'acqua del posto. Questo sentiero sale verso il monte e lo aggira scavalcando il cosiddetto vado (valico) della montagna, un tempo importante via di passaggio per coloro che salivano verso Campo Imperatore. Ormai i camminatori sono rari e i rovi ne hanno, a tratti, reso difficile il passaggio.
Oggi le nuvole sono molto basse, vengono da nord e non riescono a superare la cresta più alta ma si affacciano negli avvallamenti e sembrano rotolare a valle.
Mi incammino per la strada sterrata, costruita negli anni ottanta per permettere di arrivare più facilmente nei piccoli campi coltivati a orzo, e che segue il crinale verso ovest. Ogni tanto si eleva un po', poi corre dritta quasi in piano. E' molto lunga e sulla sinistra ci sono vallette più o meno profonde. Una piccola costruzione interamente in pietra, con un'unica apertura, sembra una cappella; forse  un tempo il locale era adibito a caseificio o almeno cosi' lo ricorda la tradizione popolare che chiama questo edificio "la cascera".
Sul valico San Cristoforo un bivio permette, a sinistra, di scendere verso il laghetto San Pietro o, più lontano, verso il paese di Santo Stefano mentre, a destra, la strada continua girando attorno alla montagna. Il panorama è vastissimo, siamo in quello che, non a torto, è stato chiamato il piccolo Tibet. L'altopiano è ancora verde, nonostante l'estate ormai inoltrata e le ghiaie bianche, che a primavera si trasformano in torrenti, adesso sono come fiumi di pietra. Sulla sinistra, dalla catena del Gran sasso spicca, notevolmente più alto delle altre cime, il trapezio del Corno Grande. Ma le nuvole stanno scendendo rapidamente su Campo Imperatore e, come un sipario, nascondono poco a poco il paesaggio. Si sente il muggito di una mandria; le bestie sembrano vicine, ma è il vento che porta i suoni, perchè in realtà sono molto più in basso, nell'altipiano.
Monte Camicia è già interamente circondato dalle nuvole mentre la cima spunta ancora in uno sfondo di cielo blu.
Lascio la strada e risalgo le pendici settentrionali del Bolza, verso la costa di Zorlana. Piego ancora a destra e quasi subito sono circondato dalle nuvole, la visibilità non supera i venti metri. Continuo a camminare cercando di restare sempre sulla stessa quota anche se non ci sono molti punti di riferimento. Proseguo per più di mezz'ora poi sento le campanelle di un gregge. Penso che siano sull'altro versante della valle fino a quando mi trovo faccia a faccia con una pecora. Comincio a preoccuparmi, temendo l'inconto con i cani e decido quindi a salire per evitarli. Aggiro il gregge dall'alto (senza vederlo ma solo ascoltandone i rumori) e di cani non ne vedo. Sono sempre in mezzo alle nuvole e ad un certo punto mi trovo di fronte le rocce della cima. Sono salito troppo; non si puo' passare. Scendo verso la valle per aggirare le rocce e poi ripiego verso destra. Non vedo a più di cinque metri. Ad un certo punto arrivo ad un valico. Sono quasi certo di essere nella buona direzione, quella che mi permette di tornare verso il paese ma quando comincio a scendere non riconosco i posti. Se mi sto sbagliando rischio di ritrovarmi a Campo Imperatore ed è ormai sera. Ma, dopo una decina di minuti, sento la campana della chiesa di Castel del Monte e poi vedo in basso la strada bianca che va verso il paese.

giovedì 1 luglio 2010

Il Ritorno


Entrando
Entrando il vento spazza i fogli
Nel silenzio, il loro fruscio
Come crepitare di un fuoco
La notte luminosa
Fronde di alberi ed erba
Cani che abbaiano.
Le tracce del vento parlavano ancora
Quando
Guardando nel buio
Vide svegliarsi il mattino
Anni, anni erano passati
Non più promesse, solo ricordi
rimorsi.
Come un cerchio, il tempo inutile
Era finito.
Ormai vecchio
Senza speranze, solo l'attesa.
Volti e nomi
Invecchiati con lui
Le pietre, un po' levigate
Ma sempre le stesse
La pioggia, la neve, il tempo
Il vuoto.

giovedì 17 giugno 2010

Fonte Avellana

Corylus avellana è il nome latino del nocciolo comune e il monte Catria ne è coperto. Il convento è sotto la montagna e sembra che l'eco sia qui particolare. Una ragazza lo fa visitare ai rari turisti. L'edificio è, visto da lontano, molto grande ma nella parte abitata dai monaci non si puo' entrare. Famoso abate fu Pier Damiani, citato da Dante nel Paradiso della sua Commedia. Una lapide lo riconda sulla facciata. Pier Damiani (Dante) rimprovera i monaci per aver perso la retta via di povertà e meditazione.

