Una brutta cava di ghiaia fa macchia. Poco oltre sono i primi contrafforti del massiccio del Gran Sasso, Ofena e più in alto Villa Santa Lucia e Castel del Monte. Più a est, al di là dei boschi è il valico di Forca di Penne e, ancora più lontano, il massiccio del Morrone. Sul lato opposto si staglia il profilo della Rocca di Calascio mentre sullo sfondo, in alto, dietro la sagoma del monte Bolza, si intravedono le cime del Gran Sasso con monte Camicia che chiude il panorama.
Uno è ormai simbolo dell'Abruzzo; ritrovato per caso, nel 1934, da un contadino in un campo non lontano dalla necropoli dell'antica città italica di Aufinum.
La statua dalla sorprendente sagoma risale al VI secolo a.C. Inconfondibile è il suo imponente copricapo, ma anche le sue forme, più femminili che maschili. Oggi il guerriero è conservato al museo archeologico nazionale di Chieti ma una riproduzione è qui, all'ingresso del castello Piccolomini.
È Giovanni, frate minore francescano, canonizzato nel 1690 da papa Alessandro VIII. Qui, nel suo paese natale, poco dopo la sua morte fu costruito un convento che ancora oggi perpetua il nome e il culto del santo.
Cruciale fu la sua azione durante l'assedio di Belgrado che fu liberata, si dice, grazie allo sprono e all'azione del frate francescano.
Non a caso Giovanni da Capestrano, morto di peste qualche mese dopo, è stato assunto a patrono dai cappellani militari.
L'antico paese di Capestrano è stato, come molti altri borghi di questa zona, colpito dal terremoto del 2009. Oggi, passeggiando tra le sue stradine, si incontrano case ristrutturate, ma altre ancora in rovina.
Incontriamo un abitante: un tedesco, innamoratosi qualche anno fa del luogo e che qui ha comprato un'antica casa che poco a poco sta ristrutturando. Su una terrazza con una piacevole vista sulla valle sottostante sta scegliendo delle verdure.
Ci fa vedere un bell'affresco, riscoperto sul muro della sua casa. Ci racconta il suo arrivo casuale a Capestrano e la decisione quasi immediata di istallarsi qui.
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