Tra' due liti d'Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che ' troni assai suonan più bassi, 108

e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria». 111

Così ricominciommi il terzo sermo;
e poi, continüando, disse: «Quivi
al servigio di Dio mi fe' sì fermo, 114

che pur con cibi di liquor d'ulivi
lievemente passava caldi e geli,
contento ne' pensier contemplativi. 117

Render solea quel chiostro a questi cieli
fertilemente; e ora è fatto vano,
sì che tosto convien che si riveli. 120

In quel loco fu' io Pietro Damiano,


Paradiso Canto XXI

mercoledì 16 giugno 2010

Sulle colline d'Umbria

Dalla superstrada Cesena Roma si prende la statale per Urbino. La deviazione porta a Val dell'orto. Ad una croce di legno, prima del paese, c'è una strada bianca sulla sinistra. Dopo più di due chilometri (la strada non è facile) si arriva al casolare di Carrubio. Parcheggiamo nel cortile dopo aver aggirato la casa. Ci sono un numero indefinito di gatti e gattini (più di 12), galline, oche, un cane. Si sente qualche pecora (le campanelle).
Il casale è massiccio, sembra una fortezza. Al pianterreno l'antica stalla è stata trasformata in una grande sala. Due archi la dividono. Un grande camino e una tavola di legno lunghissima. In un angolo una poltrona davanti al televisore.
Poi ci sono delle stanze, arredate con rustici mobili d'epoca. Nelle camere non c'è luce elettrica ma solo candele. La stanza è molto spaziosa, con un letto grandissimo, una culla e un altro lettino. Ai muri, delle vecchie fotografie e delle pagelle altrettanto vecchie.
Una finestra dà sul cortile, l'altra, dal lato opposto, si apre sulla valle. Il pavimento è in mattoni.
Per entrare in questa camera si passa da uno studio, poco più piccolo, con una scrivania e due librerie. Tra i libri, un trattato di medicina salernitana in latino, tradotto in francese in versi.
Una porta dà nel bagno, un'altra su una scala a chiocciola in ferro che permette di scendere nella grande sala al pianterreno.
La famiglia è composta da tre persone. Francesco è il padre. Sembra malato; mangia sempre molto poco e poi prende tre o quattro scatole di medicine e si allontana. Ama gli animali. E' lui che ha trasformato il casolare in un'arca di Noè. Aveva una pecora che lo seguiva come un cagnolino e che veniva a chiamarlo alla finestra quando voleva qualcosa. Francesco sembrava capirne il linguaggio. Un cane randagio e in pessimo stato, sporco, spelacchiato e impaurito, forse abbandonato dai cacciatori, è stato battezzato "bruttina". Ha avuto un cucciolo, stranamente bello che è stato chiamato "beau".
Francesco è romano e ha conservato l'accento del suo dialetto. Suo nonno fu il più giovane laureato in medicina nel 1933 (a 23 anni). La moglie di Francesco si chiama Anna. Porta vestaglie di cotone. E' una signora molto modesta ma molto istruita. Si occupa dell'agriturismo con suo figlio Carlo. Quest'ultimo deve avere una trentina d'anni. Nella sua camera una bandiera di Cuba.
Anna è stata una militante sindacale. Ancora adesso (è in pensione) si occupa di molte cose. Ha praticamente adottato una bambina, Amira, di origine tunisina. Anna aiuta Leila, la mamma di Amira, a cavarsela. Leila è stata abbandonata dal marito che è tornato in Tunisia e si è risposato.

Dante Alighieri: Guizzante

Ora cen porta l'un de' duri margini;
e 'l fummo del ruscel di sopra aduggia,
sì che dal foco salva l'acqua e li argini.

Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
temendo 'l fiotto che 'nver lor s'avventa,
fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia;

Dante Alighieri La divina commedia
Inferno canto XV


Dalla falesia più settentrionale di Francia, quella del capo “Blanc nez”, la vista spazia aperta verso il mare del nord. Nelle giornate limpide si vedono le coste inglesi.
Sulla sommità della scogliera è stato costruito il monumento alla “pattuglia di Dover”, un brutto obelisco in pietra inaugurato nel 1920.
A sinistra un sentiero scende rapidamente su un largo crinale passando accanto ai ruderi del bunker tedesco. Il vento spazza l’erba e solleva i gabbiani che si lasciano portare. Un gruppo di camminatori risale arrancando. Dei cartelli, piantati nel prato, invitano a non avvicinarsi troppo al bordo del precipizio.
Arrivato al fondo della discesa, il cammino risale dalla parte opposta della valletta, tenendosi a qualche metro dal faraglione. Verso la terraferma campi coltivati e mandrie di mucche che pascolano nei prati.
A marea bassa la spiaggia sottostante è larghissima. Rivoli d’acqua sgorgano dalla roccia e attraversano la vasta distesa, andando verso il mare. Qualcuno raccoglie conchiglie, altri passeggiano lungo la riva. Un cane corre e fa scappare gli uccelli che si riposano più lontano.
Dopo qualche chilometro il sentiero ridiscende sulla spiaggia e poi entra a Wissant
Fuori stagione Il paese è quasi deserto, i bar sul lungomare sono tutti chiusi. Qualche turista passeggia riparandosi dal vento.

Nel terzo girone dell’inferno, Dante e Virgilio si ritrovano su un argine di pietra che protegge un ruscello dal fuoco. E’ qui che il poeta inconta il suo amico e maestro Brunetto Latini. La vista dell’argine è l’occasione per Dante di citare le dighe con le quali, nelle Fiandre occidentali (oggi tra Francia e Belgio) gli abitanti si sono protetti dalle maree. Se quasi tutti conoscono Bruges (una delle tante “Venezie del nord”) pochi riconoscono in Guizzante il paesino di Wissant, un tempo villaggio di pescatori, oggi piccola cittadina balneare.

Il 19 marzo 2007 la grande marea equinoziale provoca il cedimento della diga costiera che protegge il paese. Il mare inonda le strade e le case, costruite sulla sabbia, devono essere evacuate.

giovedì 10 giugno 2010

Courtrai Belgio

Nella cattedrale di Courtrai un gruppo di musicisti ripete un pezzo di musica sacra. Due cantori (un uomo e una donna) e un gruppo di strumentisti.
Il maestro dà le spiegazioni in fiammingo. Dalla parte opposta della navata una coppia davanti ad una cappella. L'uomo ha una voce grave e potente, copre quasi la musica.
Poi i due si allontanano.

Antonio Gramsci

Cio’ che si chiama « opinione pubblica » è strettamente connesso con l’egemonia politica, è cioè il punto di contatto tra la « società civile » e la «società politica », tra il consenso e la forza. Lo Stato quando vuole iniziare un’azione poco popolare crea preventivamente l’opinione pubblica adeguata, cioè organizza e centralizza certi elementi della società civile. [...]
L’opinione pubblica è il contenuto politico della volontà politica pubblica che potrebbe essere discorde: percio’ esiste la lotta per il monopolio degli organi dell’opinione pubblica: giornali, partiti, parlamento, in modo che una sola forza modelli l’opinione e quindi la volontà politica nazionale disponendo i discorsi in un pulviscolo individuale e disorganico.

I Quaderni del carcere II (Q7) Einaudi pag. 914-915

L’attualità del testo di Gramsci, (scritto tra il 1931 e il 1932) salta agli occhi.
Potrebbe essere l’opera di un osservatore a noi contemporaneo. E non solo osservatore dell’esemplare Italia derelitta.
Per conquistare il potere politico occorrono innanzitutto e soprattutto sostanziali mezzi economici. Ci sono poi due possibilità: o si propende per l’opzione autoritaria, ed in quel caso le risorse saranno investite per armare una forza capace di imporsi con la violenza, oppure si predilige la democrazia e quindi i capitali serviranno al controllo dell’opinione e quindi del voto.
Un esempio, non certo unico ma emblematico per il carattere apertamente pubblico della procedura, è quello degli Stati Uniti. In effetti, ben prima di arrivare al voto, è il candidato capace di accumulare le somme più ingenti da investire nella campagna che avrà le maggiori possibilità, se non la sicurezza, di vincere. E gli “investitori” non sono quasi mai dei filantropi. L’eletto non sarà il rappresentante di coloro che gli hanno dato il voto ma di coloro che gli hanno dato i soldi. E poi, come l’aveva notato Tocqueville: Negli Stati Uniti la maggioranza si incarica di fornire agli individui una massa di opinioni già pronte, alleggerendoli cosi’ dall’obbligo di averne delle proprie. Quanto alle promesse non mantenute, basterà citare un uomo politico francese : “esse non vincolano che colui che vi crede”.
La Storia ha mostrato che a volte le masse si ribellano e si rivoltano. Le rivoluzioni hanno a volte fatto saltare gli schemi. La forza e la solidarietà del popolo si sono imposte sull’autoritarismo. Ma, cio’ che è spesso il risultato di una momentanea debolezza dei detentori “naturali” del potere, nel suo carattere realmente democratico non dura molto. Repressione o manipolazione hanno riportato rapidamente, anche se a volte con forme diverse, lo statu quo ante.

La democrazia è la dittatura della maggioranza?